La chiesa di san Bartolomeo in Tuto, Scandicci (FI) DOVE NASCE LA COMUNIONE Assialtà e centralità avvolgenti

CHIESAOGGI ISNN 1591-3171 vol. 106
DOI: 10.13140/RG.2.2.28437.73444

ABETI Maurizio (IT)


Abstract
La chiesa di San Bartolomeo in Tuto, costruita tra il 1974 e il 1993 su
progetto di Anna Gennarini, Mattia Del Prete, Francisco Arguello e Alberto
Durante, autore del progetto di ampliamento avvenuto nel 1992, a
Scandicci (FI), e tutt’oggi un valido esempio di quella riforma conciliare che
rinnovando i caratteri formali del contenuto tipologico e il “linguaggio” dei
sistemi compositivi dell’edificio di culto, si presenta come essere il segno
tangibile della presenza dei Cristiani nella città degli uomini, ad alta intensità espressiva e valenza sacrale: edificio-chiesa come valenza simbolica.
Grazie a questo intenso lavoro sia progettuale che costruttivo, questa chiesa
realizza una singolare coerenza tra architettura e l’intervento artistico, cioè
tra rappresentazione architettonica e simbolismo liturgico (arte e liturgia).

Obiettivi e metodologie
In questa prospettiva, la chiesa di San Bartolomeo in Tuto si pone con una metodologia progettuale altamente rinnovata sia nel suo carattere architettonico, in contrasto con l’attuale architettura delle chiese che è spesso una improvvisazione individuale (crisi di significazione dell’architettura), priva di esperienza e competenza nell’ambito della liturgia e del suo simbolismo, che nella sua qualità simbolica.
Vediamola!

Questo complesso-chiesa, come è constatabile dalle planimetrie allegate, presenta nel suo contenuto tipologicio un tipo di parrocchia “atomica” (come sottolineato dal progettista Kiko Arguello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale) costituita da piccole sale e da una grande, tutte per la comunità cristiana.
Tipologicamente questo sistema era già raffigurato nella chiesa primitiva con delle sale celebrative distinte e destinate a vivere, anche contemporaneamente, forme di liturgie diverse; questo sistema era chiamato ‹‹catecumenium››. Tale organigramma distributivo a blocchi è configurato nella progettazione di questa chiesa, per cui il complesso religioso e strutturato: da uno spazio liturgico centrale (che qui tratterò), polarizzato centripetamente sull’unica mensa eucaristica e caratterizzato da una tensione escatologica assiale diretta sull’abside, che partendo dalla porta e procedendo per il fonte battesimale, l’altare e l’ambone, termina con la sede del Presidente, rappresentando, in una visione simbolica sacramentale, il cammino d’iniziazione cristiana (porta = catecumenato, sede = cresima = confermazione); da piccoli e grandi spazi celebrativi, in modo da poter ufficiare liturgie eucaristiche, liturgie della parola e liturgie penitenziali; da spazi per prima accoglienza (sagrato); da spazi per la meditazione (tabernacolo), da spazi per l’agape e per l’evangelizzazione. Un nuovo schema tipologico da rivoluzionare radicalmente la struttura spaziale degli edifici-ecclesiali pre-conciliare, caratterizzata da una sola aula liturgica ed alcuni ambienti tipo sagrestia, “segreteria” del parroco, depositi, servizi e, qualche volta, da una sala per discutere i problemi di quartiere o di condominio. Una nuova immagine organica dell’edificio-chiesa tale da evolversi nello spazio sociale urbano come segno manifestativo di “luogo” sacramentale e che inserendosi nel tempo e nello spazio dell’uomo della strada sappia rendere visibile la frase di San Cipriano di Cartagine: ‹‹Fuori della chiesa non c’è salvezza››.

