L’arte della maiolica nella piastrellada stufa


Preziose rifiniture realizzate a mano con amorevole cura utilizzando le antiche e sapienti tecniche della
tradizione, garantiscono un prodotto di alta qualità, completano e personalizzano le stufe in muratura.

Il primo riferimento a una stufa in maiolica che si conosce è quello che compare in un poema longobardo dell’VIII
secolo, mentre la sua più antica raffigurazione la si trova su una pergamena araldica zurighese dell’inizio del secolo XIV. Come si può apprendere da queste ed altre notizie non citate, la diffusione della stufa in maiolica ebbe largo sviluppo, molto tempo fa, nelle zone alpine, soprattutto fra le genti germaniche, dove, a causa del freddo assai intenso, era indispensabile mantenere gli interni delle abitazioni a una costante temperatura. Per soddisfare questa esigenza la ceramica fu la risposta ideale poiché, oltre a valorizzare esteticamente la stufa, aveva il pregio di donare un effetto prolungato del calore che veniva immagazzinato e poi ceduto lentamente in modo piacevole ed uniforme. Le piastrelle in maiolica, usate per rivestire le stufe, vengono più propriamente chiamate “pannelli radianti”. Per la loro produzione si impiegano vari tipi di argille che, una volta lavorate, vengono essiccate, cotte a una temperatura di circa 1000 gradi e infine smaltate. L’impasto che forma lo smalto è composto da un miscuglio di quarzo, feldspato, potassa e diversi ossidi metallici (soprattutto zinco e stagno) sciolti nell’acqua.
L’impasto viene versato con un cucchiaio sul pannello, la cui massa porosa ne assorbe l’acqua trattenendo sulla superficie la parte solida, che in una seconda cottura a 90 gradi circa, si vetrifica. La decorazione colorata può essere eseguita con due diversi procedimenti: usando smalti ad alta temperatura oppure colori per il forno detto “a muffola”. I primi, che consentono una gamma di colori più ridotta, vengono applicati prima della smaltatura. I secondi invece, vengono riportati direttamente sulla superficie già smaltata e richiedono perciò una terza cottura, con il risultato
di offrire una maggiore ricchezza di toni. Il primo tipo di pannello radiante conosciuto è quello “a pignatta”. Questa forma era ottenuta lavorando la maiolica sul tornio da vasaio. Molto profondo, avendo l’imboccatura relativamente stretta che gli conferiva la forma di una pera. I tipi più antichi, privi di smaltatura, avevano il colore della terracotta. Da
questo tipo deriva il pannello “a scodella” con imboccatura quadrata e fondo a rilievi concentrici o a spirale (che a loro volta aumentavano l’effetto radiante) risalenti al XIV secolo.
Sempre in questo periodo, comparvero pure i pannelli “a nicchia” o “cilindrici”. Anche questa forma era ottenuta plasmando sul tornio un corpo cilindrico cavo, con le due basi chiuse, che veniva tagliato longitudinalmente prima della cottura. Questa evoluzione condusse alla produzione di pannelli “a piatto”, precursori di quelli attuali “a tavoletta” sui quali la fantasia degli artisti poté finalmente sbizzarrirsi con motivi ornamentali in rilievo o dipinti.
La loro maneggevolezza e la loro possibilità di produrli in serie con l’aiuto di apposite macchine, oltre al loro minore ingombro che ne facilita il trasporto, hanno fatto sì che quest’ultimo tipo di pannello prendesse il definitivo sopravvento.

La progettazione personalizzata rende le stufe in muratura veri e propri capolavori estetici e funzionali. Uno dei pregi più rilevanti del rivestimento in maiolica è la grande varietà di decorazioni, che essa consente di ottenere, prestandosi con straordinaria efficacia ai diversi processi di modellazione, colorazione e decoro. In questa pagina tre splendidi esemplari di stufe in maiolica realizzate da Ermanno Vandini, titolare dell’omonima azienda, associata e referente nazionale dell’ANFUS (Associazione Nazionale Fumisti e Spazzacamini) e aderente ai programmi formativi FUSPA (Scuola di formazione e aggiornamento per spazzacamini e fumisti).

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