Il tesoro di S. Pietro in BolognaLe vesti più preziose

Tratto da:
Chiesa Oggi 46
Architettura e Comunicazione
Museum
Genius Loci n°20

IL TESORO DI SAN PIETRO IN BOLOGNA

 

Manifattura di Lione. Pianeta (prima metà del sec. XVIII). Seta broccata in filo d’argento e di seta policroma. Il fondo di seta gialla è lavorato a opera lucida a regolari fila verticali di piccole losanghe.

Manifattura bolognese. Pianeta (apparato in terzo). (Sec. XIX – 1895). Seta ricamata in filo d’oro. Il ricamo d’oro sviluppa un unico motivo di ampi girali ad andamento verticale, con uscite di fiori e aggetti di foglie, eseguiti con filati diversi e varietà di punti, su fondo di seta nera.


LE VESTI PIÙ PREZIOSE

Il Tesoro della Cattedrale bolognese raccoglie oggetti di carattere liturgico che gli Arcivescovi della città nel corso dei secoli hanno lasciato a testimonianza della loro opera pastorale. Di particolare importanza è stato il contributo del papa Benedetto XIV (1740-1758), il bolognese Prospero Lambertini che, “pontefice singolarmente attento e propenso al problema delle attività artistiche”, come scrive Andrea Emiliani, Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Bologna,“non dimenticò mai la sua città natale.”

Tra gli innumerevoli oggetti preziosi raccolti nel Tesoro, spiccano i paramenti liturgici che con i loro colori ravvivano lo spazio celebrativo, oltre che segnare i diversi tempi liturgici. La ricchezza del ricamo conferisce alle pianete una particolare preziosità. Alle variazioni cromatiche si uniscono disegni, ornati, stemmi gentilizi che parlano di un minuzioso lavoro paziente che di per sé si trasforma in un inno alle capacità creative e alla dedizione.Tra i diversi oggetti conservati in un museo, i tessuti sono quelli che più facilmente deperiscono. Considerata arte minore, quella tessile molte volte non è privilegiata con lo stesso livello di attenzione riservato all’architettura, alla pittura e alla scultura. Eppure il significato dell’azione liturgica non può che essere arricchito dalla dignità che trasmettono queste vesti così curate, rifinite, perfette. Ogni oggetto del Tesoro della Cattedrale rimanda a un Vescovo che l’ha posseduto e usato.Tra coloro che hanno lasciato arredi tessili di particolare pregio si ricorda il nome di Alessandro Ludovisi, arcivescovo dal 1612, cardinale dal 1616 e dal 1621 pontefice col nome di Gregorio XIII. I finissimi paramenti intessono sui fondi colorati lo stemma del casato Ludovisi, prima e dopo l’elezione al trono di Pietro, quando la Cattedrale continua a essere oggetto di donazioni: agli stilemi decorativi di eleganza ancora cinquecentesca si intrecciano anche le insegne pontifice. Altrettanto individuabili e raffinati, sono gli arredi contrassegnati dal drago alato dei Boncompagni, prima del cardinale Girolamo, successivamente di suo nipote Ludovico, che aggiunge talora lo stemma con le tre caraffe che rimanda a Innocenzo II, Pignatelli Carafa.

A Giacomo Boncompagni seguì il cardinale Prospero Lambertini, assurto al soglio pontificio come Benedetto XIV. Il nucleo più corposo del Tesoro della Cattedrale si associa al suo nome e porta scritto a chiare lettere il legame affettivo che univa il pontefice alla sua città. Con Benedetto XIV costanti furono le spedizioni da Roma alla Cattedrale di San Pietro in Bologna, come testimoniano gli arredi ancora conservati e preservati dalle spoliazioni diversamente targate che cominciarono nel 1796, con l’arrivo a Bologna dei Francesi. Oltre a donare oggetti alla sua chiesa bolognese, Benedetto XIV si occupò che questi venissero ben conservati e inventariati; richiese anche che venissero costruiti appositi armadi per la loro conservazione. Bologna ha una lunga tradizione artigianale, la cui abilità e fama ben presto si estese al di fuori dei confini cittadini e regionali, fuori del paese. Per quanto attiene alle fabbriche dei tessili, tutta una serie di manifatture si trovava lungo i canali.

La canapa ma sopratutto la seta bolognese erano richiestissime anche all’estero. E’ nota, sin dal Seicento, la fiera dei ‘folicelli’, cioè dei bozzoli da seta che si teneva fra la parte posteriore di San Petronio e il Paviglione. Rigide norme a tutela dei compratori, ma anche della corporazione, regolamentavano la produzione e la vendita dei bozzoli, sottoposti a prassi di lavorazione minutamente prescritte e testimoniate dalle restituzioni pittoriche. Nel prezioso nucleo tessile conservato nella Cattedrale, ai ricchi broccati si alternano i paramenti ricamati, fastose decorazioni tipiche del tempo riempiono a gran rilievo e for ti spessori dei sontuosi tessuti d’oro e di argento, sui fondi rossi, viola, bianchi, verdi e rosa: opera speciale, questa, degli esperti tintori. Proprio l’importanza dei tessuti e dei loro ricami risalta con forza nelle opere pittoriche, dove la dettagliata descrizione del decoro di un tappeto, di una tovaglia o del risvolto di un piviale assume una valenza determinante nella composizione.

Un artista come Guido Reni, che si cita come esemplare dell’arte bolognese, eseguiva studi approfonditi con modelli e manichini, per studiare la caduta delle pieghe e i bagliori e le ombre sollecitati dai tessuti. L’ornato dei tessuti è a sua volta disegnato da abili ar tisti. Disegnatori sono specializzati a stendere i complessi motivi che utilizzano tutti gli stilemi decorativi coevi, in un continuo superamento inventivo che complica le trame e su un ordito principale intreccia innumerevoli variazioni, raggiungendo il massimo della ideatività nel Settecento rococò, che riesce così a essere più complesso e capzioso del secolo barocco per antonomasia. Stuoli di ‘zitelle’ e di monache e di lavoranti dedicano mesi e anni, a Bologna come a Roma, come ovunque esistano centri manufatturieri, dentro le botteghe o nella solitudine dei conventi, a restituire mirabilmente, quasi in un cesello, quasi una pittura a punta di pennello, le estrose creazioni, in un tripudio di ori e di argenti e di sete policrome. Di qualche rara ricamatrice si è tramandato il nome, per la maggior parte sono scivolate in un anonimato immemore e immeritato. Le abilità artigianali furono gravemente danneggiate, e con esse la capacità di creazione artistica da riversare sui tessuti, a seguito degli impedimenti posti al commercio durante l’epoca napoleonica. La rinascita dell’artigianato del tessuto e del ricamo fu promossa in Bologna alla fine dell’800 dalla contessa Lina Cavazza Bianconcini, che radunò ricamatrici e merlettaie abilissime, che a Bologna non mancavano, come non mancavano gli antichi e nobilli trascurati lavori d’ago che potevano servire di esempio. Così rinacque l’arte del tessere e ricamare. Oggi questi paramenti richiedono un’adeguata opera di conservazione.

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