Jorge Cruz Pinto


Divido la mia attività fra l’architettura, l’insegnamento dell’architettura e la pittura. Nel mio percorso personale l’architettura e la pittura sono attività parallele che a volte si contaminano mutuamente; costituiscono esperienze e stimoli reciproci, sebbene non sempre cerchi ti stabilire una relazione diretta fra queste due. Architettura e Pittura utilizzano, a livello del processo della concezione, dell’espressione, dell’esecuzione, il disegno, lo spazio, la geometria, la luce e il colore secondo le dimensioni della tela, del croquis o del modello tridimensionale, servendosi di schematismi e di codici analoghi.
Condivido la produzione architettonica con l’architetto Cristina Mantas, mia sposa, mentre la pittura è una attività solitaria a cui mi dedico da prima ancora di aver iniziato la carriera dell’architettura.

L’attitudine surreale
Il surrealismo mi ha svegliato una forma di accensione poetica nel processo dell’immaginazione produttrice, ricorrendo all’uopo agli aspetti simbolico-figurativi, comprendendo fondi latenti dell’immaginazione – i contenuti mitici, onirici, incoscienti e meta-razionali – che mi hanno concesso una libera e sincronica associazione di poetica di immagini, di contesti e sensi differenziati, conducendomi al processo creativo. Mi ha aperto al mistero, che a mio parere deve essere presente in tutte le opere di architettura. Queste strategie sono state successivamente trasferite all’architettura.
La serie di pitture con pendoli e fili a piombo in distinte posizioni trattano di gravitàe tettonica. La gravità è una legge che abbiamo cercato di superare utilizzando artifici tettonici che danno la sensazione di apparente leggerezza o sospensione quanto più potente e pesante sembri l’oggetto che fluttua.
Sotto l’influenza dell’attitudine surreale trasferita all’architettura, ho iniziato il progetto della Praça de touros de Cuba (1992), per una specie di ‘scrittura automatica’: ho disegnato tori, toreri, minotauri e labirinti in spirali, dalle quali nascono le proposte architettoniche.

Centro Cultural de Vila Alva
Centro Cultural de Vila Alva. Interior
Igreja de Albergaria dos Fusos

Ho visitato diverse piazze in Portogallo e Spagna. Lì ho avuto, per la prima volta, la coscienza dell’intervallo minimo che separa la vita dalla morte, nel momento in cui ho visto il forte toro cadere in ginocchio, macchiando di sangue la sabbia dell’arena, come un’immagine pittorica. Da allora, sono riuscito a capire per la prima volta la corrida, a partire dal puro senso estetico.
Il ricorso poetico alla fantasia mitica e alla metafora – mediante la tematica del Labirinto e del Minotauro, esplorata in parallelo attraverso la pittura – hanno portato a concepire l’edificio intenzionalmente segnato dalla spirale e dalla copertura in forma di luna crescente o di corna di toro. La metafora mi ha consentito di immaginare l’oggetto attraverso
un altro, estrapolato da un contesto completamente distinto, per analogia formale.
Il luogo dell’impianto della piazza, sul piano del paesaggio dell’ Alentejo in Cuba, ha determinato un’altra motivazione convergente con i propositi poetici formali della spirale e della copertura a forma di luna crescente o corna di toro, come una macro scultura che fluttua sulla piazza, la cui presenza, in termini di land art, cerca di definire un’icona che segna la grande pianura.
L’impianto ha obbedito a orientamenti simbolici-cosmologici; la forma circolare è segnata da otto (punti cardinali) assi radiali corrispondenti alle porte di accesso alla piazza; il bianco domina tutto il corpo dell’edificio, tuttavia, il rosso sangue diventa un elemento fondamentale, associato alla festa, e copre tutto il perimetro del cilindro come una fortificazione ad anello.

Pavilhäo gimnodesportivo de Cuba
Pavilhäo gimnodesportivo de Cuba. Átrio
Capela Mortuária de Vila de Frades

L’attitudine espressionista
L’incursione nella pittura espressionista astratta mi ha condotto ad un’esteriorizzazione e ad una comunicazione dinamica delle emozioni, come un movimento dall’interno verso l’esterno che porta ad una relazione empatica con l’immagine, nel senso di forme plastiche di carattere organico, antropomorfico e cristallomorfico, espresse nelle linee dinamiche, sensuali, gestuali e con effetti spaziali di cromatismi e di luce.
La trasposizione all’architettura mi ha concesso di sviluppare alcuni progetti cercando esplorazioni plastiche più libere, come è il caso del Centro culturale de Vila Alva (1989) dedicato a diversi usi – sala da ballo e feste, palestra, cine-teatro … In esso si esprime il concetto di spazio-limite: dalle apparenzedei distinti strati di rivestimento e dei colori
all’emergenza dei loro successivi contenitori dentro contenitori, fino alla latenzadelle forze empatiche che si stabiliscono con l’utente. Il contenitore esterno bianco si adatta alla forma residuale del lotto, contenendo dentro di sé la forma organica rivestita di ceramica azzurra come una pelle squamata che segna l’atrio delle scale sospese. Dentro, il salone è come una cavità uterina satinata e rossa, con uno sviluppo a spirale definito dalle pieghe del balcone e del cornicione; in fondo alla scena si apre una grande finestra come un quadro verso i tetti del villaggio.
Ancora sotto l’influenza espressionista è il Pavilhão Desportivo de Cuba (Padiglione Sportivo di Cuba 1992-2003). Questo progetto parte da un’attitudine intenzionalmente espressionista cristallomorfica. Espressione e ragione formano i concetti fondamentali del progetto. Localizzato fra la pianura e i limiti del villaggio di Cuba, il padiglione sportivo, con i suoi espressivi muri rotti e scaglionati, modella la luce e abbraccia il grande scatolone bianco razionalizzato e perforato del recinto dei giochi, che emerge dal complesso su di un portico. Nei muri rotti c’è un’estesa fessura orizzontale con più di 150 metri di lunghezza sulla fortificazione, di un azzurro violaceo che accentua la dimensione orizzontale e fluida del paesaggio rurale che inquadra, dall’interno.

