La scienza antica

TESTIMONIANZE RESISTERE AL SISMA

La manutenzione è alla base della conservazione degli edifici storici, ma deve essere coerente con materiali e tecniche antiche. Ce ne parla l’esperto, Prof. Arch. Massimo Ricci.

Da moltissimi anni mi occupo di Restauro e Consolidamento di fabbricati storici e di Tecnologia dell’Architettura Antica ed essendo molto interessato al problema della protezione sismica del patrimonio residenziale storico e monumentale ho ritenuto di intervenire con questa breve memoria per dare un fattivo contributo alla comprensione di alcuni aspetti che la situazione in Abruzzo oggi ci mostra con drammaticità, primo fra tutti quello inerente la situazione legislativa in materia.
L’Italia non ha alcun bisogno di ulteriore legislazione poiché quella esistente basta ad affrontare con la necessaria efficacia tutte le problematiche possibili in materia di “prevenzione sismica” .
Con la attuale classificazione delle zone a rischio sismico si è completata la normativa per la difesa dei fabbricati dai terremoti che prende il generico nome di “prevenzione sismica”. Questo era l’aspetto più carente della legislazione del 1974, basata troppo semplicemente sulla sola “storicità” dei fenomeni e meno su moderni presupposti scientifici. Purtroppo, come si evince dalla attuale cartografia tematica, il nostro Paese è quasi tutto esposto a questa terribile calamità. Concordo pienamente con quelli che sostengono l’impossibilità di prevenire i fenomeni sismici ma sono convinto che con adeguati interventi si possano limitare moltissimo gran parte delle nefaste conseguenze che provocano.
Considero molto impropri i riferimenti che spesso si fanno a situazioni di altri Paesi che vengono presi ad esempio nel campo della prevenzione sismica. Non si può paragonare il tessuto edilizio storico italiano a quello di questi Paesi.
Troppo diverse sono le situazioni urbanistiche, tecnologiche e tipologiche dei nostri Centri storici e dei fabbricati che vi si trovano. Ritengo quindi molto sbagliato il criterio di trasferire direttamente, senza alcun adattamento tecnologico, queste tecniche di intervento sul nostro patrimonio edilizio tradizionale ed ancora peggio in quello dei nostri centri storici. Queste tecniche sono ovviamente adoperabili, rispettando comunque la tipologia ed i nostri materiali da costruzione tradizionali, solo su dispositivi edilizi di nuova realizzazione.
Come molti dovrebbero sapere, questi Paesi adottano tecniche di costruzione molto diverse dalle nostre, molto spesso affidate alla “prefabbricazione edilizia” che “non è fatta per durare nel tempo” e che prevede l’utilizzo di tecnologie molto più elastiche e “leggere” che si adattano meglio alla protezione sismica dei fabbricati.
Come si può paragonare la risposta sismica di un fabbricato in muratura di pietrame “ a spacco” con quella di un edificio con struttura in acciaio e pareti di cartongesso!
Per il primo si dovranno studiare dei criteri razionalizzati sulla tecnologia con cui è costruito e rispettarne l’aspetto architettonico al quale è legata l’immagine stessa dei nostri paesi.
Ne consegue che le nostre scelte in materia di protezione sismica dovranno essere per forza considerate secondarie rispetto alla salvaguardia di questa immagine che dovrà sempre prevalere sulla progettazione della sola resistenza al sisma.I numerosi aggiornamenti che hanno integrato la prima impostazione della Legge del ‘settantaquattro si sono addensati su metodologie di intervento molto più adatte a moderne tipologie di fabbricati, lasciando molti problemi e/o molte possibilità di deroga in quelle dei Monumenti e del patrimonio residenziale storico.
Bisognerà quindi distinguerle secondo le diverse tipologie di fabbricati . Da un lato i nuovi fabbricati e/o quelli di recente costruzione, dall’altro lato i fabbricati di antica origine o comunque costruiti con vecchie tecnologie.

Vediamo alcune problematiche che caratterizzano gli interventi su quest’ultimi. 

Gli edifici di vecchia costruzione, dal punto di vista statico, sono da ritenersi molto più sicuri di quelli moderni, perché lavorano a tensioni molto basse rispetto alla loro capacità di resistenza, e non hanno quasi mai dei nodi strutturali critici dai quali dipende la loro stabilità. In molti casi, la loro forma e organizzazione strutturale compatta, li rende anche più resistenti dal punto di vista sismico. Per essere adattati alle necessità del vivere moderno, vengono però sistematicamente modificati strutturalmente, spesso con demolizioni scriteriate su elementi anche portanti, o con l’aggiunta di corpi di fabbrica e altro. Negli abusi edilizi, in molti casi, sono realizzati senza il controllo tecnico-professionale specializzato.
Questi interventi, anche se ritenuti di semplice entità, indeboliscono moltissimo la capacità di resistenza alle azioni sismiche. Va presa coscienza che questi comportamenti introducono nei fabbricati situazioni strutturali che li espongono sia al collasso statico che sismico e alle tristi vicissitudini viste in questi giorni.

