Sul Po presso Cremona: il più lungo in Italia, verso un’oasi naturale protetta Progetto Arch. Giancarlo Marzorati Il progetto e la realizzazione dei ponti di solito è affidata agli ingegneri: vi sono pochi architetti cui è concesso di esercitarsi su questo terreno, e tra essi il più noto è lo spagnolo Santiago Calatrava, che definisce strutture dal sapore “organico” in cui le linee di forza sono evidenziate come collegamenti tra viadotti e archi variamente conformati, posti in verticale o inclinati, con piloni che a volte ricordano la positura delle colonne vertebrali.
In pratica si tratta di due ponti fusi in uno. I piloni che reggono la fune di sospensione sono aperti a compasso e rivestiti in cotto: un materiale consono al genius loci. I due archi sono in acciaio. Il sommarsi di questi due sistemi strutturali accentua del ponte la dimensione longitudinale. Mentre infatti l’estetica dei “ponti sospesi” tende a privilegiare la verticalità dei piloni di sostegno, qui a Cremona il complesso strutturale diventa un articolato slancio in avanti compiuto con l’elaborata complessità che si ritrova nel movimento composito e strutturato di un organismo biologico, quale potrebbe essere il balzo di un levriero in corsa, con le tante diverse sezioni delle zampe e del corpo che si muovono in modo armonico, riportando la loro pluralità nell’unicità del gesto: perché la natura fa sempre tutto in modo sovrabbondante. Come avviene nel caso delle torri-antenne visibili in molte città, da Francoforte a Ottawa, che reggono in alto capsule belvedere spesso dotate di ristorante, così che la struttura elevata diventa occasione per godere di una vista globale
In alto, la vista prospettica evidenzia la città di Cremona a destra e l’oasi naturistica a sinistra. Si nota la scala che si avvolge sul pilone inclinato. In basso, vista interna del ristorante panoramico. Pagina a lato: prospettiva centrale, in evidenza la duplice struttura a “ponte sospeso” e ad archi strallati. LA PAROLA PRIMA DELL’ARCHITETTURA
Per l’accesso a tali punti belvedere scorrono due ascensori panoramici sul lato esterno dei piloni inclinati, attorno ai quali si avvolge la scala. Ed ecco che la complessità del ponte si arricchisce ulteriormente: la sua figura a compasso gli conferisce un poco il volto del luogo di passaggio che definisce un limite, e diventa una “porta della città”. Le due capsule belvedere evidenziano la vocazione turistica del luogo: così il ponte si protende verso un’oasi naturale protetta e allo stesso tempo offre il modo per osservare tale ambiente dall’alto (a portare a compimento tale vocazione, lungo il ponte si trovano corsie specializzate per le biciclette e altre riservate a chi pratica lo sport ippico. Quello dell’ascensore esterno in funzione turistica non è un tema nuovo: è in un certo senso assimilabile a quello della funivia o della cremagliera. La differenza è che tali impianti sono tipici dei luoghi montani o comunque dei pendii naturali, mentre qui il pendio è quello dei piloni che formano il profilo scenografico di una gigantesca “A”. Sono ascensori che mettono a frutto la dimensione verticale del ponte. |