Il cioccolato

Tratto da:
Cucina bella e buona N°75
Il cioccolato
 

Un peccato di gola che fa bene al cuore

Furono gli Aztechi a far conoscere l’uso del cacao agli invasori spagnoli. Secondo la mitologia azteca era stato Quetzacoatl, il giardiniere degli dei, a sottrarre quei semi ai suoi padroni per donarli agli uomini che impararono a fare la bevanda preferita dagli dei: una miscela energetica e afrodisiaca che chiamarono "chocolat".

Il primo europeo a venire in contatto con una cioccolata fumante fu proprio Cristoforo Colombo che nel 1503, quando sbarcò nella piccola isola di Guanaga, sul diario di bordo scrisse di certi semi sconosciuti in Europa che qui venivano usati come moneta di scambio e la cui farina, mescolata all’acqua e alle spezie, dava una bevanda amara bevuta dagli indigeni. Ma la cioccolata senza zucchero non gli piacque e non ne fece nulla. Però i semi di cacao vennero usati per gli scambi e sappiamo che dieci anni dopo un nobile spagnolo, Hernando de Oviedo y Valdez, per sole cento fave di questa pianta si era comprato un giovane schiavo. Sempre per sfruttare il suo valore monetario il conquistatore del Messico Hernando Cortes, poco dopo l’invasione del 1519 iniziò a coltivare all’interno delle caserme piante di cacao, ma solo nel 1528 ne portò in Europa alcune fave e gli utensili necessari alla preparazione della divina bevanda. A Madrid, alla ricchissima corte di Carlo V, si creò la prima cioccolata europea che, diversamente da quella usata in America, era dolcificata col miele o con gli zuccheri di frutta. Ma era una cosa da re e non ebbe nessuna diffusione al di fuori della reggia; solo i missionari, impegnati nella conversione al cattolicesimo di milioni di aztechi e di incas, potevano inviare il cacao in Spagna ai loro confratelli per corroboranti cioccolate da bere nei periodi di penitenza “perché ciò che si beve non interrompe il digiuno”. In Francia la cioccolata arriverà solo nel 1615 a seguito delle nozze del re Luigi XIII con una principessa spagnola che vi portò le abitudini della sua corte. Nel 1641 il cacao si diffuse in Germania con Johann Volkammer; nel 1657 arrivò in Inghilterra e in Olanda: da quel momento bere la cioccolata diventò di moda in tutta Europa diffondendosi nei diversi ceti sociali. Dopo il 1670 fece la sua comparsa nei negozi di lusso anche il cioccolato solido, in tavolette o pasticche come da tempo si faceva in Spagna, ma si trattava di un cioccolato estremamente artigianale. Solo un secolo dopo fu costruita la prima fabbrica con criteri industriali, la francese Chocolat Pelletier nata nel 1770; e la lavorazione del cacao divenne completamente meccanizzata solo nel 1815 grazie a un’invenzione dell’olandese Van Houten, la cui ditta omonima è ancora oggi sul mercato.

Già alla fine del ‘600 primeggiava nella produzione di cioccolato in polvere con 350 chilogrammi al giorno, per la maggior parte esportato negli altri paesi europei; ma solo al momento della trasformazione industriale Torino si pose decisamente all’avanguardia con un prodotto di grande successo, la tavoletta solida di cioccolato amaro (del tipo tuttora esistente), grazie all’invenzione da parte del torinese Doret di una macchina per raffinare la pasta di cacao con risultati qualitativi fino ad allora impensabili. Fu per carpire i segreti dell’arte di questi “cioccolatieri” che nei primi anni dell’800 venne a Torino uno svizzero intraprendente, François Louis Cailler, il quale dopo aver appreso tutto aprì in un vecchio mulino di Vevey la prima fabbrica di cioccolato svizzero che porta tuttora il suo nome. Lo seguiranno poco dopo Suchard a Neuchatel (1824), Kohler a Losanna (1831) e Sprüngli a Zurigo (1845). Ma il colpo di grazia per il primato lo diede un dandy figlio di un farmacista, Rodolphe Lindt, che nella sua fabbrichetta cadente di Berna, con dei macchinari acquistati di seconda mano, riuscì a fare un cioccolato solido che non si era mai visto prima, si scioglieva in bocca ed aveva molto più sapore: aveva scoperto il cioccolato “fondente”. Era semplice, bastava raffinare la stessa pasta di cioccolato per tre giorni e tre notti di seguito aggiungendo un po’ di burro di cacao in più; un uovo di Colombo, ma lui l’aveva sperimentato per primo. Questo avvenne nel 1879, in concomitanza col lancio turistico di molte località svizzere, servite per la prima volta da trenini di montagna e da grandi alberghi in stile belle époque. Tutta l’Europa che contava era lì ad oziare e il cioccolato svizzero fondente iniziò alla grande la sua splendida carriera che lo portò in tutto il mondo.