Come se questo non bastasse devo anche rilevare che, essendo le strutture di questo tipo composte da dispositivi “non reagenti a trazione” e mancando una Scienza delle Costruzioni che ne permetta la perfetta verifica attraverso il calcolo rigoroso, l’intervento di consolidamento e di “adeguamento” sismico in questo tipo di fabbricati è da considerarsi molto complesso, figuriamoci come può essere affrontato dal semplice muratore.
L’analisi della “rigidezza” dei paramenti murari, che sta alla base del calcolo dell’azione tagliante del sisma, è quasi inattuabile. Ne elenco brevemente alcuni motivi.
Basta la presenza di una “lega” in un paramento murario, invisibile in assenza della possibilità di saggio, ad originare una “risposta sismica” completamente diversa da quella ipotizzata in un procedimento di calcolo che non ne abbia prevista la presenza .
L’errata conoscenza della tessitura strutturale dei
paramenti di questo tipo nasconde spessissimo delle discontinuità dovute a precedenti collassi o modifiche o cavedi nascosti che, falsando il processo di discretizzazione, rendono vani i rimedi progettati su queste. L’eventuale presenza di strutture “spingenti” , come archi, volte e gli stessi tetti, ha sempre molta influenza nel comportamento cinematico di collasso di dispositivi come questi che, se non sufficientemente noto, diventa spesso deleterio per la correttezza dei rimedi e può rendere nulla la loro efficacia.
Ancora più rilevante la problematica dovuta al ruolo e stato del legante presente nelle malte di muratura o di allettamento dei liti nel paramento murario per determinarne la resistenza da assumere per il calcolo di verifica dell’azione tagliante del sisma. Questo, ed altro ancora che trascuro per brevità, dovrebbe incutere molta prudenza in tutti quelli che operano sul patrimonio edilizio storico, sia nei giudizi di attribuzione di responsabilità che nella progettazione delle tecniche di intervento. Su queste, si potrebbero scrivere molti trattati senza trovare punti di accordo. Ogni professionista finisce infatti per affidarsi alle proprie convinzioni che alcune volte non coincidono con i disposti di Legge. Ne ho una che da tempo mi crea problemi abbastanza seri . Riguarda i telai sismici per la “cerchiatura” dei vani aperti in murature portanti. Siccome ritengo con molta convinzione che gli elementi che collegano un dispositivo strutturale ai paramenti murari antichi vadano realizzati “diluendo” al massimo le concentrazioni di tensione senza annidarle in punti particolari, la ripartizione e numero dei vincoli con cui si lega un telaio sismico alla sua muratura perimetrale, nel caso di apertura di nuovi vani nelle murature, è molto più efficace della grossezza della sezione dell’acciaio che lo costituisce.
Il rispetto della normativa vigente ci obbliga alla messa in opera di telai che normalmente hanno profilati di acciaio di così notevoli dimensioni che causano la creazione di “grosse discontinuità “ nel paramento murario dovute alla vastità delle demolizioni necessarie al loro alloggio.
E’ intuibile che sotto l’azione sismica l’efficacia del telaio sia condizionata dalla direttrice di spinta sismica che, se avviene in senso ortogonale al medesimo, lo renderebbe assolutamente ininfluente. Nella capacità di reazione del solido murario, prevarrebbe l’indebolimento dovuto alla diminuzione di rigidezza relativa alla quantità di muratura originaria asportata: si dovrebbero imporre telai in acciaio molto contenuti in dimensioni ma molto ben collegati (buon numero delle prese) alla muratura di contorno ed in modo particolare “al loro piede”.
Esistono comunque delle tipologie di lavori che possono aumentare moltissimo la capacità di risposta dei fabbricati in muratura nei confronti dell’azione sismica .
Sono lavori di bassa consistenza e quindi di basso costo che si possono realizzare senza la loro completa o parziale demolizione. Vorrei attirare l’attenzione su questi. Prime fra tutte le opere di manutenzione. Per inizializzare questo tipo di provvedimenti bisognerebbe dare luogo a lavori sistematici che dovrebbero essere messi in pratica ogni volta che si interviene a modificare la consistenza strutturale di un edificio in muratura tradizionale.
Dall’opera di manutenzione dipende quasi totalmente la sicurezza di questi fabbricati. Le antiche malte, quasi sempre a base di calce aerea, col tempo e con l’azione delle acque meteoriche, tendono a diventare “terrose” e perdono la loro tenacità. Una corretta manutenzione che preveda l’impiego di iniezioni di malte espansive e addirittura lo smontaggio e ricostruzione dei paramenti murari, ove ci siano problemi di assetto, risolve questi inconvenienti strutturali e rende i paramenti murari antichi perfettamente in grado di resistere alle azioni sismiche. Nelle strutture orizzontali sia piane che voltate è invece importantissimo il controllo della loro continuità e del loro collegamento ai paramenti perimetrali. Sono molto efficaci le solette in conglomerato alleggerito di cemento da porre in opera direttamente su lo scempiato (molto spesso di mezzane di cotto) , armandolo con rete elettrosaldata, collegabile alle murature perimetrali attraverso spezzoni in tondino di acciaio ancorati con malta epossidica.
