La campana scavata dal sagrato


PROGETTO CHIESA DELLA DIVINA CARITÀ A LADCE (SLOVACCHIA)

Un disegno che unisce simbolicità a capacità inclusiva. La facciata principale risulta dal taglio verticale in un volume a pianta centrale che si estende idealmente all’intorno, ad abbracciare progressivamente gli spazi vicini. Alcuni momenti liminali, quali un breve spicchio d’acqua sono posti da Justus Dahinden per scandire i percorsi di avvicinamento.

Oltre a questa che sarà realizzata in Slovacchia, il Prof. Justus Dahinden ha progettato altre dodici chiese, soprattuto in Svizzera, ma anche in Germania, Uganda e due in Italia. Si può ben dire che questo sia un progetto compiuto in piena maturità, con assoluto dominio di tutti i molteplici significati e aspettative che affluiscono nel disegno di una chiesa, da parte di un architetto che concepisce lo spazio anzitutto per la sua funzione liturgica. Non a caso in questo progetto, come in quello della chiesa di San Massimiliano Kolbe di Varese (cfr CHIESA OGGI architettura e comunicazione n. 33/1999) tutto il complesso risulta imperniato sull’altare. Non solo l’aula celebrativa, ma tutta l’architettura e lo spazio circostante sono concepiti come biunivocamente legati al cuore liturgico, che è anche centro geometrico: prima che di un’architettura, di uno spazio che si estende al di là del costruito e coinvolge i vicini giardini, il sagrato, persino il parcheggio.
I cerchi concentrici incentrati sull’altare sono esternamente visibili attraverso le forme variamente scavate dell’edificio e attraverso segnali di valore fortemente simbolico. In questo modo la chiesa non si propone come luogo “altro” rispetto all’intorno, bensì come elemento centripeto che raccoglie tutto quanto sta fuori e progressivamente lo avvolge e lo invita: è un abbraccio dinamico che si estende e che è primariamente rappresentato dalla cuspide – lucernario che sovrasta l’altare e ne segnala la presenza – mentre allo stesso tempo attiva un dialogo tra cielo e terra che risulta immediatamente sensibile dall’interno della chiesa, grazie al gioco della luminosità particolarmente intensa spiovente
da questa struttura eminente che ha anche funzione di campanile.

In senso orario: vista sul sagrato e sulla parete
modellata dal rigonfiamento dell’altare e del
tabernacolo; vista assiale, i due ingressi sopra il canale;
vista verso il battistero. Sezione trasversale, pianta.

E la concezione concentrica dello spazio permette anche l’individuazione di una serie di soglie, più o meno visibili, più o meno marcate, ma sempre dense di significato. A partire dall’acqua: una vasca rettangolare addossata alla parete ove sporge all’esterno la bussola che racchiude il battistero, e poi continua in un canale che attornia per un tratto il volume
del costruito, così che due dei percorsi di ingresso fisicamente devono superare tale breve specchio d’acqua che in tal modo acquista un valore di soglia simbolica molto evidente.
All’esterno il volume della chiesa appare come una campana poggiata al suolo, ma tagliata a metà verticalmente dallo spazio del sagrato, definito sui lati da due pozioni del volume protese in modo protettivo e inclusivo. Il muro-facciata espone verso il sagrato un rigonfiamento maggiore e uno minore: il primo coincide con lo spazio dell’altare, il secondo con quello del tabernacolo. In questo modo dal sagrato si ricevono sia un senso di inclusione nella chiesa, sia una serie di segnali visivi che enunciano della chiesa i luoghi liturgici. Questa parte fortemente significativa dell’edificio, sua facciata eloquente, è posta in asse col percorso di avvicinamento dall’abitato.
È un progetto che non si integra mimeticamente, ma che integra attivamente l’intorno.

(LS)

 

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