L’attitudine concettuale
La preventiva formulazione di idee consente, da un lato, un distacco dal figurativo, richiamando una ragione concettuale che manipola le operazioni mentali fondate su concetti filosofici astratti, su luce, materiali, tecniche e metodi pragmatici, come lo sono i quadri di specchi e bucature, dove la tela si compone con squarci quadrati. In essi si stringe la relazione con l’architettura mediante la creazione di distinti spazi-limite in profondità fino al vuoto e allo spazio interno antistante
al quadro, materia e tessiture da dove l’osservatore penetra all’interno del quadro attraverso l’inclusione di specchi. Lo spazio apparente resiede negli effetti epidermici dei cromatismi, delle tessiture, dei tromp-l’oeil e degli specchi. Lo spazio emergenteè la dimensione carnale della materia e delle forme rappresentate e lo spazio dell’osservatore
ove questo si trova e, a partire dal quale, si riflette nel mondo dell’apparenza. Lo spazio trascendentecorrisponde al vuoto della bucatura quadrata. Lo spazio latenteè il territorio degli schemi, dei tracciati geometrici invisibili e il campo dinamico dell’intercambio di forze,connessioni e sguardi, è lo spazio interattivo fra soggetto e oggetto.

Escola da Ameijeira, Lagos
Praça de Touros de Cuba
Tríptico, Icosaedro cheio vazio, técnica mista
sobre tela, 2003

L’incursione della pittura di tendenza più concettuale in relazione all’osservatore mi ha consentito di fare trasposizioni verso l’architettura prendendo spunti dai princìpi materiali, programmatico-funzionali, bioclimatici, tecnico-strutturali…
In tal senso ho creato delle para-architetture – pitture quasi o immaginariamente abitabili, di vuoto metafisico e che si trovano in un territorio di confine fra pittura, scultura e architettura. Queste opere esplorano intenzionalmente la relazione con lo spazio-limite, il tema della soglia come confinedi separazione, unione e trasposizione metafisica. Nella Chiesa di Albergaria dos Fusos (1989), con Vitor Figueiredo, abbiamo esplorato il tema della metafisica della luce, attraverso un meccanismo di occultazione prodotto nella sezione dell’edificio che la fa entrare direttamente per riflesso. Nel piccolo tempio voltato a pianta quadrata centrale, la cupola quadripartita è appoggiata su quattro pilastri ed è mediata da una lanterna circolare che la fa fluttuare occultando l’origine della luce all’interno, come manifestazione simbolica di una Assenza Presente.
Un altro tema della pittura intenzionalmente trasferita all’architettura è il progetto della Cappella Mortuaria di Vila de Frades (1997), con Yago Bonet e Cristina Mantas. Il rituale della passeggiata trascendente rappresenta il motivo principale, nella successione di spazi, attraverso il Requiemdi Mozart, tradotto in bucature luminose. Nelle facciate
longitudinali si riproduce il cammino del viaggio dell’anima, a partire dalla trasposizione di due dipinti all’opera architettonica: labirinto e corridoio di luce. L’inizio del viaggio è segnato da un labirinto che culmina in un quadrato vuoto e buio che simbolizza la traiettoria della vita fino alla morte, secondo l’orientamento a ponente e, nella parete opposta, sorge un corridoio in tromp-l’oeil che culmina in una bucatura luminosa costituita da una finestra situata ad oriente, che
simbolizza il mistero oltre la morte.

Tríptico, Porta de Santiago I, técnica mista e espelho
sobre tela, 2001 (1.00 x 1.60 m)
Tríptico, Porta de Santiago II, técnica mista e espelho
sobre tela, 2001 (1.00 x 1.60 m)
Tríptico, Porta de Santiago III, técnica mista e espelho
sobre tela, 2001 (1.00 x 1.60 m)

Fra le trasposizioni concettuali metaforiche c’è il progetto per la Scuola da Ameijeira em Lagos (2000), la cui ispirazione scaturisce dalle annotazioni musicali di Brian Eno nella partitura di Neroli, convertite in ritmi di bucature luminose nel corridoio curvo che contorna il patio interno, intorno al quale si dispone l’edificio. Come è noto, sono molteplici le relazioni fra la musica e l’architettura: dal comune lessico – composizione, scala, ritmo, armonia … – al fatto che entrambe sono arti del limite, che conformano ambienti, come ha riconosciuto Eugenio Trias.
Infine, tornando alle para-architetture/pitture, immaginariamente abitabili, dell’elogio al vuoto, esse esplorano intenzionalmente la relazione
con lo spazio-limite come soglia di separazione, unione e trasposizione metafisica.
As Portas de Santiago (2002), nelle diverse versioni; i Portais I, II e III (2003) e i polittici, costituiti da colori industriali ossidabili su tela cruda, rappresentano una composizione irregolare di uno spazio architettonico. Il tema del limite è trattato anche nei trittici con i poliedri platonici pieni che si aprono, dalla materia più fenomenica costituita da polvere di marmo, ai poliedri più eterei, alla maniera di Leonardo da Vinci. Sono, questi, temi che continuo a indagare nel mio studio e che costituiscono spazi di vuoto e di assenza.

(Traduzione dal portoghese di Maria Cristina De Cicco)

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Archeoclub d’Italia
movimento di opinione pubblica
al servizio dei beni culturali e ambientali

 

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