la casa senior

Pensare la Casa Senior: secondo la Prof.Arch. Benedetta Spadolini.

Professore ordinario di Disegno Industriale. Preside della Facoltà di Architettura dell’Università di Genova dal 2003 al 2009.

Invecchiare in bellezza: E’ inevitabile che le società più evolute abbiano più “senior” rispetto alle cosidette società delle economie emergenti. La casa degli italiani e, in senso più ampio, di tutti gli europei che superano i 60anni, richiede nuove funzioni e un diverso approccio progettuale. Come può l’architettura far vivere meglio?

Benedetta Spadolini: Allora, Lei ha fatto un cappello di introduzione molto vero. I Paesi più evoluti hanno un invecchiamento maggiore. Comunque, questo non  si verifica solo per la qualità della vita, ma è legato alla tecnologia, è molto legato al fatto che la medicina in questo momento sta facendo dei passi da gigante.  Per questo motivo, si cresce in qualità di vita e le persone vivono molto più a lungo. Questo significa che noi architetti e designer siamo rimasti abbastanza al palo, come si suol dire in italiano. Ossia non abbiamo mantenuto lo stesso passo in Europa.  Infatti, per esempio, ci sono dei Paesi che hanno approcciato questo problema molto più velocemente di noi e parlo di tutto il nord Europa. In Europa hanno dei numeri completamente diversi e quindi hanno avuto la possibilità di poter creare degli spazi, degli habitat e tutta una serie anche di interfacce tecnologiche, per aiutare l’invecchiamento della popolazione attiva.

il problema non è l’invecchiamento con macro disabilità, ma con le micro disabilità, che comunque accompagnano qualunque persona quando invecchia e quindi queste micro disabilità  poi possono diventare anche più impegnative.

 

Le micro disabilità e l’adattamento: il problema non è l’invecchiamento con macro disabilità ma con le micro disabilità che comunque accompagnano qualunque persona quando invecchia. Per questo motivo, queste micro disabilità arrivano un po’ per volta, per cui è molto difficile per una persona anziana abituata a vivere il proprio spazio sempre nello stesso modo, modificare gli atteggiamenti e le abitudini. Quindi, è importante prevenire questo inevitabile sviluppo. Per primo, le case troppo grandi sono uno degli errori più importanti. Una persona anziana, che sia in coppia o singola, deve gestirle, deve viverle e, come è facile constatare, la soluzione deve essere pratica. E’ comune vedere molti anziani che, nonostante la casa sia grande, vivono solo in uno o due spazi della casa. Questi spazi li fanno diventare il loro spazio “cuccia”, cioè dove all’interno di questi spazi loro trovano tutto.

Gli arredi protesici: Anche gli arredi, che loro cominciano a mettersi intorno, sono degli arredi che io definisco protesici. Protesico significa che loro si aiutano con una serie di piccoli accorgimenti per arrivare a fare quelle azioni che non sono più in grado di fare autonomamente. Quindi, la poltrona diventa un luogo che sembra la centrale di comando dove hanno tutto. Tutto questo però avviene per, come dico io,   “pecette” cioè per post-it aggiunti per momenti progettuali.

La necessità di progettazione: Tutto questo può essere studiato. Tutto può essere studiato fin dall’inizio, quindi lavorando su case più piccole o divisibili. E’ molto importante il fatto che noi studiamo anche l’edilizia. E’ importante verificare, attraverso la possibilità di poter frazionare gli spazi con progettualità. Mentre si è genitori, la famiglia è formata da quattro persone, via via che passa il tempo, si riducono le persone in casa. In un primo momento i figli potranno avere una loro vita, ma un domani dovrebbero avere la posssibilità di dividere lo spazio. Inoltre, si progetta di avere la possibilità di avere l’anziano o solo o in coppia in spazi più piccoli vicini. Ora sono stati fatti moltissimi studi, continuo a dirlo, soprattutto nel nord Europa, dove hanno fatto delle integrazioni molto ben riuscite tra giovani, anziani e bambini.

La nuova sharing-society: Abbiamo degli esempi, dove la persona anziana alloggia in casa insieme ad un giovane studente. Alloggiando in casa il giovane studente ha modo di monitorare la persona e quindi riduce un po’ i costi. Inoltre, questa persona anziana non è più da sola. Hanno inserito l’attività degli anziani negli asili nido. Negli asili e nelle scuole d’infanzia, anche questa è un’altra integrazione importantissima. Moltissimi anziani, per esempio, lavorano anche nel sociale, perché la vita dell’anziano è di qualità ormai fino agli 80, 90 anni. Questo significa che non si parla più di terza età, ma si parla di quarta età.

