La meditazione e la storiaDr. Arch. Raffaele Cavadini

Tratto da:
Chiesa Oggi 46
Architettura e Comunicazione

Museum
Genius Loci n°20

LA MEDITAZIONE E LA STORIA

Sopra: un’immagine del convento, a mezza costa sul monte. In primo piano la chiesa.
Sotto: la pianta. I due locali ove è collocato il museo sono quelli in alto nell’immagine, dietro la chiesa. Nella parte bassa dell’immagine, il grande chiostro attorno al quale si allineano le celle dei frati. Nella pagina a destra: quattro viste interne del museo. Foto: Filippo Simonetti

IL MUSEO DEL CONVENTO DI SANTA MARIA DEL BIGORIO

Sulle pendici del monte Bigorio, non distante da Lugano nel Canton Ticino, sorge questo che è il più antico dei conventi cappuccini eretti in Svizzera. Aperto all’accoglienza e alla formazione religiosa, spirituale e culturale, recentemente al suo interno si sono svolte mostre di arte sacra ed è stata inaugurata un’esposizione permanente di oggetti d’arte, di culto e di vita conventuale. Il convento venne fondato nel 1535, a soli dieci anni dalla riforma cappuccina e divenne così fedele interprete del rinnovamento cattolico.

Nel 1577 san Carlo Borromeo consacrò la nuova chiesa del convento, che fu centro di vita eremitica e più volte ospitò il capitolo dell’Ordine. Dopo successivi ingrandimenti, nel 1767 acquisì l’assetto attuale. E’ stato restaurato completamente nel 1866, subito dopo il Concilio, con l’intenzione di farne un centro aperto, nello spirito francescano dell’accoglienza. Da allora rappresenta un punto di riferimento spirituale e culturale non solo per la vicina regione. Il direttore, fra Roberto Pasotti, appassionato d’arte, promuove le attività artistiche che vi si svolgono e ha organizzato la costituzione del museo. Questo è stato progettato e allestito dall’architetto di Locarno Raffaele Cavadini nelle due sale della sacrestia. Si tratta di sale espositive che, in modo ordinato e sistematico, comunicano al visitatore la profondità storica del convento, aggiungendo una dimensione in più rispetto a quella della vita religiosa oggi vissuta.

La più grande delle due sale è dedicata alla custodia di oggetti di culto (calici, ostensori, pissidi, ecc.) raccolti in teche di totale trasparenza e alle statue, delle quali la maggiore è un Cristo ligneo policromo con braccia snodabili che risale alla fine del XVII secolo ed è considerato una rarità.
Cavadini ha scelto di esporlo sopra una pedana di colore scuro appoggiata a una parete rossa che pone in risalto la drammatica figura e sembra quasi estendere il colore del sangue che scaturisce dalle ferite ed esalta il senso del martirio rendendolo corposo, presente, ineludibile.
La stanza che precede questa è dedicata alla storia della vita conventuale. E’ attraversata nel mezzo da una parete-espositore nella quale sono allineati oggetti di vita quotidiana, dai cestelli di vimini con i quali i frati praticavano la questua alle tenaglie per cavare i denti, ai setacci e stampini per la confezione di ostie, oggetti per la fabbricazione dei sandali, per la tessitura, piatti e ciotole, scatole contenenti i fagioli bianchi e neri usati per le votazioni nei capitoli. Una parete luminosa consente una buona visione degli oggetti esposti. Le tinte alle pareti sono morbide, pacate. La pavimentazione è scandita da strisce di colore chiaro che ritmano lo spazio. E’ un museo che si può abbracciare con un solo sguardo, grazie alle sue ridotte di-mensioni, ma è stato realizzato in modo tale da consentire anche di individuare luoghi chiaramente distinti che evidenziano in modo differente oggetti diversi per significato, funzione, epoca di provenienza. Un museo che apre una finestra sull’intensità della vita comunitaria.
Pietro Petrini

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