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Essere felici in una baita
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Aspettando il Festival estivo di Montreux parliamo di Jazz
Genere musicale nato negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. Poiché già in origine il jazz si frammentò in numerosi stili diversi, più che una singola definizione è possibile avanzare qualche generalizzazione. Il jazzista improvvisa all’interno delle convenzioni dello stile adottato. Di norma, l’improvvisazione segue il giro armonico di una canzone preesistente o di una composizione originale. I musicisti imitano gli stili vocali dei cantanti, con l’uso di glissando e slide, sfumature di altezza (come le cosiddette "blue notes", le note leggermente bemollizzate nella scala del blues), e altri effetti. Il ritmo è caratterizzato dall’uso costante del sincopato (con accenti in posizioni impreviste) e dallo "swing": una sensazione di spinta trascinante dovuta al fatto che la melodia viene percepita ora insieme ora leggermente sfasata rispetto all’attesa scansione della misura. Le partiture scritte, quando ci sono, fungono meramente da guida, fornendo la struttura in cui inserire l’improvvisazione. La strumentazione tipica ha come nucleo una sezione ritmica costituita da pianoforte, contrabbasso, batteria e a volte chitarra, alla quale si può aggiungere la più grande varietà di strumenti. Nelle grandi orchestre, i fiati sono raggruppati in tre sezioni: sassofoni, tromboni e trombe. Il jazz si basa sul principio che alla progressione di accordi di qualsiasi canzone si può adattare un numero infinito di melodie. Il musicista improvvisa nuove melodie che rispondono a quel giro armonico, il quale viene ripetuto a ogni intervento di un nuovo solista. I modelli formali più frequenti sono quelli del song e del blues. Il primo ha la forma AABA, e consiste abitualmente in trentadue battute suddivise in quattro sezioni da otto battute; la seconda forma è quella del blues, in dodici battute. A differenza del song, il blues ha un giro armonico abbastanza standardizzato in mi-la.
Tra le montagne svizzere sopra Montreux
Una casa del ‘700, abbandonata da decenni, risorge a nuova vita grazie all’impegno di una giovane signora, nata in quei luoghi, che la riempie di colore.
Acquistare oggi una casa alpina del ‘700 con facciata dipinta è un’impresa quasi disperata; è dagli anni ‘80 che sono diventate introvabili sul mercato immobiliare. Janine Mottier, forse per il fatto che in queste valli c’è nata, è riuscita ad averne una datata 1792 (vedi la trave qui a destra), proprio l’anno in cui fu proclamata l’eguaglianza politica di tutti i cittadini. La casa era vincolata dalle Belle Arti e il primo passo obbligato era quello di restaurarla con criteri rigorosamente conservativi, un impegno che è durato un anno.
Tra le putrelle che legano i muri è stato posto un cristallo satinato.
E’ seguito l’arredamento, che si è inserito in punta di piedi in uno spazio storico pienamente rispettato, cercando di utilizzare vecchi mobili della zona e personalizzando gli spazi con colori decisi e particolari come il rosa antico, il giallo zabaglione e il verde limone. Il risultato è fresco, disinvolto, accogliente e soprattutto giovane: gli si può perdonare qualche ingenuità.
Non potendo costruire una cucina in muratura per via dei vincoli, ci si è rivolti al gesso con ottimi risultati. Sempre in gesso, sono le due nicchie ad arco sopra al piano di lavoro.
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