Caratteristiche tipologiche e compositive
Situato nell’eterogeneo tessuto della periferia di Scandicci, il complesso della chiesa di San Bartolomeo in Tuto costituisce un luogo di serenità oltre ad essere un importante elemento urbanistico. La chiesa si inserisce in modo consapevole nell’intorno. Attraverso la geometrica composizione di volumi che si unificano (tutti gli ambienti a servizio della parrocchia sono
caratterizzati da strutture indipendenti ed interconnesse), gli ideatori hanno creato una unicità.
Non vi sono legami ad architetture del passato, dove reperire un idea o una composizione collaudata nel tempo, semmai riproposta con tipologie e elementi contemporanei. La caratteristica specifica è l’originalità, la creatività, un modello totalmente “innovativo” nell’architettura delle chiese tale da costruire uno spazio dove si avverte il senso del luogo.
Una composizione architettonica che vuole recuperare l’espressività simbolica dell’edificio ecclesiale non può fare a meno di un segno “simbolo” come il campanile. In questa opera religiosa, questo manufatto a sviluppo verticale, non solo è stato “recuperato” ma è stato inteso come elemento costitutivo della progettazione. Il suo sistema costruttivo e il suo dimensionamento tiene presente il continuo architettonico dell’edificio-chiesa ed è collocato accanto al sagrato e ha la capacità, come componente simbolico esterno, di coinvolgere nell’evento salvifico tutto l’ambiente circostante. La Nota Pastorale della CEI. in proposito, al n° 22 recita testualmente: ‹‹Il campanile non deve essere escluso dalla progettazione;…, può costituire un qualificante componente di riconoscibilità dell’edificio religioso›› (CEI, La progettazione di nuove chiese, 1993).

Il Tabernacolo, fuoco liturgico dalla grande valenza significativa, poiché necessitava di uno spazio contemplativo intorno a sé, per creare, nel suo silenzio, la migliore atmosfera contemplativa di adorazione e di preghiera individuale, è stato collocato in una cappella adiacente all’aula sacra; è ben visibile dallo spazio assembleare ed è, con quest’ultimo, in comunicazione diretta.
L’aula liturgica principale, realizzata in cementa armato come tutto il complesso,  è dotata di una copertura che si stende su tutto la costruzione con una tipologia ottagonale a falde inclinate e con orditura strutturale in legno lamellare: appare come un grande manto che si dilata per ospitare il luogo della celebrazione. 
Ad essa si accede entrando dalla “piazza sagrato”. Questo spazio ampio e libero sviluppa quella valenza significativa di “soglia” e di “accoglienza”, ma anche, come una normale estensione dello spazio interno della chiesa, come luogo di sosta in attesa d’incontrare l’Assoluto.
Si entra attraverso porte in legno con pannelli di vetro che consentono un contatto visivo tra piazza e spazio celebrativo.
L’organismo spaziale dell’aula liturgica (per 400 posti) presenta quella grande originalità che dicevo innanzi, ed è il risultato di quella riforma liturgica indotta dal Concilio Vaticano II che, riqualificando i riti e aiutando i fedeli ad una meditazione più viva delle cose sacre per la partecipazione piena e attiva della liturgia, ha rinnovato l’organizzazione spaziale al fine di ricercare una tipologia  più adatta per accogliere l’assemblea celebrante. Qui l’archetipo di base è l’ottagono, ma è sviluppato in modo particolare. La disposizione della forma, nel momento in cui si ricerca la polarizzazione centripeta sull’unica mensa eucaristica, è strutturata su un asse trasversale (tensione assiale) diretto sull’abside, e come esposto in precedenza, parte dalla porta e passando per il fonte battesimale, l’altare e l’ambone, termina con la sede del Presidente.
Quindi, la forma ottagonale viene sottoposto a una sollecitazione in senso longitudinale: tra l’ingresso e l’abside.
Mentre l’unico altare al centro dell’aula liturgica diventa il centro focale dello spazio sacro, centro non prettamente geometrico, ma spaziale, dove tutte le sequenze formali dell’organismo interno delle chiesa di San Bartolomeo in Tuto e l’attenzione dell’assemblea convergono. L’“isola dell’altare” (in quanto l’icona del banchetto pasquale è collocata su una pedana rettangolare sollevata di un gradino rispetto al pavimento della zona assembleare) è irradiata da una serie di fari in cerchio e dal un piccolo lucernario che intensificando l’illuminazione favorisce il vivere del Mistero liturgico.
In questo ambiente “sacro” il sacerdote celebra ‹‹versus populum››, mentre l’ecclesia si raccoglie intorno all’altare e lo circonda su tre lati ‹‹circumstantes›› favorendo la partecipazione attiva: ‹‹l’assemblea deve assumere l’immagine di una famiglia intorno alla mensa comune›› (Sacrosantum Concilim 124).