 

Gastronomia creativa
di Luigia Favalli
Quando si pensa al cioccolato vengono subito alla mente mille golosi dessert: tavolette semplici o farcite, praline ripiene, torte nere arricchite da tutti i colori dell’arcobaleno, gelati succulenti, bevande calde o fredde. Dire però che il cioccolato possa comparire solo a fine pranzo o in occasione di prime colazioni e merende é troppo riduttivo.
Ci sono fior di ricette che permettono ai patiti del sapore “al cacao” di infiltrare il loro ingrediente goloso in ogni portata: dalla zuppa al primo di pasta o gnocchi; dallo stufato di carne, pollame o selvaggina al piatto di pesce e frutti di mare; e persino con le verdure per una ricetta…oltre il contorno. D’altra parte cacao e cioccolata giungono storicamente in Europa tra il diciassettesimo e diciottesimo secolo, un momento in cui i signori del tempo gareggiano per lo splendore dei loro pranzi e i cuochi non disdegnano gli ingredienti più strani ed esotici per stupire i commensali. La tavola del Re Sole e le invenzioni gastronomiche di Vatel fanno testo! Molte ricette di primi piatti e di pietanze si arricchiscono cosÏ di uvetta, canditi, spezie e, ovviamente, del nostro cacao o cioccolato che dir si voglia. Abbiamo voluto nelle pagine successive suggerirvi alcune antiche ricette che fanno di questo ingrediente il loro principio ispirativo…buon appettito.

Il cioccolato ci permette di esprimere la nostra fantasia e le nostre capacità in modo ottimale, così inizia a parlarci di Cioccolata Gianfranco Rosso pasticcere e soprattutto cioccolattiere Torinese, una passione, la sua,che risale all’infanzia,essendo nato in Pasticceria. Allievo dei grandi maestri come Renato Scalenghe e Guido Bellissima favolosi decoratori oggi fa parte come fondatore del Consorzio Ciaccolattieri Torinese, nato per ravvivare e attualizzare una tradizione ormai secolare e tradurla in chiave moderna. In questa pagina ammiriamo alcune sue creazioni.

I quattro fondamentali tipi di cioccolata:
Fondente: ad alta percentuale di cacao e leggermente zuccherato. La sua invenzione è opera di Rudulphe Lindt che, nel 1879, sperimenta il “concaggio”, processo di lavorazione che elimina il liquido in eccesso e rende l’impasto morbido e vellutato. Extrafondente di altissima qualità. Al Latte: dal sapore più dolce, nasce nel XIX secolo grazie all’intuizione di Daniel Peter, che aggiunge il latte condensato alla pasta di cacao. Bianco: prodotto solo con la parte “nobile” della pasta di cacao, cioè il “burro di cacao”.

Le quattro origini del buon Cacao sono: Arriba, proviene dal Sud America, poco sopra l’equatore e ha un aroma di spezie; Java cacao indonesiano, dove gli spagnoli esportarono nel 1560 le prime piante di cacao, è una qualità di cioccolato al latte con un pronunciato gusto di caramello; l’isola di Granada dal XVII secolo produce un cioccolato molto raffinato delicato con aromi di fiori e spezie; São Tomé, un’ isola Africana in cui il cacao ha conservato le origini brasiliane intensificandole. Il risultato è un cioccalato nerissimo con un gusto molto potente.

Curiosità al cioccolato

La torta Sacher è forse il dolce al cioccolato più famoso, da decenni prodotto come specialità viennese originale solo presso l’Hotel Sacher, che la vende e spedisce in tutto il mondo. In una lettera, datata 1888 e custodita ancora presso l’illustre albergo, Sacher stesso affermava che la torta era un’invenzione del padre, il quale aveva presentato questo dolce alla tavola del principe Metternich, ben 56 anni prima. La ricetta autentica, da cui si è cercato di trarre numerose varianti, ovviamente, è segreta, sappiamo solo che tra gli ingredienti usati compaiono: rosso d’uovo, zucchero, poca farina, albume montato a neve e …cioccolato!

