Il progetto come invito alla condivisione

Milano: così si procede per le nuove architetture

Mons. Gianfranco Poma, Presidente della Commissione per le Nuove Chiese dell’Arcidiocesi ambrosiana: «Dalla compilazione del bando di concorso, alla definitiva conclusione dell’opera, accompagnamo tutto l’iter per la realizzazione delle nuove opere, dando speciale rilevanza alla collaborazione tra le diverse competenze coinvolte».

“L’evento della progettazione e delle eventuali integrazioni di una nuova chiesa, mette in gioco una responsabilità
che non può essere solitariamente sostenuta da una comunità isolata. Esso domanda una stagione preparatoria
di respiro ampio”: così ha scritto Mons. Gianfanco Poma nell’introdurre il “vademecum” preparato dalla Chiesa ambrosiana “L’edificio-chiesa: orientamenti e percorsi per costruirlo”. Una pubblicazione illuminata dal testo del discorso che pronunciò il Card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, nell’occasione del convegno sulle “nuove chiese” svoltosi nel novembre 2003. L’arcivescovo poneva tre priorità: coltivare in tutti gli operatori chiamati al progetto, sia il “desiderio di conoscere la grande lezione di sapienza simbolicospirituale che si è manifestata nei secoli attorno all’edificio- chiesa, sia il significato delle innovazioni dei linguaggi” delle arti e dell’architettura; ridare la parola
alla comunità committente; far sì che le diverse competenze chiamate a operare “affrontino in modo collegiale il lavoro” e che si privilegi lo strumento del concorso per l’individuazione dei progetti.

La Commissione diocesana per le Nuove Chiese, che è composta, oltre al Presidente, dal teologo Pierangelo Sequeri, dal liturgista Don Claudio Magnoli, dal docente dell’Accademia di Brera Andrea del Guercio, da Gianni Ottolini del Politecnico di Milano, ha il compito di attuare questo programma.
Mons. Poma ci spieghi gli scopi della Commissione…

A Milano abbiamo chiese nuove di grande valore. Queste realizzazioni, molto interessanti sotto il profilo liturgico-simbolico, in certi casi presentano, già pochi decenni dopo la loro edificazione, problemi non indifferenti di conservazione che aggravano la comunità di spese notevoli. Non spetta alla nostra Commissione occuparsi di queste opere di mantenimento, ma tra i nostri compiti c’è anche quello di vegliare affinché le chiese che si costruiscono ora abbiano da un lato un valore architettonico paragonabile a quello dei migliori esiti contemporanei, ma garantiscano anche durata nel tempo, con costi di manutenzione ragionevoli. La Commissione, da quando una comunità parrocchiale decide un intervento architettonico finalizzato alla costruzione di una nuova chiesa o alla modifica di una chiesa esistente, accompagna l’iter che porta alla completa realizzazione dell’opera: dalla qualità architettonica alla realizzabilità pratica, alla formazione della sensibilità degli operatori (attraverso incontri, discussioni, confronti). Partiamo dalle indicazioni per la compilazione del bando di concorso, per arrivare alla felice metabolizzazione di un’immaginazione e progettazione che
porti tutti gli attori in causa (la comunità, il parroco, i tecnici coinvolti) nell’atteggiamento di condivisione e di reciproco ascolto: l’unico dal quale può scaturire una collaborazione autenticamente fruttuosa.

Quale il problema maggiore che affrontate?
Non vi sono percorsi curricolari che mettono le diverse competenze in grado di collaborare: il rischio quindi, è che subentrino incomprensioni e prevalgano inerzie “corporative”: per esempio tra il parroco e i progettisti o gli artisti, che spesso parlano linguaggi diversi e partono da punti di vista lontani. A lungo termine cercheremo di far sì che le
diverse figure coinvolte abbiano una maggiore capacità di interloquire, operando nelle sedi adatte, quali la facoltà di architettura, le scuole d’arte, le facoltà di teologia, i seminari, ecc. Quando sono stato incaricato di presiedere
questa commissione, sulla base della mia precedente esperienza di rettore del Seminario diocesano ho subito pensato che avrei dovuto fare da ponte per favorire il dialogo. In questa direzione si sta muovendo la commissione.

Il progetto di Zucchi, vincitore del primo concorso.

Come procedete per i concorsi?
In genere si invitano quattro gruppi. La giuria si compone del parroco e uno o due altri rappresentanti della comunità, vi sono poi tre architetti che rappresentano competenze complementari (uno storico, uno specialista in composizione
architettonica, un urbanista), un liturgista, un artista di chiara fama, un esponente della cultura.

Quanti concorsi avete curato sinora?
Da quando esiste la Commissione, cioè dal 2001, due. Il primo per una chiesa a Sesto S. Giovanni, vinto da Zucchi; il secondo per una chiesa in via Missaglia, vinto dal gruppo diretto da Angelo Torricelli.

E come garantite la preparazione dei progettisti?
Cerchiamo di selezionare persone che abbiano una certa esperienza curricolare e comunque, come stabilisce un articolo del bando standard, i progettisti selezionati sono invitati a uno o più seminari introduttivi. Si richiede inoltre che i gruppi partecipanti includano anche esperti di illuminotecnica, di acustica e di comfort ambientale, un artista, un liturgista.

E qual è la sua idea di chiesa?
Uno spazio che non si restringa nella definizione di “sacro”, nozione che può contenere sempre qualcosa di ambiguo. Il sacro cristiano dev’essere bello e amichevole. La chiesa non dev’essere un monumento o una lapide che splende nelle tenebre, bensì qualcosa che inviti alla condivisione e che sia radicata nel territorio, qualcosa che prefiguri la comunità celeste. Quindi la penso dotata di soglie che svolgano una funzionepropedeutica, e che realizzino l’idea di chiesa come spazio di transizione, di un ingresso che parli anche a chi sta fuori dalla chiesa, che dimostri ospitalità anche a chi non si sente oggi parte della comunità cristiana. Immagino una chiesa che parli col linguaggio cristiano sottolineandone
la “inedita” benevolenza, che sia un vero “luogo” in questa città di oggi, piena di non-luoghi. Un luogo che aiuti la ricerca del senso e della comunione. Credo non si debbano dare indicazioni tipologiche: nella storia della Chiesa abbiamo visto
le più svariate soluzioni di tipo basilicale, a croce latina, a pianta centrale, tutte egualmente adatte. Quello che conta nell’edificio chiesa è la capacità evocativa dello specifico cristiano: l’ assemblea, l’eucaristia, i percorsi da una sacramento all’altro, il sostare positivo e riconciliante.

(L.Servadio)

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