Home work

L’evoluzione del mobile si adegua ai cambiamenti sociali. Lavorare da casa non è più un sogno ma
una possibilità concreta. Ultimi nati tra gli arredi per l’home office i mobili – contenitori.

Servizio di Barbara Arnaboldi, architetto

Nel terzo millennio sono poche le abitazioni che dispongono di un locale appositamente adibito a studio o a spazio di lavoro. Le metrature di un appartamento “medio” si sono ridotte, un po’ per colpa dei prezzi del mercato immobiliare, in costante ascesa, e un po’ per il diffondersi di nuove tipologie di nuclei familiari, composti per lo più da due persone, se non addirittura da singles. In quest’operazione di contrazione delle superfici vengono penalizzati quei locali che possono, con un po’ di ingegno e creatività, essere ricavati in spazi della casa normalmente utilizzati per altre funzioni. Contemporaneamente a queste modifiche di carattere sociale sta prendendo piede anche in Italia la pratica del telelavoro, che impone ai suoi “adepti” di crearsi nella propria abitazione uno spazio da dedicare al lavoro.

Nelle foto: Progettato dall’architetto Denis Santachiara all’interno della collezione La ginnastica delle Idee, “Angel” è una matrioska luminosa dalle molteplici funzioni: bar, tavolino di servizio, coiffeuse e, in questo caso, home – office. Struttura in alliminio tornito; piani in cristallo satinato; ali in policarbonato opale. Dimensioni: altezza 150 cm.; diametro chiuso 100 cm.; diametro aperto 132 cm. Naos

Gli esperti di settore concordano che il telelavoro, visto in termini di flessibilità, possa costituire un modo per migliorare la qualità della vita consentendo un più riconciliante rapporto con la natura e la famiglia. Per ottenere questi risultati
è però indispensabile avere a disposizione uno spazio adeguatamente strutturato ed attrezzato. Il nocciolo della questione è che la zona studio/lavoro è cambiata nella forma (intendendo con forma sia la tipologia, che i materiali
e le tecniche costruttive) e nella funzione, così come è cambiato il modo di abitare, legato a una fruizione degli spazi che deve essere organica, capace di adattare di volta in volta le superfici e i volumi disponibili a requisiti prestazionali sempre diversi, quasi camaleontica nel suo cambiare aspetto mantenendo inalterata la sostanza. Facciamo qualche esempio: la “libreria”, lo dice il nome stesso, è fatta per contenere libri. E questa è la sostanza. Ma la forma non è più quella delle librerie inglesi del Settecento, massicce e maestose nell’austerità del loro mogano. Non esistono quasi più le biblioteche private soppalcate, ricche di boiserie e di modanature. Le case sono piccole, è vero; ma non si può rinunciare alla cucina, anche se magari è semplicemente un angolo cottura; e di certo non si può fare a meno del
bagno o della camera da letto.

Nelle foto: “Peppy” prevede oltre al sistema di chiusura a serranda un robusto vano/sportello che si apre verso l’esterno fino a 180° ed è predisposto per il contenimento dell’unità centrale o di periferiche quali stampanti e scanner. Brunoffice

Lo studio, invece, è solo un ambiente accessorio, quasi un lusso per pochi. Così si moltiplicano i monolocali dove la scrivania si solleva a ribalta nel muro o scorre all’interno di un armadio, nascondendosi per fare ordine e uscendo allo scoperto solo all’occorrenza; sono sempre più diffusi i carrellini portatutto, spostabili su rotelle, che servono da piano per l’appoggio di computer, televisioni o Hi-fi; non è raro, poi, trovare open space nei quali gli spazi vengono suddivisi e schermati da pareti mobili double face, che assommano la funzione “libreria” a quella di semplice divisorio. Tra gli arredi per l’home work di ultima generazione ci sono poi delle vere e proprie “scatole” che, una volta aperte, svelano al proprio interno un contenuto fatto di piani estraibili porta PC, cassetti, scaffalature e ripiani. I vantaggi offerti da questi mobili sono innumerevoli: prima di tutto è quasi sempre possibile chiuderli a chiave in modo da renderne inaccessibile il contenuto, che è spesso di natura privata.

Nelle foto: “Cyber box” è attrezzabile per essere una work station completa. Chiuso (con serratura) forma un blocco compatto; aperto a 90°, quando operativo, l’ingombro totale della superficie è di solo mq. 1,5 e con possibilità di apertura fino a 180°. E’ montato su ruote, pertanto facilmente spostabile, completamente cablato prevede l’uso di un solo filo esterno da connettere alla presa elettrica. Progetti

E non è trascurabile il fatto che chiudano fuori dalle porte polvere e disordine. Infatti, risolvono il problema del caos delle scrivanie tradizionali, perché le ante – una volta chiuse – nascondono tutto, anche le pigne di carte che solitamente stazionano per giorni sui piani di lavoro. Non bisogna poi dimenticare che questi “box” sono curati nei minimi dettagli anche dal punto di vista del design e dell’estetica, e sono previste finiture, colori e materiali in grado di adattarsi a qualsiasi arredamento in qualsiasi abitazione.

L’area soppalcata di un appartamento è stata dedicata all’home work. Creatore di questo accostamento di soluzioni e materiali l’architetto Angelo Viscido. Legno, alluminio e superfici colorate lo fanno somigliare più a un luogo di svago che di lavoro.
Un altro mobile progettatto per ospitare il computer e un’abbondante biblioteca multimediale. Chiuso può far parte di un mobile a parete (per esempio in soggiorno) o essere collocato come pezzo singolo anche in altre aree della casa. Lineaotto
Una sensazione di piacevole irrealtà avvolge chi entra in questa casa. Ambienti e funzioni sono infatti resi emotivi e surreali grazie ad un uso intensivo del colore. Qui l’angolo studio è ricavato sotto il letto, una soluzione ideale per la camera dei ragazzi.

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