Giardini di ville e palazzi cremonesi

Nel giardino di Palazzo Repellini a Cremona un cerchio davanti alla facciata interna è un modo armonico di organizzare la geometria dell’insieme. Nel ‘500 si usava mettere una fontana circolare, nel ‘600 una vasca con statue, nell’800 una un’aiuola con fiori sempre rinnovati.

di: Walter Pagliero

Oggi l’aiuola circolare, tanto di moda alla fine dell’800, non è più ricercata in quanto troppo formale: viviamo in un periodo dove si preferiscono soluzioni più “spontanee”, lontane da qualsiasi geometria che non sia quella strutturale delle piante. Ma quando l’architettura che fronteggia il giardino ha almeno cento anni, un impianto geometrico
funziona bene e si preferisce mantenerlo, magari semplificando al suo interno la composizione del verde. Basta non enfatizzare quel che si trova nel cerchio: una volta doveva essere un’aiuola sempre fiorita qualsiasi fosse la stagione, oggi basta qualche arbusto. Molto importante resta invece il contorno, quel semicerchio di piante che fa da sfondo
al percorso che circonda l’aiuola, quella strada che un tempo serviva per l’ordinato arrivo delle carrozze quando depositavano, una dopo l’altra, il prezioso carico di ospiti.

The 1800s have greatly influenced today’s fashions, it is not as sought-after and formal as in the past: we live in a period that is more “spontaneous” and with many possibilities, distant to any plant geometry structure. When the architecture structure in the garden is at least one hundred years old, it is better to maintain geometric plants, maybe just simplifying their composition. It is best not to emphasise the circle: once it always had to bloom during all seasons, Today some bushes are enough. It is very important to maintain the contours, and the semicircle plants that are the background of the surroundings, roads that were once used for carriage arrivals that drooped off guests one
after the other. (w.p.)

Le immagini sono tratte dal libro “Giardini Cremonesi” di Marida Brignani e Luciano Roncai, Edizioni Delmiglio, Persico Dosimo (CR), 2004).

Nelle foto: Nella villa Griffoni Sant’Angelo a Castelgabbiano si è conservato l’impianto di un giardino settecentesco
attribuito all’architetto Ruggeri con le statue originarie in pietra di Vicenza.
Sull’area dell’antico brolo del convento degli Olivetani a Monticelli Ripa d’Oglio c’è oggi un parco moderno
nato dalla collaborazione dell’attuale proprietaria col progettista di giardini Dearesi di Piacenza.
Foto: Ezio Quiresi

Nelle foto: Un punto panoramico del parco moderno realizzato sull’area del monastero degli Olivetani a Monticelli Ripa d’Oglio (CR). Il parco all’inglese, che simula l’aspetto naturale della campagna con prati e gruppi di alberi “spontanei”, in Italia ha avuto un momento di gran moda alla fine del ‘700 assieme all’architettura neoclassica. Oggi è ancora molto presente, spesso modernizzato e completato con aiuole di piccole piante tappezzanti alla base degli alberi.
Foto di: Luigi Briselli
Uno scorcio del giardino neoclassico del palazzo Zaccaria Pallavicino di Cremona.
Foto di: Ezio Quiresi

Appunti
Tomaso Buzzi
L’opera dell’architetto, artista e designer Tomaso Buzzi (Sondrio 1900 – Rapallo 1981) rappresenta uno dei capitoli più interessanti ed ancora meno studiati della storia delle arti visive del XX secolo. Buzzi ebbe relazioni molto strette con il gruppo del Novecento Milanese (Muzio, Cabiati, De Finetti) ed iniziò ben presto con Gio Ponti una collaborazione lunga e fruttuosa, che si estese dall’architettura, all’urbanistica, al design, alla partecipazione con articoli ed interventi alle pagine di “Domus”, la prestigiosa rivista fondata nel 1928 dallo stesso Ponti. Buzzi fu infatti uno dei protagonisti degli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni (come membro fondatore del Club degli urbanisti partecipò ad esempio al famoso concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani); ebbe ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni nazionali ed internazionali sulle arti applicate (Triennale di Milano, padiglioni dell’Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport ecc.); tra i fondatori del Labirinto, ricoprì la carica di direttore artistico per la Venini di Venezia, collaborando attivamente con Paolo Venini, Pietro Chiesa, Giulio Rosso ed i principali artisti nel campo del vetro. La arti applicate costituiscono uno dei terreni privilegiati in cui si concretizza la fantasia creativa di Buzzi, che si occupò della progettazione di mobili, di ceramiche, di pizzi e merletti, lampade orologi ed ogni tipo di oggetti d’arredo. Gli interessi di Buzzi presero da subito una piega più
originale che lo rese forse meno conosciuto al grande pubblico (egli scelse anche un volontario isolamento e smise di pubblicare le proprie opere dalla fine degli anni ’30), ma che gli valse l’ascesa ad architetto ufficiale della nobiltà ed alta borghesia italiana. Personaggio di grande cultura umanistica e letteraria, evidente nelle sue realizzazioni sotto forma di citazioni raffinate e riferimenti all’arte antica, Buzzi si distinse come uno dei principali design del novecento italiano, architetto di giardini e come restauratore/inventare oltre che arredatore di importanti palazzi nobiliari. Disegnatore instancabile e grande conoscitore e collezionista di opere d&r
squo;arte, egli tuttavia seppe sempre accompagnare a questa veste colta una particolare attenzione al mondo dell’artigianato e della pratica di bottega, rivolgendosi spesso ad artigiani della propria terra (la Valtellina) per la cura e la definizione degli studiatissimi dettagli delle proprie opere. Non perse l’attaccamento alle origini valtellinesi nemmeno quando dal ’56 decise di ritirarsi
a vivere nel convento della Scarzuola in Umbria, complesso che acquistò e restaurò in maniera sorprendente: da una parte rimase fedele nella conservazione delle strutture originarie e dall’altra creò nel parco circostante una sua “città ideale”, ispirata al tema della follia artistica, della scena teatrale e della rovina, che fa da corrispettivo profano al mondo sacro del convento. La Scarzuola rimane un unicum nel panorama dell’arte e dell’architettura contemporanea italiana.

Ci sono talvolta nei giardini, più in quelli antichi che nei moderni, angoli carichi di mistero: erano i preferiti del periodo romantico, quando l’immaginario amava scenari inquieti e tempestosi. L’angolo “misterioso” deve molto del suo fascino a una questione di luce, alla penombra verde che lo invade, ma anche agli oggetti, soprattutto in pietra, che vi sono immersi. Si tratta di un luogo dove, più che in altri, si può sentire il respiro di una natura verde e pietrificata che sembra avere il sopravvento sul mondo umano di chi osserva.

Nelle foto: Il giardino di palazzo Zaccaria Pallavicino a Cremona è stato progettato alla fine del ‘700 dall’architetto neoclassico Faustino Rodi e completato dall’architetto Luigi Voghera che gli è succeduto. Oggi vi risiede l’attuale presidente del locale Garden Club.
Foto di: Ezio Quiresi
E’ il giardino di palazzo Mina Tentolini a Casalmaggiore, nato in periodo neoclassico e rinnovato alla fine dell’8OO dal noto artista Alessandro Mina a cui si deve questa panchina monumentale.
Foto di: Luigi Briselli

There are mysterious corners in gardens, more in the past than in modern gardens: that were more common in the romantic period. When the imagination loved uneasy and tempestuous scenarios. The “mysterious” corners owe their charm to the faint green light that invades them, and especially the immersed stone objects. It is a place where the breath of a green, petrified nature can be felt and that seems to have an upper hand on the human world, to those that observe it.

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