Disposizioni e luoghi


ARCHITETTURA – CHIESA DI SAN PAOLO APOSTOLO A FOLIGNO (PERUGIA)

DISPOSIZIONI E LUOGHI

UN COMMENTO E UNA PROPOSTA

– Mons. Felice di Molfetta
Vescovo di Cerignola
Presidente della Commissione per la liturgia della CEI
– Mons Domenico Falco
Direttore dell’Ufficio Liturgico Nazionale della CEI
– Don Giuseppe Russo
Reponsabile del Servizio Nazionale per l’edilizia di culto della CEI
– Mons. Stefano Russo
Direttore dell’Ufficio Nazionale dei Beni Culturali ecclesiastici della CEI
– Prof. Angelo Lameri
Pontificia Università Lateranense – Roma
e p.c.
– Arch. Giorgio della Longa
Facoltà di Architettura – Università Roma Tre
– Redazione “Famiglia Cristiana”
– Redazione “La vita in Cristo e nella chiesa”
– Suor Cristina Cruciani
Pie discepole del Divin Maestro
– Redazione “Il giornale dell’architettura”
– Mons. Crispino Valenziano

CARITAS IN VERITATE è un binomio intimamente connesso come risulta evidente nella recente enciclica sociale di Benedetto XVI che tende a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo e pertanto include ogni agire a servizio del mondo in termini di amore e verità.
Senza amore per il vero, senza riferimenti agli indirizzi pastorali della Chiesa, senza tenere conto di un concreta comunità locale, la lettura critica di nuovi luoghi di culto cristiani cade in balia di logiche di potere “culturale” che generano indifferenza, perplessità e insicurezza sul corpo della Chiesa.
E’ vero che la Chiesa del Signore può essere dovunque, vera tenda mobile che lo Spirito “posa dove vuole” e di cui gli uomini, attenti allo Spirito, devono continuamente reinventare i modi di essere, ma questo non giustifica come oggi è possibile recensire sulla stampa di orientamento cattolico, con misurati commenti sostanzialmente favorevoli, sia la chiesa di San Paolo Apostolo a Foligno dell’architetto M. Fuksas (cfr. La vita di Cristo e nella Chiesa – agosto settembre 2009) sia la chiesa nel garage a Roma di Don Matrone (cfr. Famiglia Cristiana n. 28 – luglio 2009).
Sono solo due esempi recenti che per motivazioni diverse possono essere di riferimento a questa riflessione.
LO SPAZIO ARCHITETTONICO PER L’ASSEMBLEA LITURGICA; ARCHITETTURA E LITURGIA; ARTE E LITURGIA; sono titoli ricorrenti nelle pubblicazioni, nei convegni, nei concorsi, per cui è evidenrte che ARCHITETTURA-ARTE e LITURGIA sono interdipendenti nella “chiesa-edificio” nella quale arti e mestieri si confrontano a favore dell’uomo e della sacralità del luogo.
Nel lontano 1965 il Cardinale Giacomo Lercaro precisa: “…La richiesta liturgica non si ferma a una funzionalità qualunque, ma richiede un segno specifico, un’autenticità, che facendo corpo con la funzione illumina l’oggetto e gli dà il carattere inconfondibile della sacralità….”, connettendo in tal modo come essenziale alla funzione liturgica l’iconologia, il simbolo e la bellezza.
La distribuzione degli spazi liturgici perché risulti significativa in relazione alle azioni del “popolo di Dio”, e rimanga segno evidente anche al di fuori della celebrazione rituale, è qualificata dalla conformazione dello spazio architettonico: forma – dimensione – materia – luce.
Ma come ogni ricerca, non possiamo fare a meno di ricorrere alla storia, alla tradizione, nei termini definiti all’inizio del secolo da San Pio X: “LA TRADIZIONE non è IL PASSATO, ma una continua innovazione in DIALOGO CON IL PASSATO”: la Costituzione della Sacra Liturgia del VAT II nel mettere in evidenza, nell’ordinare in senso comprensibile per l’uomo d’oggi le azioni liturgiche costituisce un esempio di “innovazione nella continuità” come vorremmo che fosse anche per la chiesa-edificio.
Il richiamo al passato infatti non può essere inteso come archeologismo ma elemento di continuità che nell’innovazione non tradisca il significato simbolico di un luogo privilegiato per l’incontro con il CRISTO nella liturgia.
Un’unità di intenti, di significati, di parametri di riferimento di carattere liturgico-simbolico, non di definizioni formali-architettonico che penalizzano la ricerca nella “contemporaneità” – Non significa prefigurare dei modelli di riferimento, ma rappresenta solo una traccia perché le relazioni tra i principali elementi di riferimento delle azioni liturgiche e l’assemblea siano segno della presenza di una comunità di fede cristiana nella città, luogo di azione liturgica comunitaria, di preghiera privata e di adorazione per quel Dio che è AMORE.

