Cucinare con il camino


Usare il camino per cucinare significa prima di tutto avere un sistema di canne fumarie che “tira”
in modo corretto, e secondariamente essere capaci di mantenere la giusta quantità di fiamma che
serve per la cottura evitando di far fumo. Se tutto questo avviene, a tavola avremo i migliori risultati.

Se la nostra ambizione è quella di ottenere dal camino delle ottime grigliate, il problema è facile da risolvere: basta rivolgersi a un negozio specializzato e, misure alla mano, farsi aiutare a scegliere un sistema di griglie. Naturalmente, per andar sul sicuro, prima sarebbe giusto verificare l’efficienza del camino e pulire le canne fumarie quando necessario. Se siamo tentati dal girarrosto, il consiglio è che prima occorre pensarci bene; va tenuto presente che, essendo la cottura più lunga, gli odori e i fumi del grasso che si scioglie alla fine satureranno la stanza. Quindi sarà
meglio avere una cucina ben separata dalla zona pranzo e ancor più dal soggiorno, anche se la tendenza attuale dell’arredamento (forse pensato per chi cucina poco) è di unire gli spazi coinvolgendo tutto in un unico ambiente. Senza tener conto che a qualcuno potrebbe piacere la zuppa di cavoli, e gli aspiratori anche se potenti nulla
possono contro tale cottura. Se invece in una casa contadina si è conservata la cucina originaria, avremo sicuramente un ambiente adeguato per i pranzi familiari e un camino dotato degli strumenti più idonei per la cottura, che però variano secondo le zone e le abitudini alimentari. In una parola: dimmi quanto grande è il tuo camino e ti
dirò quello che potrai ragionevolmente cuocervi, se un pollo o un cinghiale.

Nelle cucine delle case contadine i camini tradizionali sono sempre proporzionati a misura d’uomo. Chi cuoceva aveva la griglia e le pentole all’altezza giusta per vedere e intervenire in ogni momento.
Chi nella casa di campagna volesse costruire un camino da cucina nuovo, è opportuno che riprenda gli stessi parametri collaudati.

Pulizia di ceramica e porcellana

La pulizia della ceramica si effettua per immersione in acqua tiepida e sapone neutro, dopo averla lasciata per immersione per circa trenta minuti si provvede con pennello a pulire delicatamente gli interstizi dove la polvere
si è depositata in maniera più copiosa. Si risciacqua sempre con acqua tiepida e si lascia asciugare all’ombra in corrente d’aria naturale.

Macchie e filature
Per la pulizia e lo sbiancamento delle macchie o filature presenti sulla ceramica viene utilizzata una soluzione
di acqua e candeggina nel rapporto di 250 ml. di candeggina per un litro d’acqua ( con un rapporto di 4
a 1). Si immerge completamente l’oggetto il quale va tenuto attentamente sotto controllo dato che la candeggina
potrebbe aggredire irrimediabilmente lo smalto.
Il rapporto della candeggina potrebbe aumentare sino ad 1 a 1 se le macchie non dovessero schiarirsi , prestando ancor più attenzione ed accorciando i tempi d’immersione.

Pulizia del rame
La pulizia del rame viene effettuata come facevano i vecchi…si scioglie del sale con dell’aceto o con del succo di limone e si strofina con uno straccio o una spugnetta non abrasiva tutta la superficie in modo omogeneo; il lavoro deve essere continuo poiché l’aggressione del composto è lenta, giunti ad una pulizia soddisfacente si risciacqua con acqua tiepida e si asciuga. Il trattamento deve essere fatto non utilizzando spugnette metalliche che righerebbero il rame, inoltre un prolungamento eccessivo potrebbe far virare il colore del rame.
Per le parti verdastre, l’ossido di rame, si può utilizzare alcol con talco o segatura e straccetto.
Questo trattamento pulisce ma rende il rame spento e non lucente per cui è necessaria la lucidatura.

Nelle ville di metà ‘800 le cucine erano già organizzate in modo moderno; di fianco al camino per cuocere i cibi c’era un lungo piano di lavoro dedicato alle preparazioni, che comprendeva anche un lavandino. Dalla seconda metà di quel
secolo si cominciò a costruire industrialmente la “cucina economica” in ferro, molto pratica per cuocere contemporaneamente varie preparazioni, ma piuttosto costosa. E nelle case dei contadini, non solo per spirito conservatore, si continuò a cuocere nel camino alto predisposto per tutti gli usi. Però è grazie alla cucina economica che si sviluppò la cosiddetta “cucina borghese” (una via di mezzo tra quella aristocratica e quella plebea) che è ancora la più utilizzata nelle famiglie.

Trattare il legno

Le antiche travature e i pilastri in legno di molte case rustiche erano costituiti da tronchi e tronchetti di conifera scortecciati, arrotondati e assemblati con semplici incastri a formare l’orditura primaria e secondaria del tetto e dei solai intermedi. Spesso si presentano coperte da patine scure,
quando non da strati di intonaco o di pittura: prima operazione in questi casi è l’asportazione di questi strati o patine preferibilmente mediante sabbiatura (se ben condotta, non altera l’aspetto superficiale del legno, anzi ne mette in evidenza le naturali venature) piuttosto che
con carteggiatura a macchina o a mano (più lunga e più abrasiva); quindi bisogna impregnare il legno, a pennello (perché penetra più in profondità) per difenderlo da parassiti e muffe e nel contempo dargli la colorazione voluta, con una mano finale di impregnante a cera a protezione dall’umidità.

 

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