Il luogo dei Re

Nei numeri scorsi di CHIESA OGGI architettura e comunicazione abbiamo pubblicato alcuni autorevoli interventi riguardo alla conformazione dello spazio liturgico postconciliare. Don Adolfo Lafuente, responsabile dei Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Madrid, ha riferito come a seguito di un vasto dibattito nella sua Diocesi si sia formata la convinzione che per l’aula delle chiese nuove sia raccomandabile una conformazione basilicale che consenta una disposizione a ventaglio dell’assemblea (cfr. CHIESA OGGI architettura e comunicazione n° 45). L’architetto Glauco Gresleri ha risposto alle argomentazioni di Don Lafuente in un intervento pubblicato su CHIESA OGGI architettura e comunicazione n° 47.
Sullo stesso argomento, pubblichiamo in queste pagine due interventi: qui sotto un’intervista del P. Prof. Silvano Maggiani, Presidente dell’Associazione Professori e Cultori di Liturgia e nella pagina successiva, una lettera dell’architetto Paolo Favole.

Qual è il senso dello spazio basilicale realizzato nelle nuove chiese?
Mi rifaccio a quanto riferito dall’architetto Glauco Gresleri, che al proposito citava il volume di Mons. Crispino Valenziano, “Architetti di Chiese”. Che cosa dice Valenziano? Egli afferma che ogni chiesa è basilica in quanto luogo in cui si raduna il popolo regale, sacerdotale e profetico, il popolo la cui realtà è epifanizzata dal tempo-spazio delle celebrazioni. Cito Valenziano: “Nobiltà di forma, segno di trascendenza, icone della sintassi – da synago, ‘convoco per, metto insieme per immagine dei fedeli convocati e messi assieme per l’azione del sacerdozio regale, è appunto ciò che io insisto nell’indicare unitariamete come qualità ‘basilicale’ (“Architetti di Chiese”, pag. 101, Palermo, 1995). Occorre comprendere bene come gioca Valenziano sul concetto basilicale. La costruzione basilicale costituisce un grande passagio di appropriazione del luogo di raduno, del luogo pubblico. I cristiani passarono dalla domus ecclesiae alla basilica perché, scegliendo la basilica, cioè il luogo delle riunioni pubbliche, evitavano di entrare in conflitto con quello che allora era considerato l’edificio religioso, il tempio romano. Ma Valenziano, al di là di questo, ripropone il discorso di base. Il punto è questo: non si tratta semplicemente del radunarsi, ma del radunarsi nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito per partecipare a un’azione tipica del fatto cristiano e del radunarsi di battezzati che, in forza dell’iniziazione cristiana, sono popolo santo. Per il cristiano non è tanto importante il passaggio dal non radunarsi a un radunarsi qualsiasi, ma una volta convocato in assemblea, essere presente per partecipare al dono che viene celebrato. In questo senso il convocare non può privilegiare un unico “modello” architettonico per l’edificio di culto.

Lo spazio celebrativo secondo la riforma liturgica appare come uno spazio complesso… Nell’immaginazione di molti, lo spazio celebrativo sembra conglobare le sole possibilità liturgiche per una celebrazione eucaristica. Pur essendo la celebrazione eucaristica culmine e fonte della vita della Chiesa, lo spazio celebrativo, lungo i secoli ha conosciuto altri luoghi, all’interno dello stesso invaso, per celebrare e pregare. Il battistero per esempio dev’essere un luogo adatto ad accogliere un piccolo gruppo che, dopo aver partecipato alla celebrazione della parola attorno all’ambone, può proseguire il rito attorno al fonte battesimale. Si potrebbe dire lo stesso per le celebrazioni comunitarie della penitenza che presuppongono l’aula ecclesiale e altri luoghi per la confessione personale. Se tutto questo può essere assicurato da un impianto basilicale, detto impianto corrisponde alle esigenze dell’agire liturgico. Il punto è questo: non si parte dal tema architettonico tipologico, bensì da che cosa si celebra, da chi celebra e da come si celebra. Bisogna partire dall’azione liturgica e su questa modellare lo spazio in pluralità di luoghi in vista della attiva, consapevole partecipazione ai misteri del popolo regale, sacerdotale, profetico.

Riproporre oggi la basilica come unica forma spaziale mi pare alquanto inopportuno.

Operazione non semplice… Per nulla semplice. Ho avuto occasione di seguire alcuni professionisti che hanno stilato progetti di chiese. E’ interessante notare come il modello tridentino continui a influire sulla formulazione dei progetti: come alcuni sembrino preoccuparsi in primo luogo di dove collocare la Via Crucis – che può trovar spazio anche all’esterno della chiesa – invece di seguire la gerarchia delle azioni liturgiche attorno alle quali va conformata l’aula. D’altro canto anche in uno spazio basilicale esistente l’assemblea può disporsi attorno all’altare… Ho sempre pensato che i grandi transetti permettano oggi un adeguamento intelligente, che recuperi l’attenzione focale attorno all’altare e all’ambone e che realizzi un’assemblea veramente di “circumstantes”. Anche se riproporre oggi la basilica come unica forma spaziale mi pare alquanto inopportuno e controproducente. La committenza, gli architetti, gli artisti e gli esperti liturgisti debbono aver la pazienza di ponderare con sapienza il luogo dove deve sorgere la domus ecclesiae, con il coinvolgimento, nel possibile, dei fedeli, e alla luce di ciò che abbiamo detto prima, trovare un’architettura adeguata e nel possibile risplendente di “venustas”.

C’è chi, nel solco della scelta della basilica romana intesa come spazio pubblico di uso corrente, oggi propone spazi simili a quelli del palazzetto dello sport…
È un esempio di come non bisogna procedere: non bisogna partire da un modello prestabilito architettonicamente. Bisogna partire da quel che si fa. Nel palazzetto dello sport si va per vedere e per essere visti. Nell’aula celebrativa si entra perché l’assemblea veda e partecipi al mistero. Se non si parte dall’azione liturgica avvengono cose stranissime. Come per esempio progetti di chiese nei quali manca l’altare. Un bell’esempio di spazio liturgico realizzato proprio come luogo dell’azione liturgica, è la cappella della Casa dello Studente di Pordenone, progettata da Glauco Gresleri (v. CHIESA OGGI architettura e comunicazione n° 5). Oggi occorre comprendere bene come l’assemblea sia il soggetto celebrante, alla luce di una ecclesiologia di comunione e alla luce del movimento cristologico trinitario proprio di ogni celebrazione liturgica (dal Padre, per Cristo, in Spirito Santo, al Padre), come l’assemblea sia soggetto celebrante attivo e nello stesso tempo, in riferimento allo Spirito, passivo (si celebra “inSpirito Santo”). E’ chiaro che l’assemblea celebrante è sempre una ma, in virtù della iniziazione cristiana, è abilitata a celebrare non solo i sacramentali, la liturgia oraria, ma chiaramente tutti i sacramenti.

 

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