E il cortile diventa salone

E il cortile diventa salone

Totalmente rinnovato, pur restando nella sua sede storica, l’apparato espositivo è stato dotato di strumenti ad alta tecnologia per il controllo del clima, della luce e per la sicurezza.Vi si trovano alcune tra le opere maggiori del Rinascimento, oltre alle macchine che Brunelleschi utilizzò per l’edificazione della ineguagliata cupola di Santa Maria del Fiore. Con la nuova copertura, la corte interna è diventata uno spazio aggiuntivo nel percorso di visita. Il filo conduttore contestuale è la liturgia della Chiesa.

Con capolavori di Lorenzo Ghiberti, Donatello, Luca della Robbia, Antonio del Pollaiuolo e Michelangelo, nonché modelli e attrezzi relativi alla costruzione della cupola del Brunelleschi, il Museo è in grado di offrire ai pellegrini, turisti e cittadini
un panorama unico di alcuni tra i fondamentali sviluppi dell’arte cristiana agli inizi dell’era moderna. È quanto mette in rilievo Mons.Timothy Verdon, Canonico del Capitolo di Santa Maria del Fiore e Direttore dell’Ufficio Diocesano per la Catechesi attraverso l’arte, nel presentare il rinnovato Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Il Museo è stato recentemente sottoposto a un importante intervento, curato dagli architetti Luigi Zangheri e David Palterer, che ha portato a una significativa riorganizzazione ed estensione degli spazi espositivi. «Favorisce la comprensione delle singole opere e del loro inserimento nell’universo simbolico della cattedrale» spiega Mons. Verdon. Il legame con la
Cattedrale è inscindibile e vitale: è ciò che spiega il significato delle opere esposte. «Quest’insistenza sul legame organico con gli edifici di culto è fondamentale.

Lo spaccato prospettico mostra l’organizzazione delle sale espositive sui diversi livelli.
Prospetto del Museo verso piazza Duomo (Foto Nicolò Orsi Battaglini, courtesy Museo del Duomo).

A differenza di altre tipologie di museo dove magari la pala d’altare si trova accanto al ritratto o al paesaggio, qui le opere rientrano in un unico sistema culturale, con le sue tematiche dominanti, con il filo conduttore contestuale che è la liturgia della chiesa. Evocare questo contesto… significa dare senso alle opere e nel contempo valorizzare il loro contenuto di fede». L’intervento è così descritto da Francesco Gurrieri (nel volume "MOPA", Firenze, 2001) : «Certo l’idea chiave della nuova risoluzione museale è stata l’intelligente copertura del vecchio, informe cortile… recuperato a Sala "Porta del Paradiso", ove sarà definitivamente alloggiata la Porta ghibertiana del battistero; così come l’invenzione di una Sala "Fondi Oro" che ingloba un "Reliquiario" a base ottagonale (geometria magica per Santa Maria del Fiore). Su questi due nuovi importanti episodi, nonché sul recupero delle salette che affacciano su Piazza Duomo, ove trovano posto le macchine del "Cantiere", la "Lanterna" della Cupola e i suggestivi modelli del concorso della facciata, è giocata l’intelligente e raffinata addizione museale… E, naturalmente, tutto ciò dà occasione per proporre nuovi percorsi, scale di collegamento e ascensori, sapientemente giocati intorno al cortile, dialoganti col lucernario ». Come spiega Anna Mitrano, Presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore, questa nuova sistemazione è solo una significativa tappa: in futuro gli spazi espositivi saranno raddoppiati: «Poiché, grazie all’acquisizione dell’adiacente settecentesco Teatro degli Intrepidi, l’Opera potrà offrire un grande museo che valorizzerà in modo adeguato i capolavori di valore assoluto provenienti dal complesso monumentale di piazza del Duomo». Il primo documento in cui è menzionato risale al 23 marzo del 1390. Si tratta di un deposito di opere che ha accompagnato tutta la storia di Santa Maria del Fiore, sin dalle sue origini. L’attuale intervento mantiene il sapore storico pur consentendo un percorso museale dotato di tutte le caratteristiche di climatizzazione ambientale, acustica, illuminotecnica di assoluta modernità.

