Dall’inventariazione, un Raffaello per il Museo Diocesano

Dall’inventariazione, un Raffaello per il Museo Diocesano

E’ una diocesi piccola ma antica. Anzi una delle prime diocesi italiane: risale infatti all’anno 416. Lo spiega il responsabile
dell’Ufficio Beni Culturali, Paolo Salciarini. Beninteso, al di là della sua antichità, la diocesi riveste un’importanza primaria nella storia dell’Italia, perché questo è stato uno dei centri dell’influenza francescana ed è da sempre terra di santi e di artisti. Quindi non stupisce che nel corso dell’inventariazione dei beni culturali diocesani qui sia stata compiuta una delle scoperte più importanti. Nel 2003, nel corso della prima fase dell’opera, una tela ripiegata nel presbiterio della chiesa di Santa Maria dei Servi al Corso, nel centro storico di Gubbio, ha attirato subito l’attenzione di Paolo Salciarini. Si tratta di un gonfalone processionale cui in passato non era stata data troppa importanza, ritenuto com’era opera del Baldinacci, pittore cinquecentesco di non grande nome. Posto nelle mani dei restauratori, si è compreso che la tela era stata ridipinta, e che la pittura originale era di valore assai maggiore di quella che la copriva. "Ci siamo accorti che si trattava di un’opera importante – ha detto Giordana Benazzi, storico dell’arte della Soprintendenza di Perugia – e abbiamo coinvolto l’Istituto di Fisica dell’Università di Roma e di Chimica di Perugia e abbiamo passato al microscopio le sezioni stratigrafiche. L’attribuzione al Baldinacci, modesto pittore eugubino, non mi soddisfaceva, la simmetria tra le parti era troppo ben fatta e la composizione mi sembrava più arcaica, legata ai canoni quattrocenteschi". La qualità della figura del Cristo risorto tra sant’Ubaldo e san Francesco d’Assisi, sulla grande tela che misura 160 centimetri per 200, ha portato gli esperti a formulare l’ipotesi che il gonfalone fosse un’opera giovanile, anzi, probabilmente la prima opera di Raffaello Sanzio.

Il gonfalone processionale, raffigurante il Cristo risorto tra sant’Ubaldo e san Francesco d’Assisi, considerato dagli esperti quale probabile opera di Raffaello Sanzio.
L’opera “S.Trofimo”,
prima sconosciuta, del Dorigny.

Ma oltre alla qualità del dipinto, altre circostanze puntano in questa direzione. Nel gonfalone, sulla spalla di sant’Ubaldo, si nota una trama in oro che rivela la dicitura RAV, trigramma che compare anche in altre opere giovanili di Raffaello e sta per "Raphael Urbinus". Nel periodo del suo apprendistato, Raffaello operò nella zona vicina a Gubbio, che peraltro faceva parte del Ducato di Urbino, dove suo padre aveva tenuto bottega. Il gonfalone era della confraternita del "Corpus Domini", della quale il giovane Raffaello fece parte e della quale suo padre, Giovanni Santi, era stato membro e priore in Urbino, sino alla sua morte avvenuta nel 1494. Sia a Urbino, sia a Gubbio c’erano due confraternite del Corpus Domini, sembra quindi più che plausibile che la seconda abbia commissionato al figlio di Giovanni Santi, a sua volta
pittore non privo di notorietà, la confezione del gonfalone. Il gonfalone processionale è dipinto sui due lati, da una parte sui toni verdi dall’altra sui toni rossi. Una parte è già stata restaurata e il gonfalone è già stato esposto al Museo Diocesano di Gubbio; ora resta (visibile solo su richiesta) in attesa del completamento del restauro. "Stiamo cercando i fondi per portarlo avanti – riferisce Paolo Salciarini – una volta che li avremo reperiti, ci vorranno altri due anni di lavoro: occorre rimuovere a mano tutto lo strato di pittura sovrapposta". Per quanto molti esperti si dichiarino certi del fatto che sia Raffaello l’autore, altri sono dubbiosi. Ma nel caso di ritrovamenti così clamorosi, dubbi e dispute sono fisiologici. "Anche la tavoletta di San Paolo del Brasile che è stata esposta nella mostra della National Gallery di Londra dedicata agli anni giovanili di Raffaello – sottolinea Paolo Salciarini – per quanto fosse riconosciuta come opera dell’urbinate da un critico del valore di Roberto Longhi, è stata attribuita con certezza soltanto recentemente". L’inventariazione va avanti e riserva altre sorprese. Recentemente è stato presentato al pubblico un dipinto prima sconosciuto del Dorigny, che passò
a Gubbio nel 1677.

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