Una “rivoluzione” formale nell’architettura sacra, dove l’ottagono, derivante dalla somma dell’aula longitudinale, a navata, e quella della pianta centrale, diventa irregolare: due lati si allungano e la conformazione dello spazio liturgico risulta così, nello stesso tempo, centrale e longitudinale e con un’articolazione spaziale semicircolare centripeta, nel quale i fedeli, grazie alla disposizione delle banchi ad emiciclo chiuso, possono vedersi, sentirsi[1] e proiettarsi al centro di questo spazio cristocentrico.
L’organizzazione dello spazio interno della chiesa tiene conto delle esigenze di visibilità, di comunicazione, di movimenti, ma soprattutto dell’uso diversificato dello spazio per i diversi tipi di celebrazione ed insieme all’ordine dei fuochi liturgici (fonte battesimale, altare ambone, sede del Presidente al centro del syntronos) permette di sperimentare e vivere concretamente la celebrazione Eucaristica.

Un’altra componente che gioca un ruolo fondamentale in questa chiesa è l’iconografia. Essa diventa non solo un elemento del linguaggio compositivo ma la parte costruttiva dello spazio, che lo arricchisce e lo circonda a modo di corona misterica. ‹‹Le pitture rappresentano i vari momenti del Mistero della salvezza, percorrendo tutto l’anno liturgico….. Il centro del ciclo pittorico è Cristo Pantocrator, che rivestito della sua gloria divina, torna alla fine dei tempi a giudicare la terra. Alla sua destra è rappresentata la vita terrena di Cristo e alla sua sinistra la vita celeste. Ogni pittura misura m. 4,20 di lunghezza per m. 3,30 di altezza, eccetto la Trasfigurazione, il Cristo Pantocrator e l’Apparizione di Cristo Risorto, dipinti sui lati brevi della corona ottagonale che misurano m. 4,70 per m. 3,30››[2].
L’estetica “festosa” della chiesa, ma nello stesso tempo elegante, semplice e raccolta; la forma del contenuto tipopolgico, il simbolismo liturgico e la significazione spaziale (fuochi liturgici, luci, iconografia, arredi, elementi strutturali) sono capaci di proiettare i fedeli, attraverso la configurazione di una famiglia cristiana riunita intorno al banchetto comunitario, nell’ascolto del Cristo risorto.
Ed è questa la sensazione che uno avverte di fronte a quest’architettura liturgica, realizzata, in conformità con la riforma dettata dal Concilio Vaticano II, per l’ecclesia convocata.

Si ringrazia per la preziosa collaborazione l’arch. Riccardo Damiani che ha concesso la pubblicazione delle sue significative immagini fotografiche. Le immagini SONO soggette a copyright.


Note bibliografiche
1. Cfr., Maurizio Bergamo, Spazi celebrativi-figurazione architettonica-simbolismo liturgico. Ricerca per una chiesa contemporanea dopo il Concilio Vaticano II, Il Cardo Editore, 1994 (VE), p.60.
2. Cristina Acidini (a cura di), I dintorni di Firenze, collana “I Luoghi della Fede”, Milano, Mondadori, 2000, pp. 132– 133.

Abeti Maurizio
Graduate in architecture
Independent researcher
Via SottoTen. Gaetano Corrado  n. 29 - 83100 Avellino (Italy)
cell. Phone: +393393146816 
maurizioabeti@gmail.com
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