Sala "Dossale d’Argento". (Courtesy Studio Palterer)
Rendering della corte, con l’immagine della "Porta del Paradiso" del Ghiberti
che vi verrà collocata a restauro ultimato.

Il nuovo progetto, scrive David Palterer «fa propri alcuni degli ambienti già consolidati nella preesistente configurazione museale, ed assimila in modo propositivo sofisticati impianti tecnologici e di sicurezza. All’architettura è stato affidato di restituire alle opere una complessità di contesto, con lo stesso spirito al quale originariamente appartenevano».
Il percorso è stato rivisto come "promenade" architettonica,«una passeggiata fra frammenti di architetture minuziosamente ricomposte attraverso il progetto». In tal modo il museo non è semplicemente luogo espositivo, ma è anche museo di se stesso: luogo denso di riferimenti storici qui stratificati nel tempo. Facciata e ingresso sono state riviste per alloggiare gli apparati necessari per l’accoglienza. Nell’ambito dell’ingresso, un ceppo etrusco si pone come
"soggetto di riferimento". Elemento emblematico del luogo: un concetto, seguito in tutto lo sviluppo del percorso. Nel seguito delle sale espositive spicca la scelta progettuale dell’inserimento degli impianti. Per esempio con un "ponte tecnologico" (come nella Sala "Bonifacio VIII"): elemento di passaggio dei condotti e dei cavi, nonché sostegno per
gli impianti. O del sistema del carter metallico (come nella Sala "Fondi Oro") che sostiene gli apparecchi per l’illuminazione.

La corte trasformata in sala espositiva con la nuova copertura vetrata e il sistema dei
ballatoi e raccordi verticali tra i diversi livelli.
La cupola del Duomo, costruita da Filippo Brunelleschi, esempio massimo dell’architettura rinascimentale, traspare
attraverso la vetrata che copre la corte. Un incontro tra moderna tecnologia e l’architettura geniale del passato: un completamento del museo che stabilisce anche visivamente una relazione immediata con l’elemento simbolo del Duomo.

Tale elemento è sagomato a"L", spiega Palterer, «in modo da contenere due sistemi: uno con apparecchi tipo wall washer con sorgente luminosa fluorescente, l’altro un binario con piccoli proiettori a luce calda. L’ala verticale del carter funge da paraluce, e con la sua finitura di colore grigio antracite goffrato si confonde col soffitto minimizzando
l’impatto visivo». I progettisti hanno seguito questo approccio per la collocazione degli impianti: non insistere nel loro occultamento e non renderli protagonisti. Lo scopo: «realizzare una suddivisione degli impianti, seguendo a grandi linee la frammentazione già presente nell’architettura, ed evitare così lunghi e tortuosi tragitti di canali».

I disegni: la facciata e le sezioni, in evidenza la corte/sala espositiva.

Particolare importanza ha la trasformazione del cortile, divenuto sala espositiva destinata a ospitare la porta del Paradiso, scolpita da Lorenzo Ghiberti per il Battistero. Scrive Palterer: «Determinante per la decisione di trasformare la corte in un interno è stata una nostra intuizione, ovvero poter riscattare il nuovo assetto museale assegnando a questo spazio una nuova centralità sia spaziale sia distributiva».

La pianta
con evidenziato il
cortile/sala espositiva.

La copertura in vetri strutturali a controllo del carico termico, ha consentito di mantenere aperto alla luce il vano. Così l’ambiente conserva le caratteristiche luministiche dello spazio esterno, pur in presenza di un totale controllo climatico. Vi sono rari casi in cui la presenza di elementi dal sapore così marcatamente tecnologico si armonizza con tanta efficacia con le strutture storiche e gli oggetti esposti. Tale armonia è raggiunta grazie al mantenimento di ogni singola parte nella sua "verità": i nuovi impianti sono ben visibili ma non disturbano perché si presentano in funzione di servizio nei confronti del carico di storia e di arte che gli oggetti e l’edificio trasmettono al visitatore.

(L.S.)

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