Il premio inglese dei giardini

a colloquio con Emanuele Bortolotti il primo vincitore italiano a Chelsea
ntervista di Walter Pagliero

Qui sopra, il progetto italiano che ha vinto il terzo premio.
Agli inglesi è piaciuta la rivisitazione di un giardino napoletano del ‘700.

Come è riuscito a vincere al concorso inglese più esclusivo del mondo? Il Chelsea Flower Show, organizzato dalla Royal Horticultural Society, seleziona progetti sul tema giardino e li premia per l’interesse dell’interpretazione o per le qualità botaniche. Non risulta che un italiano vi avesse mai partecipato, essendo un luogo di confronto di trandizione anglosassone, Commonwealth incluso. Io ero stato invitato a parteciparvi dall’Associazione Grandi Giardini Italiani (fondata dall’inglese Judith Bernardi) che promuove l’apertura al pubblico dei giardini privati in Italia, e ho potuto farmi sponsorizzare dalla ditta di scarpe inglesi “Church”, cioè da Prada che ne è l’attuale proprietario. Così in autunno ho potuto fare un progetto che ho sottoposto all’esame della commissione selezionatrice che ha dato parere favorevole.
Che tipo di progetto era?
Doveva necessariamente rappresentare il giardino italiano; ma ho scartato subito l’idea del giardino classico, quello toscano, perché lo conoscono tutti benissimo e viene realizzato anche in Inghilterra. Allora ho pensato al giardino più “mediterraneo” dell’Italia del Sud, in particolare a quello napoletano del ‘700, sia perché tratta di una tradizione davvero fulgida e poi perché il famoso “grand tour” di chi veniva dai paesi d’oltralpe iniziava proprio a Napoli. Il giardino napoletano non era solo di piante, ma anche di oggetti che contribuivano in larga misura a creare il premio inglese dei giardini una particolare atmosfera. Questo poteva aiutarmi, perché dal punto di vista botanico era difficile competere con gli inglesi che oltretutto giocavano in casa. Quindi mi sono ispirato al famoso chiostro di Santa Chiara di metà ‘700 e ho inserito nel mio progetto (avevo a disposizione solo un piccolo angolo) alcuni di quei materiali tipicamente napoletani, come le panche in maiolica e le colonne in cotto che reggono un pergolino in castagno tenuto insieme da legacci di paglia come si usava una volta, mentre sullo sfondo ho costruito una spalliera di agrumi usati come rampicanti. Per terra ho messo due grandi piante di cedro in vaso, un monumentale orcio in rame con all’interno delle felci (tra cui una molto rara) e ho completato con un tappeto di iris. Quello che ha colpito gli Inglesi è stata l’esuberanza del colore e la ricchezza delle presenze materiche.

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