Gli spazi fulcro: Su questo concetto c’è da fare tantissime cose, soprattutto per quanto riguarda i due, diciamo,  i tre spazi, fulcro della casa. Gli spazi fulcro sono: la cucina, che spesso e volentieri è il luogo dove avvengono gli incidenti più importanti. Poi c’è il bagno, che però non deve avere nessuna connotazione di bagno da disabili, perché l’anziano non è un disabile e qualunque micro o macro disabilità  rifiuta qualunque accessorio ospedaliero, per non parlare di quelle soluzioni o ausilio per handicap ai quali non si deve proprio fare riferimento. In più, la zona notte è un’altra isola importantissima, dove l’anziano deve poter gestire in sicurezza, sia la propria autonomia, sia la sicurezza con i propri cari. Quindi, è importante definire i percorsi per andare in bagno e le luci notturne.

La tecnologia a supporto della qualità e sicurezza di vita: Mi riferisco ad una serie di piccoli e importantissimi device  che servano per il controllo dell’ambiente. Anche se l’anziano vive da solo, oggi, la tecnologia, la domotica aiutano tantissimo perché consentono alla persona anziana di avere degli accorgimenti, per cui, se per caso l’anziano cade dal letto o non dà segni di vita, può essere soccorso. Grazie a tutto questo, nel giro di mezz’ora, la famiglia o il collegamento, che a volte può non essere la famiglia, può intervenire. Alcuni anziani sono veramente soli e quindi si riferiscono all’assistente sociale. Anche il medico di base ha la possibilità di poter capire che cosa è successo.

La rete sociale fra città e provincia: Se nelle città si rischia un maggiore isolamento, nei paesini, porto l’esempio di Pontassieve (un piccolo paesino intorno a Firenze), gli anziani hanno molto meno il problema della solitudine. C’è un naturale monitoraggio dell’anziano perchè ancora esiste una rete familiare e sociale. In questo è importante il famoso vicinato. Anche chi sta nella villettina non sta da solo. A meno che non sia in aperta campagna, sicuramente hanno una qualità di vita migliore, sotto questo punto di vista.

 

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Le barriere architettoniche: E’chiaro che anche nei quartieri nelle città per l’anziano è fondamentale non avere barriere architettoniche insormontabili.  C’è chi non ha l’ascensore. Se abiti già ad un secondo piano, e hai qualche acciacco cardiaco, non parlo nemmeno di gambe o di braccia, ma proprio problemi magari di pressione o di cuore, è chiaro che i due o tre piani di scale diventano una barriera importante. Per loro sarebbe importantissimo restare nel loro quartiere dove hanno la loro parrocchia vicino e le loro abitudini. Importante avere i loro negozi sotto casa. Noi abbiamo affrontato moltissimo con l’università tutte queste problematiche.

Il mantenimento dell’autonomia: Anche tutte le problematiche, per esempio, legate all’autonomia della spesa. E’ naturale oggi che i grossi supermercati mandino la spesa a casa. Ma quanto è importante per il “muscolo cervello” andare a fare la spesa? Il cervello è comunque un organo che va allenato. E’ essenziale che, la signora Maria o la signora Caterina, possano andare a far la spesa autonomamente. E’ determinante, per la propria corretta esistenza e qualità della vita, ricordarsi delle tre pere e dei due pomodori, piuttosto che, del pacco di spaghetti da comprare. Quindi è importantissimo mantenersi attivi. Perché è inutile che siano sani, con la pasticca per il cuore e quindi il cuore funziona bene, se poi il cervello perde colpi.

Le patologie prevenibili: E’ una cosa che sanno tutti, il fatto che stia aumentando moltissimo la patologia dell’Alzheimer. Il più delle volte però non è altro che demenza senile. Ossia, non è altro che l’invecchiamento, del non tenersi allenati con la testa. Spesso è un deficit che nasce dalla solitudine. Questo è dimostrato scientificamente. Io lavoro per Italia longeva. Sono nel board scientifico, insieme al professor Bernabei a Roma e lavoriamo sulle problematiche incaricate proprio a questo. Diciamo che la solitudine è la peggior malattia. Cioè l’anziano quando non riesce ad avere degli scambi e quindi a parlare con qualcuno, o meglio, vedere qualcuno,  ma ha soltanto come interfaccia la televisione, che rappresenta un danno, perché non rimanda il dialogo ma è soltanto un subire. In questo, il cervello,  se viene utilizzato meno, può portare, pian piano a un discorso di demenza senile, oltre naturalmente, a vere e proprie patologie.

