La casa come luogo dove si reinventa il panorama

La casa come contenitore: invenzione di spazi interni capaci di offrire un rapporto visivo seletto e preciso sull’intorno; l’architettura come espressione di purezza geometrica radicata nella storia di un pensiero astratto che si manifesta attraverso il gioco delle proporzioni; la vita come teatro in cui la “ratio” diventa il momento che (attraverso inquadrature ritmiche) dà forma all’emozione intesa come ordine aperto: il luogo del possibile. Sembra che considerazioni di questo tipo ispirino la mano del progettista: l’edificio cala nell’intorno come ignaro della tradizione di questa regione. Si rifà allo stile Internazionale, appartiene all’ambiente culturale di un globalismo profetico, e ricerca un contatto diretto “con la luce naturale e le viste sul paesaggio, con i materiali e i suoni…” come scrive l’architetto.E l’essenzialità geometrica della forma esterna, proprio per via del gioco di fenditure e intrecci, intersecazioni e ricomposizioni spaziali, dà luogo a un’articolazione complessa all’interno.
Quel che appariva un’unica cellula diventa ambiente vario, intessuto di tagli, di luci e ombre.
Il bianco che dilava le superfici si apre in squarci che attivano un gioco di rimandi tra vegetazione esterna e geometrie interne; scale e setti vetrati, lunghe prospettive, pareti che si smaterializzano nelle trasparenze invitano come in una danza dolce e pacata. Qui l’alfabeto dell’architettura sfodera la sua magia e invita alla libertà nell’abitare.“Pace dicono al cor le tue colline” scriveva il Carducci riferendosi a un’atmosfera toscana simile a questa: nell’emozione, se non nella forma.
La pendenza del terreno dà l’occasione di ubicare la zona notte interrata, aperta solo verso sudovest; la zona giorno si allunga verso valle e si fa cannocchiale visivo verso i campi. La casa così definisce un mondo suo proprio: ma questo abita direttamente, immediatamente, il prato e il bosco.