La chiesa di Foligno è costituita da un parallelepipedo rettangolo illuminato da una continua bassa apertura di ingresso su tutto il lato corto del rettangolo che apre sul sagrato e da alcune “camere di luce” ricavate in alto sulle doppie pareti lunghe del rettangolo. Ne risulta uno spazio definito nella sua semplicità, illuminato da intriganti fonti di luce diffusa che generano un’atmosfera che riduce in parte la rigidezza della forma.
E’ un corretto e suggestivo intervento di architettura ma per quale destinazione pratica e simbolica? Nel panorama architettonico contemporaneo oltre la ricerca sempre più eccezionale dell’immagine, spesso sostenuta da esasperate tecnologie, non si rinuncia a distinguere, all’interno più che all’esterno, lo spazio destinato da un museo da quello di una biblioteca che non coincide con una palestra, anche se tutte queste e altre funzioni possono essere facilmente contenute in uno spazio polivalente, indifferenziato.

A Foligno un’unica predella formata da un gradino raccoglie in una posizione mediana, ma potrebbe facilmente trovare un’altra collocazione, altare, ambone, seggio e custodia Eucaristica.
Il fonte battesimale, che non è un battistero, è collocato nei pressi delle vetrate d’ingresso sulla destra, senza che nessun segno specifico ci indichi perché non a sinistra o al centro.
Non si vogliono qui richiamare le minuziose istruzioni del Cardinal Borromeo del XVI secolo ma solo osservare che le indicazioni pastorali della CEI del 1993 e del 1996 parlano di “luoghi” e il Catechismo della Chiesa Cattolica
per la “custodia Eucaristica” parla di “luogo distintissimo” o di uno spazio proprio (cappella) adatto alla preghiera personale e all’adorazione.
E’ vero che i due documenti della CEI vanno forse unificati e aggiornati sulla base dell’esperienza di questi anni, ma di certo non saranno stravolti contenendo significative indicazioni che non dovrebbero essere ignorate.
Il Giornale dell’Architettura (n. 73 del maggio 2009 – stampa laica) riporta con notevole sensibilità una presentazione del “bunker della spiritualità” di Foligno che così si conclude: “l’eventuale fortuna critica decretata da progettisti e da liturgisti dovrà misurarsi con le attese dei fedeli che vivranno la parrocchia non come opera monumentale”.
Dobbiamo aggiungere che le osservazioni ed il rammarico espresso dal qualificato consulente liturgico che conclude la sua presentazione: …nel nostro caso dal punto di vista liturgico una chiesa che è modernissima nasce vecchia… si è persa un’opportunità! Sono note che ci invitano a riflettere.
Come mai, specie per i cosiddetti progetti pilota, a lavori ultimati, indipendentemente dai giudizi iniziali non si procede ad una verifica che partendo dal significato urbano del complesso scenda ad individuare le caratteristiche peculiari dello spazio architettonico che qualifichi l’intervento non solo come esempio di “architettura contemporanea” ma come “luogo di culto cristiano”? … forse abbiamo sbagliato.

La chiesa nel garage a Roma; così apre l’articolo di Famiglia Cristiana “…sotto la guida di don Matrone, operai parrocchiani ed esperti pittori di icone hanno realizzato questo gioiello…”.
Le riflessioni su questo garage che la volontà e l’impegno di un Parroco trasformano in luogo di culto cristiano sono diametralmente opposte a quella della chiesa di Foligno.
Ci domandiamo subito se una chiesa parrocchiale, aperta a tutti non solo per definizione, può recepire un’organizzazione degli spazi liturgici di tipo “neocatecumenale”, ma non basta perché trascrivo le caratteristiche messe in evidenza: “…l’atmosfera di questo luogo è caratterizzata dall’uso di materiali adatti ad esprimere la presenza del sacro e marmo sul pavimento e sui pilastri; legni pregiati, intagli e inserti in oro… affreschi alle pareti ispirati allo stile bizantino… la vasca battesimale a forma di croce con sette gradini e sette per risalire come nelle antiche chiese siriane… il tutto sotto un soffitto a strati che rappresenta l’utero materno… Tabernacolo in plexiglass trasparente (come disposto dalle norme canoniche)… pilastri con dotte iscrizioni in ebraico…” per una facile comprensione – partecipazione dei fedeli immersi in un’atmosfera che privilegia solo la cultura di don Matrone, studioso di archeologia cristiana e di lingue semitiche.
Ma in quale direzione avanza la ricerca della chiesa-edificio nella contemporaneità?
Ritengo che anche questo esempio venga chiarito in quanto il “popolo di Dio” ha acquistato una specie di disinvoltura che gli permette di sfiorare la superficie di diversi aspetti delle opere d’arte (perché la chiesa-edificio è anche un’opera d’arte) senza sentirsi seriamente coinvolto in nessuno. Ciò non giustifica una generale acritica indifferenza da parte degli organi e delle strutture preposte alla preventiva approvazione degli interventi.
Non servono forse altri pronunciamenti sulla realizzazione di nuove chiese perché i documenti esistenti, letti nella loro globalità, sono sufficienti per indirizzare una ricerca se non disattesi o fraintesi sia dagli operatori che dalla stampa cattolica.
Quali sono le “invarianti” di un luogo di culto CRISTIANO che dovremmo ritrovare nell’infinito spazio aperto della ricerca architettonica?
Forse è una riflessione che gli Uffici liturgico, dei Beni Culturali e dell’Edilizia di culto dovrebbero, a parere, mettere a punto per indirizzare con AMORE sulla VERITÀ architetti, artisti e critici.