Prevenire l’Alzheimer con la multidisciplinarietà: Si sa benissimo che l’alzheimer è una cosa che comincia già prestino e gli architetti e i designer non possano lavorare da soli, devono assolutamente interfacciarsi con la medicina. L’architettura deve interfacciarsi con la geriatria. L’architettura deve interfacciarsi con tutto quello che riguarda i problemi della riabilitazione o della fisioterapia. Naturalmente, un anziano deve tenere il  cervello in allenamento. Quindi, per esempio, ci sono tutta una serie di accorgimenti, come stiamo facendo in questo momento con Lei, che stiamo dialogando via skype. Sa quanto sarebbe importante che questi anziani, che magari hanno i figli lontani, riuscissero ad avere questi contatti, non solo con i figli, ma anche con altre persone per dialogare con degli assistenti sociali ad esempio? Importante che possano dialogare con il proprio medico curante. Dialogare con degli operatori, questo semplificherebbe moltissimo e abbasserebbe moltissimo anche i costi di gestione.

Le differenze sul territorio: Infatti, ci sono delle zone dove gli anziani sono meno assistiti rispetto ad altre. In Italia abbiamo un deficit enorme nel meridione. Il meridione però supplisce con il diverso modello sociale, dove è  sacro che l’anziano non venga lasciato da solo: il grande vecchio,  il grande saggio viene considerato in famiglia in qualche modo. Comunque, rispetto alla grande realtà milanese e torinese del nord Italia, dove esistono delle realtà diverse, perché gli anziani spesso vivono molto più in solitudine e in grandi condomini anche poco accessibili.

Cosa fare? qualche consiglio essenziale: Per esempio,  Le faccio un esempio classico: il bagno. Lei ha mai visto un bagno per i disabili? Sono enormi. Sono enormi e Lei ha mai visto un pullman di anziani che scende a un autogrill? Vanno tutti al bagno e in quello per disabili non entra nessuno. Quindi è proprio un discorso di immagine.  A casa propria il bagno andrebbe fatto piccolo. Grande è nemico. Piccolo è amico. Anche se piccolo certo, ma bagno protesico. Se io ho un bagno piccolo dove ho un torello, quindi una sorta di bordo tra le piastrelle e la parte bassa, dove io riesco ad appoggiarmi ed entro, e il lavandino a sinistra e poi vado più avanti e trovo un portasciugamani, che non è un maniglione per disabili, ma è un portasciugamano ben ancorato che mi consente di muovermi con sicurezza.

La sala da bagno: Il fatto di mettere sempre la doccetta vicino al water in modo che uno riesca, se vuole, a non dover utilizzare bidet, ma fa tutto in sicurezza, perché spesso,  i femori si rompono, proprio perché uno si deve muovere da una parte all’altra. Parliamo delle vasche da bagno, che dopo una certa età  non devono esistere. Devono esserci delle docce comode, non dico adatte ad andarci dentro con la carrozzella, ma devono avere un sedile dove io mi siedo e in totale sicurezza riesco a lavarmi. Perché un altro problema enorme dell’invecchiamento è l’igiene personale, ma non perché l’anziano, invecchiando, vuole lavarsi meno, ma perché ha paura in bagno, perché può scivolare, cadere o farsi male.

Gli approfondimenti accademici: Ho colleghi molto bravi in questa tematica.  La professoressa Chiara Olivastri, la prof. Silvia Pericu e del dottore di ricerca Laura Arrighi. Il professor Niccolò Casiddu, che è il direttore anche del nostro dipartimento. Siamo un gruppo di lavoro che si occupa di tutte queste problematiche. Per esempio, il professor Casiddu è particolarmente specializzato in tutto quello che è l’ambiente a sistemi. Ben venga la domotica, l’assistenza in casa proprio attraverso il supporto delle tecnologie, che oggi rappresenta il futuro. Ma oggi questo futuro è già qui.

Il futuro è oggi: Dovrebbe essere anche  oggi importantissimo considerare la confusione anche sui device. Lei ha mai visto, per esempio, un anziano nella sua poltrona, che ha il telecomando per il  televisore, il cellulare, il congress e il telecomando per le tapparelle ad esempio, tutti uguali tutti neri e quindi spesso e volentieri succede che ci si sbagli, ma non perché l’anziano è scemo, ma perché c’è tutta una serie di problematiche che vanno affrontate. Io ho 66 anni e tra poco 67,  ma non mi sento assolutamente una persona anziana, però mi rendo conto che ho bisogno di una serie di situazioni, diciamo, più immediate. Le difficoltà che hanno gli anziani nell’utilizzo di questi prodotti è importantissimo risolverle, per esempio, come ha detto Lei, attraverso il collegamento con un computer o la televisione stessa che permettano di pigiare il pulsante e mi connettano e rendano tutto possibile. Mi connetto direttamente con mia figlia, che magari sta a Bologna, io vivo a Milano, come si fa peraltro con i cellulari. Abbiamo la visione, è importante che questa visione venga ben organizzata per la migliore qualità di vita. L’architetto oggi, quando progetta, è bene che pensi in una prospettiva a più lungo termine.

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