IN COLLABORAZIONE CON
Che Cavolo di Menù è l’ultimo evento organizzato da “Arte da Mangiare Mangiare Arte” sotto gli splendidi chiostri dell’umanitaria a Milano. In quella occasione abbiamo assistito a un’ incantevole degustazione di vino abbinato alla cioccolata proposto da Giulio Bava, enologo e appassionato di cacao. I vini consigliati sono essenzialmente 2 : il barolo e la grappa. Come mai un produttore di vino, ad un certo punto della sua vita ha deciso di interessarsi al cioccolato? Cioccolato e vino hanno, tra loro, una certa affinità: si potrebbe dire che i due prodotti camminino in parallelo dal momento che entrambi traggono la loro origine dalla terra, hanno una storia, una tradizione…entrambi posseggono un profumo. Proprio quest’ultima caratteristica lega i due beni alla sfera della sensorialità e alla dimensione umana del “piacere”. Ciò che è importante è considerare il vino come un “metodo di lavoro” e, anche in questo caso, il cioccolato possiede il proprio metodo. Quale fascino ha esercitato sulla sua vita e sulla sua professione il cioccolato? Personalmente coltivo il cioccolato come hobbie, come “forma del piacere”….Professionalmente coltivo l’aspetto sociale di questo prodotto che è quello di generare amicizia. Agendo attraverso il gusto, mediante quella sensorialità e dimensione umana del piacere di cui si parlava prima, l’intento è di catturare la gente per la gola. Cioccolato diviene sinonimo di fascino che esercita un’attrazione fatale attraverso la componente eccitante della serotonina contenuta in esso. Comunque il consiglio è mangiare cioccolato extra con percentuale del 60-70 di cacao, quindi meno zucchero e più cacao, per chi volesse concedersi questi momenti di intenso piacere senza compromettere il proprio peso. Da sempre la moderazione è un ottimo metodo, ma 50 gr. al giorno o 5 praline credo possano passare inosservate nella dieta.

Attenzione al Cioccolato transgenico.
Essere consapevoli per vivere meglio.
Tra gli ingredienti del cioccolato in tavoletta c’è quasi sempre la lecitina, gran parte della quale proviene dagli USA e ha subito manipolazioni genetiche per acquisire una maggior resistenza ai pesticidi. A tale proposito riportiamo l’opinione del professor Luciano Pecchiai, patologo ed Emerito Primario dell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano.
Il cioccolato in tavoletta può contenere derivati transgenici della soia?
Sì: l’anno scorso, il Consiglio d’Europa ha consentito la presenza della soia transgenica.
Le etichette del cioccolato in commercio segnalano in modo chiaro la presenza di alimenti transgenici?
No, poichè ciò é consentito dalla legge. Ma possiamo scegliere con maggior sicurezza il cioccolato privo di lecitina o con la dicitura “lecitina biologica”.
Ritiene che il quantitativo di lecitina transgenica contenuto in una tavoletta di cioccolato sia nocivo per l’uomo?
Si, e non é solo una mia opinione: dal 1996 il Consiglio Europeo ha ammesso che un alimento “nuovo” può generare un’intolleranza.
Ma la legge italiana non dovrebbe tutelare i bambini sotto i tre anni dal consumo di elementi transgenici?
Il DP
R 128/99 del Consiglio d’ Europa vieta la somministrazione di alimenti transgenici ai bambini sotto i tre anni e, personalmente, mi sto battendo a livello politico perché le etichette espongano avvertenze chiare.

Dal libro di Fernand Point “Ma gastronomie” (Aulnay sous Boix, 1974)
Riportiamo la ricetta di una grande gastronoma francese, Juliette Vignard:
“Quattro quarti al cioccolato di Juliette” che potrebbe rientrare tra le sopra citate varianti della Sacher. Fondere 125 g di cioccolata con poca acqua, unire 125 g di burro, 125 g di zucchero, 25 g di mandorle sbucciate, 2 tuorli. Battere a neve gli albumi e incorporarli. Imburrare una teglia con foro centrale e versarvi il composto. Cuocere a bagnomaria in forno caldo per 45 minuti. Il dolce sfornato può essere guarnito con una crema Chantilly o al Kirsch.

 

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