L’impegno missionario

Tra i sogni del fondatore dei Salesiani, l’evangelizzazione di terre lontane per dare ai giovani la possibilità di crescere nella fede. La chiesa di Adua rappresenta questo intento.

Don Bosco seppe accogliere il soprannaturale, realizzandone i desiderata. Sognò terre lontane raggiunte dai suoi figli per portare il seme fecondo e pacificatore del Vangelo. Sognò popolazioni indigene da convertire e da istruire, così da donare ai più giovani la possibilità di diventare persone socialmente responsabili e cristianamente impegnate. Sebbene la sua attenzione si volse all’Europa e alle Americhe, previde che i Salesiani si sarebbero sparsi, ovunque nel mondo intero. È così fu. A cent’anni dalla sua morte celebrata nel 1988, anche l’Africa fu oggetto di particolare attenzione da parte della Congregazione Salesiana, onde aprire nuove opere in aree particolarmente bisognose. Tra gli esiti di tale incremento missionario è oggi la Chiesa di Maria Ausiliatrice ad Adua, nella tormentata e povera terra di Etiopia. Corrispondendo alla più intima tradizione salesiana, la comunità missionaria si è posta sotto la protezione di Maria. Del resto, Don Bosco sognò anche schiere innumerevoli di giovani, di salesiani, di suore, protetti dal manto della Madonna.
L’architettura del nuovo santuario mariano è buon significante linguistico che richiama significati spirituali. In essa si possono intravedere gli elementi tipici del carisma salesiano.

– L’essenzialità dello "spirito di famiglia". La chiesa è accogliente e avvolgete stimolando la familiarità con Dio e tra i partecipanti.
– L’ottemperanza all’impegno dato da don Bosco: "Studia di farti amare". La chiesa parla il linguaggio del genius loci ed è preceduta da strutture oratoriane e formative per i giovani, poiché attraverso costoro i salesiani possono raggiungere
le famiglie e preparare il futuro.
– La coerenza al mandato del "da mihi animas coetera tolle". La chiesa è il luogo del gratuito dove benefattori lontani hanno creduto nel carisma salesiano e popolazioni autoctone possono incontrare Cristo, mediante l’annuncio evangelico
e la promozione umana.
– La scelta preferenziale verso i giovani poveri e abbandonati. La chiesa risplende di armonia e di semplicità, riprendendo e nobilitando l’immaginario dei giovani, che nell’ampio sagrato possono disporsi ad esprimere il loro entusiasmo e nell’aula cultuale raccogliersi in preghiera. Ad introdurre in tale luogo non sono solo delle strutture murarie, bensì delle opere di misericordia verso i più bisognosi, al fine di mostrare la benevolenza di Dio.
– L’adattamento all’immaginario dei destinatari. La chiesa è una felice sintesi tra nuove tecnologie, sistemi tradizionali, immaginario autoctono. Non è "cattedrale nel deserto", è, invece, santuario che calligrafa la cultura locale, riscattandone
la dignità di stile e di forme. Allora, quel grande spazio sagrato, contenuto da un muro possente pinnacolato dalla statua dell’Ausiliatrice è di buon auspicio per un incontro pacificatore tra le varie confessioni cristiane e le varie istanze sociali.

Rev. Prof. Carlo Chenis SDB

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