Ripensando alla Costituzione sulla Sacra Liturgia che tra l’altro raccomanda di istruire i chierici sull’arte sacra perché possano essere di guida nella realizzazione dell’edificio sacro, sarebbe forse opportuno che la CEI, per non rinunciare ad un servizio, realizzasse una lettura critica sistematica, almeno dei cosiddetti progetti pilota realizzati, che sia di indirizzo e di ammonimento ai Vescovi, alle Commissioni di arte sacra e a quanti ricercano con amore e professionalità spazi e immagini contemporanee del luogo di culto cristiano che non può interrompere una storia che ha arricchito di straordinaria e significativa bellezza il nostro mondo e in particolare l’Italia.

Roma, luglio 2009

Prof. Arch. Eugenio Abruzzini
consultore Ufficio Liturgico CEI

FACCIATE E NAVATE IMPONENTI
I riferimenti all’architettura tradizionale della chiesa sono molti, a partire dalla lunga rampa di accesso (50 metri) in lieve ascesa che esalta il tema della soglia.
L’imponenza delle facciate pone in rilievo la chiesa nella città, e se ancor oggi vi fossero scultori come quelli medievali, potrebbero ricoprirsi di una selva di opere: ma la pulizia della figura geometrica esprime la modernità.
L’ingresso è ampio e appare basso nel contesto: di primo acchito evidenzia l’importanza di quanto sovrasta, poi si rivela ampio e larghissimo, aperto a tutti.
L’altezza delle facciate, pur povere, ricorda quanto dice Alvaro Siza della sua chiesa di Marco di Canavezes in Portogallo: voluta di dimensioni straordinarie per far risaltare il contrasto con le dimensioni consuete della casa.
Massimiliano Fuksas reinterpreta la facciata nel linguaggio contemporaneo; come dice Mario Botta: dopo Picasso, Matisse, qual è il senso di progettare come si faceva cent’anni fa? Nell’ecclesiologia attuale i santi non sono quelli in effige, ma i fedeli che popolano la chiesa, coi colori dei loro abiti, col vocio dei bambini.
Secondo il legato del Concilio, sono più importanti le persone delle pietre e col doppio volume che tripartisce la chiesa (memoria delle navate), l’architettura di Fuksas esalta la comunità.
San Bernardo fece dipingere di bianco le chiese e cancellare le figure, perché non fuorviassero dalla contemplazione. E anche qui la sacralità riposa nella luce.

Mons. Giuseppe Arosio, già responsabile
Ufficio Nuove Chiese, Diocesi di Milano

CHIESA DA VI
VERE, NON DA VEDERE

La chiesa sorge nel sito dove, dopo il terremoto, furono sistemati i container che funsero da abitazioni provvisorie.
La forma della nuova chiesa raccoglie ed esalta il significato di questo luogo che è emblema della rinascita della città.
Certo, sulle prime – come accade per qualunque opera d’arte contemporanea – non tutti i parrocchiani ne hanno compreso il senso. Ma l’impianto architettonico, con la sua spoglia semplicità, è carico di una forte qualità simbolica che ben presto si manifesta alle coscienze e che è anche strumento di catechesi.
Il cubo esterno rappresenta l’umanità che accoglie, radicata al suolo: con tutte le imperfezioni di superficie del cemento a vista (doveva essere intonacato, come è stato intonacato il lungo parallelepipedo che ospita servizi parrocchiali e abitazioni dei sacerdoti, ma quando l’architetto Massimiliano Fuksas l’ha visto realizzato, nella sua massa imponente e povera nella scabra superficie, ha deciso di lasciarlo così: grezzo).
Il cubo interno, sospeso nella trasparenza della vetrata perimetrale di copertura, rappresenta la divinità che scende dall’alto per raggiungere l’umanità. Le sue forme purissime possono destare sorpresa, in alcuni perplessità, ma è una
chiesa che va vissuta: ogni giorno vi si scopre qualcosa di più profondo, un significato più coinvolgente ed eloquente.
Una bella architettura, e vengono a visitarla da tutto il mondo. Ma sopratutto un bella chiesa, che sa coinvolgere.

Don Giovanni Zampa
parroco di San Paolo Apostolo

Pianta del complesso: si notano i canali di luce che raccordano la parete esterna con il baldacchino in cemento.
Pagina a lato, dall’alto: prospetto esterno della chiesa, vista laterale con sezione longitudinale dell’edificio dei servizi parrocchiali, disposto su due livelli.
Nell’elemento di raccordo è ubicata la cappella feriale. A pag. 22, in senso orario: lo spigolo del baldacchino visto dal basso, contro i lucernari superiori; vista verso la pedana presbiterale; vista zenitale del baldacchino; lo spazio tra baldacchino e volume della chiesa.
A pag. 23, vista diagonale interna della chiesa, si notano i raccordi-canali di luce tra muri esterni e baldacchino.

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)