Nei numeri scorsi di CHIESA OGGI architettura e comunicazione abbiamo pubblicato alcuni autorevoli interventi riguardo alla conformazione dello spazio liturgico postconciliare. Don Adolfo Lafuente, responsabile dei Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Madrid, ha riferito come a seguito di un vasto dibattito nella sua Diocesi si sia formata la convinzione che per l’aula delle chiese nuove sia raccomandabile una conformazione basilicale che consenta una disposizione a ventaglio dell’assemblea (cfr. CHIESA OGGI architettura e comunicazione n° 45). L’architetto Glauco Gresleri ha risposto alle argomentazioni di Don Lafuente in un intervento pubblicato su CHIESA OGGI architettura e comunicazione n° 47. Qual è il senso dello spazio basilicale realizzato nelle nuove chiese? Lo spazio celebrativo secondo la riforma liturgica appare come uno spazio complesso… Nell’immaginazione di molti, lo spazio celebrativo sembra conglobare le sole possibilità liturgiche per una celebrazione eucaristica. Pur essendo la celebrazione eucaristica culmine e fonte della vita della Chiesa, lo spazio celebrativo, lungo i secoli ha conosciuto altri luoghi, all’interno dello stesso invaso, per celebrare e pregare. Il battistero per esempio dev’essere un luogo adatto ad accogliere un piccolo gruppo che, dopo aver partecipato alla celebrazione della parola attorno all’ambone, può proseguire il rito attorno al fonte battesimale. Si potrebbe dire lo stesso per le celebrazioni comunitarie della penitenza che presuppongono l’aula ecclesiale e altri luoghi per la confessione personale. Se tutto questo può essere assicurato da un impianto basilicale, detto impianto corrisponde alle esigenze dell’agire liturgico. Il punto è questo: non si parte dal tema architettonico tipologico, bensì da che cosa si celebra, da chi celebra e da come si celebra. Bisogna partire dall’azione liturgica e su questa modellare lo spazio in pluralità di luoghi in vista della attiva, consapevole partecipazione ai misteri del popolo regale, sacerdotale, profetico. Riproporre oggi la basilica come unica forma spaziale mi pare alquanto inopportuno. Operazione non semplice… Per nulla semplice. Ho avuto occasione di seguire alcuni professionisti che hanno stilato progetti di chiese. E’ interessante notare come il modello tridentino continui a influire sulla formulazione dei progetti: come alcuni sembrino preoccuparsi in primo luogo di dove collocare la Via Crucis – che può trovar spazio anche all’esterno della chiesa – invece di seguire la gerarchia delle azioni liturgiche attorno alle quali va conformata l’aula. D’altro canto anche in uno spazio basilicale esistente l’assemblea può disporsi attorno all’altare… Ho sempre pensato che i grandi transetti permettano oggi un adeguamento intelligente, che recuperi l’attenzione focale attorno all’altare e all’ambone e che realizzi un’assemblea veramente di “circumstantes”. Anche se riproporre oggi la basilica come unica forma spaziale mi pare alquanto inopportuno e controproducente. La committenza, gli architetti, gli artisti e gli esperti liturgisti debbono aver la pazienza di ponderare con sapienza il luogo dove deve sorgere la domus ecclesiae, con il coinvolgimento, nel possibile, dei fedeli, e alla luce di ciò che abbiamo detto prima, trovare un’architettura adeguata e nel possibile risplendente di “venustas”. C’è chi, nel solco della scelta della basilica romana intesa come spazio pubblico di uso corrente, oggi propone spazi simili a quelli del palazzetto dello sport…
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