Il Camino in casa Curiel.

Arredamento d’interni: Gigliola Curiel, stilista
Località: Milano
Testo: Walter Pagliero
Foto: Athos Lecce

UNA GIOVANE STILISTA MILANESE IN POCO TEMPO HA CREATO UN INTERNO PER LA SUA FAMIGLIA

Qui la fiamma del camino domina e illumina l’elegante soggiorno della stilista milanese Gigliola Curiel, in una casa da lei arredata velocemente (perché il matrimonio incalzava) utilizzando alcuni mobili di famiglia accumulati nel tempo. Anche il camino era già lì, faceva parte dell’appartamento signorile, piuttosto centrale, che si trova accanto al Conservatorio
di Milano. Le è piaciuto così com’era, lo ha circondato con due divanetti incassati (perché adora i divani rientranti delle case tunisine) e lo ha arricchito con gli immancabili alari e con la base di un parascintille per inquadrare decorativamente la fiamma. Sopra e sotto nelle nicchie dei due divanetti ha disposto dei ripiani per i libri, in quanto, come lei dice, “ho cercato di mettere in questo soggiorno tutto quel che mi serviva, senza invadere troppo lo spazio ma facendo in modo che l’insieme risultasse decorativo”. Il resto è composto da divani e piccoli pezzi di antiquariato da lei ricercati ovunque, soprattutto nei mercatini.

GIGLIOLA CURIEL
Gigliola Castellini Curiel è la giovane stilista che dal ‘98 firma una collezione di prêt-àporter col nome “Gigliola Curiel”. È figlia d’arte, sua madre è Raffaella Curiel da anni molto amata nel mondo della moda; ma prima ancora era la nonna Gigliola (aveva il suo stesso nome) a vestire la Milano bene dei tempi della Callas. Quella della giovane Curiel è stata un’educazione “al mestiere” precisa e giudiziosa: dopo essersi diplomata al liceo classico Berchet, negli anni ‘90 si laurea alla Bocconi in Economia Aziendale con la tesi “Dall’alta moda al prêt-à-porter”, ma nello stesso tempo non disdegna di seguire un corso di taglio e cucito, la vera gavetta. Completa la preparazione frequentando la Domus Academy di Milano e il Saint Martins College di Londra. Teoricamente pronta, fa prima pratica con la madre e poi si lancia
nella professione con una propria griffe.

C’è un’affinità tra il modo di arredare di Gigliola Curiel e il suo modo di impostare le collezioni di prêt-à-porter: colori al limite del non colore, qualche tocco di pastello, giusto per la resa materica dei tessuti, attenzione per le simmetrie e le asimmetrie, molto spazio per la memoria in un contesto di modernità.

GIGLIOLA CURIEL

La casa.
“Volete che descriva la nostra casa? Mia, di mio marito, di mia figlia Vittoria e dei nostri cani? Mi è difficile parlare delle emozioni, delle sensazioni e delle armonie che il luogo dove vivo mi regala quotidianamente. Ho nominato tutti gli abitanti perché tutti siamo importanti nell’evoluzione del nostro nido. Al contrario di ciò che accade normalmente, mio marito ha idee molto chiare in proposito: naturalmente sono diverse dalle mie. Non pensavo che anche lui ci mettesse il naso. Fortunatamente del luogo ci siamo innamorati appena l’abbiamo visto, nonostante ci siano spazi e luci
completamente differenti dalle case in cui siamo cresciuti. Quello che abbiamo amato era proprio lo spazio, la luce e il terrazzo… Ogni mattina, quando mi sveglio, vado subito a curare quel piccolo orto che ho sempre sognato!
La nostra casa dovrei descriverla nei suoi contenuti?
È una casa che sembra già vissuta da anni, perché arredata con mobili ed oggetti di famiglia, come l’arazzo e il comò dell’ingresso o la nostra camera da letto. Con collezioni (quadri di fiori e antichi modellini di mobili) che la mamma ha alimentato per me fin dalla mia infanzia, trasmettendomi l’amore per il bello e l’attenzione ai particolari. Io ne ho seguito l’esempio collezionando oggetti scovati ai mercatini, che purtroppo per ragioni di tempo frequento sempre meno. Nel tempo sono riuscita a mettere insieme piccole collezioni di vasetti di fiori (ora in bagno), di vasi déco (nell’ingresso dell’office), di fumetti sui cani, di tessuti antichi (con cui ho rivestito il tavolino del salotto, le poltrone e parte dei divani), di scatole e statue cinesi. Il valore di ogni pezzo varia molto, non varia il legame con i miei ricordi e i miei sogni: a nessuno potrei rinunciare, perché sono parte di me e della mia vita. Ma nulla qui rimane sempre allo stesso posto: è da poco più di un anno che ci abitiamo e la casa si è già trasformata. Basta un raggio di sole più luminoso o una nuvola grigia a fartela immaginare in modo differente. Ogni giorno è diverso e ogni giorno la nostra tana cambia.


”E il camino? “
Il mio rapporto col camino non risale all’infanzia,perché nella casa di allora ce n’era uno solo, molto di rappresentanza, dove i b
ambini non amavano andare. Poi ho abitato in una casa di ringhiera in via Cerva dove i camini erano in ogni stanza, perfino nella mia camera da letto, cosa che ho molto apprezzato.
Ma qui il vero amatore dei camini è mio marito, io sono molto più pigra per quanto riguarda l’accensione, lui invece
quando è stagione li accende tutti i giorni . Il camino del soggiorno lo abbiamo trovato così com’è, con intorno una decorazione in stucco che abbiamo mantenuto perché l’insieme ci è piaciuto.
Amo i camini perché danno armonia, calore, quel tepore familiare che è importante per l’intimità. Amo molto la fiamma come fonte di luce e trovo che le candele accese assieme al camino si fondono bene con l’illuminazione artificiale, umanizzandola.”

Questo camino, in marmo bianco e verde, ha uno stile ispirato al neoclassico di fine ‘700 con l’aggiunta di decorazioni tipiche del tardo ‘800. Tutto il camino si potrebbe far rientrare in quello “stile ghirlanda” che a cavallo del ‘900 ha riproposto le forme decorative del Luigi XVI assottigliandolo e alleggerendolo.

La casa è divisa in due zone sia come funzioni sia come colori: il soggiorno è di gusto più moderno e ha il pavimento in marmo bianco con pareti beige chiaro; le camere invece sono più tradizionali, col pavimento a parquet e tinte più intense alle pareti: un romantico violetto.

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