Il punto di vista dello studente sul Master di Architettura


L’Arch. Paola Renzetti opera nel campo dell’architettura per il culto e ha curato diversi restauri di chiese nella diocesi di Pescara-Penne, dove collabora anche al corso postlaurea che si svolge sotto gli auspici congiunti della Chiesa e dell’Università. Sta seguendo il Master patrocinato dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.

Quale l’aspetto che maggiormente l’ha colpita?

Il rapporto sacro-profano esaminato nel corso ci porta alla comprensione del "senso religioso", ci fa "critici" della produzione architettonica contemporanea, come può esserlo chi guarda alla chiesa come luogo entro il quale non solo si svolgono i riti, ma in cui si conserva la loro attiva memoria in forma di testimonianza. Il corso ci fornisce i mezzi
per creare quello spazio sacro "dove Egli dimora". Intendo che il senso del sacro è il sesto senso che occorre nutrire per intervenire in qualsiasi aspetto della chiesa edificio: dalla progettazione alla conservazione, all’adeguamento.

Quindi il tema del "sacro" è centrale nel corso…

Qual è il sacro oggi, come si è tramandato fino a noi, quanto sacro c’è: sono alcune domande a cui rispondono le lezioni. Penso che oggi abbiamo un disperato bisogno di sacro, e ognuno a proprio modo tenta di costruirselo come può: un rockettaro con le sue metafisiche rappresentazioni, un architetto con i suoi esercizi stilistici. Ma in che modo
qualificare il sacro in senso cristiano? È un problema che non si risolve in due battute: occorre una lunga preparazione. E non s’impara mai tutto: ma qui si è imparato molto dell’arte sacra e del superamento dello scollamento tra "religioso" e "sacro".

Che cosa vi attendete, voi partecipanti, quanto a risultati del corso per il vostro lavoro?

Mai iscriversi a questi corsi con precise aspettative: si svilirebbe il significato e l’obiettivo culturale, che sono gli aspetti principali. Parteciparvi è ascoltare, apprendere, condividere e tanto più si è presenti, tanto più si è pronti per essere fuori, nella realtà di cui abbiamo parlato nel corso e nelle occasioni che la vita offre al nostro sapere. Gli insegnamenti
ricevuti sono per noi delle occasioni irripetibili, bisogna saperle cogliere e penso che l’uso che se ne farà sarà assolutamente personale. Chi collabora o collaborerà con la propria Diocesi, potrà avere una migliore comprensione del proprio lavoro. Ma per chiunque sarà stato anzitutto un momento di crescita personale.

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