E.COLONNELLO G.DONADI J.FRESCHET M. GIOVANNINI – RESTAURO – PROGETTO SEGNALATO

La sopravvivenza dei siti antichi necessita di interventi e modificazioni sull’esistente finalizzati ad ostacolare l’inevitabile deterioramento della materia.
Nella convinzione che l’uso sia necessario alla conservazione, l’ipotesiprogramma vuole dare nuova vita alla fabbrica, ridare quel significato architettonico che il degrado aveva fino ad oggi nascosto.
Il restauro critico riconosce il valore storico e formale di un’opera, ma al tempo stesso afferma il bisogno di sovrapporre il presente al passato, cercando di evocare valori persi nel tempo. Il contesto è la fonte da cui trarre i caratteri significativi del progetto.
Il nuovo guida ad osservare l’esistente in modo inedito: contesto e storia sono continuamente interrogati per cogliervi le forme da portare a compimento nel progetto, ricavare le regole compositive del nuovo intervento.L’area archeologica dell’Isola della Certosa è oggi caratterizzata dalla presenza dei ruderi del solo chiostro minore dell’antico monastero certosino.
Nel 2007 è stata promossa dalla Soprintendenza una campagna di scavi: il progetto nasce dall’ipotesi di completamento dello scavo in tutta la zona su cui anticamente insisteva il complesso, segnando un limite netto, isolando tutti gli interventi in un recinto fatto di un doppio muro in terra cruda.
All’interno del recinto vengono concentrate tutte le funzioni previste: un allestimento permanente e un auditorium nell’edificio in terra, un’area espositiva temporanea e amministrativa nel chiostro, e una zona di visita agli scavi attrezzata con laboratori in corrispondenza della copertura dei resti.
Un lungo percorso in legno guida il visitatore attraverso gli episodi che compongono il progetto, riflesso degli elementi semplici che aggregandosi formavano il sistema complesso del monastero. Il percorso di visita obbligato ricalca simbolicamente i percorsi che scandivano rigidamente la vita del monaco.
La prima operazione sul chiostro si è concentrata sull’esistente: l’analisi delle superfici e della struttura muraria hanno permesso di avere un quadro dello stato di conservazione, prevedendo specifici interventi di consolidamento. Parallelamente è stata svolta una ricerca storico-archivistica per la ricostruzione dell’aspetto originario del manufatto.
Per l’intervento è stata perseguita la massima discrezione formale. Ciò che risulta è una rivisitazione in chiave contemporanea dei caratteri del passato: proprio dal confronto tra l’assetto quattrocentesco e quello attuale nasce la scelta di ripristinare il vuoto e il volume a due livelli che lo definiva.
Il fronte esterno è totalmente chiuso, introverso, mentre per contrapposizione internamente lo spazio viene svuotato, aperto con ampie vetrate che permettono il passaggio della luce.Nell’antichità il recinto era il temenos, primo gesto dell’uomo che andava ad imporsi sullo spazio indefinito del resto, del caos. Tale principio, assorbito dalla spiritualità certosina fatta di isolamento e preghiera, si riflette nell’architettura monastica. Il progetto prevede che un nuovo muro in terra cruda insista sull’antico sedime, acquisendo spessore, raddoppiandosi per accogliere al suo interno la funzione museale. 
Il lungo percorso interno è ritmato dalla luce che filtra attraverso le sottili travi in compensato marino, andando a distinguere aree di sosta e di collegamento.
La scelta del materiale da costruzione è particolarmente significativa: l’idea di scavo si manifesta nell’uso della terra pisè come materiale portante, divenendo così elemento di sottrazione, svelamento, e al contempo immagine finale della costruzione.Il prado già in epoca monastica costituiva l’unica eccezione al rigoroso linguaggio fatto di moduli rigidi e ripetitivi. Per mantenere completamente libero il manto erboso dell’area il progetto prevede che gli ambienti restino interamente ipogei, segnalati all’esterno solo da un’incisione nel terreno. Il parco, sviluppato su più livelli, raggiunge la quota massima di 3.20 m: per la prima volta il visitatore non è più costretto entro il muro perimetrale dell’isola, lo sguardo può spaziare verso il Lido e Sant’Andrea. La distribuzione interna è estremamente razionale: a nord si trova il volume ligneo dell’auditorium, mentre a sud si sviluppa il bar prospiciente la grande rampa verde che conduce al parco. Tutta la fascia est è scandita da ambienti di servizio che servono gli spazi verso cui si affacciano.Il progetto di copertura dei resti delle celle dei monaci mira a rievocare quella complessità spaziale perduta col degrado della materia, fatta di un’alternanza di luce, penombra e ombra, compressione e dilatazione.
L’intervento prevede una struttura modulare in legno lamellare, che viene modellata, adagiata sulla sezione originaria della cella, spezzandosi e piegandosi per una più completa corrispondenza. Alla base dei supporti metallici delle travi verrà posta una guaina in neoprene per impedire che le tensioni orizzontali trasmettano momento sui ruderi.
L’intervento prevederà la risarcitura dei giunti ed eventuali carotaggi per l’inserimento di barre in acciaio, nei casi in cui la muratura fosse maggiormente decoesa.La chiesa, anticamente scandita da tre elementi cupolati in asse con un avancorpo a quincunx, rappresentava la fabbrica di maggior pregio dell’intero complesso: da qui una copertura che sappia rispecchiare e custodire l’unicità di quello spazio. La struttura interamente in legno lamellare è costituita da pilastri e travi sagomate e preintagliate, ma è la luce il vero materiale da costruzione. L’alternanza di luce e ombra ricalca infatti l’antica sezione, andando ad evidenziare gli originari spazi cupolati nuovamente palesati da una semplice orditura di travi appositamente ritmata: l’architettura propone una rilettura in lingua contemporanea dell’antico manufatto.

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