La dinamica della croce sul mattone


Informato alla logica della linearità del percorso, l’edificio è un corpo longitudinale posto tra due sagrati, uno inferiore e uno superiore. I muri in mattoni acquistano significato nella facciata quadrata tagliata da due bracci mediani. È un blocco solido elaborato in modo dinamico che risalta nell’intorno urbano.

Che il laterizio sia un fondamento principe del costruire è un fatto evidente. E il mattone squadrato, il parallelepipedo per eccellenza, è la sua espressione più pura, comune e costante nella storia.
Paolo Zermani è, tra gli architetti contemporanei italiani, forse colui che ha saputo esprimersi con maggiore continuità e sensibilità in progetti in cui risalta l’uso del mattone, esaltato in tessiture che hanno la virtù di rendere plastiche le superfici.
Nella chiesa di San Giovanni a Perugia il dialogo tra forma architettonica e manto di superficie è reso particolarmente intenso e pregnante, per il fatto che il suo volume è un parallelepipedo che potrebbe intendersi come magnificazione del mattone stesso: e in ciò potrebbe stabilirsi una corrispondenza generativa tra elemento di base e forma generale.
Il volume sembra inserirsi nel declivio della collina o, viceversa, emergere da esso quasi ne fosse una concrezione: è una chiesa vicina alla terra, come vicino le è il mattone, che è terracotta.
Così l’architettura ha la purezza e la semplicità, nonché la prossimità all’elemento naturale, che è propria dei francescani, cui la parrocchia è affidata.

Chiesa di San Giovanni in Loc. Ponte d’Oddi a Perugia
Progetto: Prof. Arch. Paolo Zermani con Archh. Mauro Alpini, Fabio Capanni, Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi
Collaboratori: Giovanna Maini, Tomohiro Takao
Calcolo strutture e d.l.: Ing, Mario Serra
Artista: Marilena Sassi (per il crocifisso)

La chiesa sorge in una zona periferica della città, la facciata è attraversata
da una croce costituita dalla fenditura verticale attraversata da una putrella.
L’edificio è concepito per essere visto dall’alto. Si nota, sulla destra dell’immagine,
il sagrato superiore . La scalinata funge da piazza lineare e prolunga i due sagrati.

Poiché l’edificio sta sul fondo della valletta, è stato pensato per essere osservato dall’alto. La croce che ne caratterizza la facciata risulta dall’incontro del taglio longitudinale che continua in facciata e sulla copertura, e una putrella orizzontale. Da lontano l’edificio nel suo complesso appare come una funzione di quella croce, quasi ne fosse un supporto teso a proiettarne l’immagine in avanti, verso il mondo esterno. Il fatto che una scansione simile, a settori
quadrati, informi presbiterio, altare e ambone, contribuisce anche a stabilire una proficua corrispondenza tra presentazione esterna e spazio liturgico.
La staticità che è propria della forma parallelepipeda si articola grazie al taglio longitudinale che ne scava la materia e grazie al suo porsi come mediazione tra due sagrati: quello anteriore in basso, e quello posteriore nella parte alta.
Poiché il terreno sale nel dislivello, ai lati della chiesa sono poste due scalinate che di per sé dinamizzano l’architettura,
mentre la copertura permane allo stesso livello, su un piano che si pone in continuità col piano delle opere parrocchiali. Queste si trovano oltre il sagrato superiore e sono caratterizzate da un edificio ad angolo che presenta un colonnato sui due lati interni.

Prospettiva laterale. In alto, a sinistra il sagrato
superiore, a destra lo stesso visto dal colonnato.

Tra i due sagrati si stabilisce una tensione: uno scambio di energia che si concretizza nel corpo della chiesa, coi suoi tagli di luce e la sua imperturbabilità materica. Tale tensione accentua il tema del percorso che, se esternamente si costituisce nelle scalinate laterali, all’interno si concretizza nel ritmo lineare delle colonne accostate lateralmente ai muri e nella striscia di luce che dall’alto va ad abbracciare lo spazio presbiterale dove la parete libera che si erge sul
fondo esalta la presenza del crocifisso e dell’altare, i centri focali verso cui convergono le direttrici che innervano l’architettura. Dietro la parete di fondo si accede alla cappella feriale tramite il passaggio della sacrestia. A tale cappella si giunge anche dal sagrato alto, dove l’edificio a “L” delle opere parrocchiali (posto obliquo rispetto alla maglia ortogonale della chiesa) ospita diverse aule al livello basso, la casa del parroco e coadiutori al livello alto.
Il progetto di S. Giovanni fu assegnato a Paolo Zermani a seguito di concorso nel 1997 ed è risultato segnalato al Premio Internazionale di Architettura Sacra Frate Sole 2008.

(L.S.)

A destra e nella pagina a lato: due prospettive verso il presbiterio. Si nota a sinistra che la chiesa pare posta entro l’ampiascalinata, la quale è stesa come un manto sul declivio. Le piante del complesso al livello basso (sinistra) e al livel
lo alto (destra).

COMMENTO DI DONANTONIO SANTANTONI
Liturgista
Alla chiesa parrocchiale di Ponte d’Oddi a Perugia si può accedere dai diversi punti cardinali; ognuno di essi offre un diverso colpo d’occhio sull’edificio. Sorge sul fondo di un modesto avallamento tra due collinette ricoperte di verde, attorniata da tetti rossi e bianche facciate di case e palazzi di 3-5 piani. Una presenza difficile da ignorare. Il rosso ocra del mattone conferisce alla struttura di soli 13 metri di altezza un’immagine di notevole solidità.
Struttura importante dal punto di vista urbanistico, essa rispecchia adeguatamente la poetica architettonica dell’autore: "Difficile in Zermani tracciare il confine fra spazi sacri e le opere civili" (Andrea Volpe). Vedendola, verrebbe
fatto di pensare più a un capannone che a una chiesa. C’è tutto lo Zermani-pensiero: "La soglia che distingue sacro e profano si è progressivamente assottigliata nel nostro secolo, fino ad apparire matericamente inafferrabile."
L’aula liturgica riceve luce dal nastro sommitale: è sufficiente o si sente la mancanza di altri momenti luministici che articolino il percorso interno?
L’aula sacra non soffre di mancanza di luce: la grande fascia luminosa che percorre tutta la copertura dell’aula le assicura una buona luminosità ben distribuita nei momenti non liturgici.
Non sono in grado di dire in che misura la luce artificiale riesca a rimediare al deficit di luce ‘dinamica’ nei vari riti della liturgia in atto. Assai apprezzabile la calda luce, tutta artificiale, della cappella senza finestre della riserva eucaristica.
La successione chiesa-sacrestia-cappella-sagratosuperiore in linea retta si legge come un continuum logico o come serie di momenti separati?
È certamente uno dei punti più deboli di quest’opera per il resto apprezzabile. La passione per certe alchimie numeriche e per certe sequenze lineari può giocare qualche brutto scherzo, come il pesantissimo dislivello che
separa la cappella feriale dall’aula maggiore.
Sono decine e decine di gradini, e quando sei sopra hai già dimenticato ciò che hai lasciato in basso. Ma, al di là delle critiche possibili, il parroco riferisce di trovarsi bene in quella chiesa, né la cambierebbe con un’altra.

(L.S.)

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