Questo dispositivo risulta essere molto efficace in caso di azione sismica poiché aumenta di molto la capacità di reazione dell’immobile che viene “irrigidito” e “ricollegato” ad ogni piano e viene messo in grado di resistere meglio all’accelerazione innescata dal sisma.
La presenza della soletta di cemento riesce anche a tenere ferme le mezzane dello scempiato che nel corso del sisma tendono ad essere espulse con grave pericolo per le persone, dovuto anche alla perdita della superficie di calpestio utile alla fuga.
Gli elementi portanti del solaio vanno ben collegati alle murature perimetrali tramite staffe o elementi in acciaio, “incollati” direttamente in queste poiché spesso, nel corso dell’azione sismica, tendono a sfilarsi dalle loro sedi di incastro, provocando il loro collasso.
Gli stessi interventi possono essere realizzati nelle strutture di copertura , prevedendo anche la sostituzione degli elementi in legno avariati .
Come evidenziano le visioni dall’alto, queste strutture tendono a collassare nel corso del sisma innescando nella sommità dei paramenti murari dei “momenti torsionali” ai quali non possono reagire. Sono le più esposte a questo fenomeno poiché “poco ricaricate”. Sono queste sollecitazioni che provocano quasi sempre il collasso strutturale o comunque il dissesto delle murature perimetrali nella loro testata. Per questo motivo ritengo di fondamentale importanza la sistematica connessione di tutte le strutture lignee in copertura fra loro. Si possono adoperare profilati leggeri di acciaio che si collegano direttamente alla muratura di imposta. In questo modo si realizza un sistema “leggero” e “molto continuo” che non è deformabile dal sisma.
Questi telai in acciaio, sono da preferire alle usatissime “cordolature” che sono molto più pesanti e quindi molto più “accelerabili” dal sisma che vanno quindi molto contenute in dimensioni.
Si utilizzino conglomerati ad altissima resistenza (r’bk=300-400) armati con molti tondini a basso diametro, bene “staffati”.
Particolare importanza assumono gli interventi alle strutture di fondazione che dovranno essere cordoli in cemento armato leggermente incassati sotto lo spicco dei muri perimetrali. Questi devono assicurare il loro perfetto collegamento.
Il ricarico a cui sono soggetti
da parte dei paramenti soprastanti ne assicura il collegamento anche in caso di sisma e ne riduce moltissimo la tendenza alla traslazione sia verticale che orizzontale. La continuità strutturale che questi conferiscono alla fondazione limita ovviamente anche il taglio della medesima e la possibilità di una sua successiva rotazione sotto l’azione ondulatoria del sisma. Per le strutture voltate non si possono formulare rimedi validi per tutte le situazioni .
Si può solo consigliare la loro manutenzione attraverso l’analisi della loro sagoma che non deve presentare depressioni o deviazioni dal loro “sesto intradossale” (forma della curvatura) originario.
Tenendo ben presente che le volte collassano “solo” se sottoposte a sollecitazioni di “trazione” e raramente per quelle di “taglio”, il criterio più affidabile è quello di conferire loro la massima continuità strutturale che le contrasti efficacemente.
Nel caso di volte a ridotto spessore (in foglio), molto presenti nei fabbricati di modesta importanza , l’intervento più opportuno è quello di assicurare questa continuità negli elementi che le costituiscono, con massetti a ridottissimo spessore (cm.4-5) in conglomerato (r’bk=350) alleggerito armato con rete elettrosaldata, fissata con perni incollati a questi con malta epossidica, agganciati alla stessa rete.
Per una maggiore efficacia, la volta va perfettamente ripulita in extradosso e ben bagnata prima della messa in opera del massetto che deve aggrapparsi perfettamente a questa.
Per strutture più importanti è necessario uno studio particolare che ne accerti lo stato conservativo.
I rimedi di consolidamento dovranno essere sempre compatibili con le problematiche storico-architettoniche.
Per completare il quadro devo illustrare brevemente le problematiche dovute alla forma stessa dei dispositivi edilizi che influenza moltissimo il loro comportamento in caso di sisma. Questo aspetto, non gestibile con le attuali cognizioni scientifiche, può essere risolto ed affrontato con l’analisi tecnologica.
Vorrei suggerire di affrontare il problema “dall’esterno”, formulando una corretta ipotesi di “funzionamento” dello schema strutturale generale attraverso lo studio tecnologico dei dispositivi che lo compongono.
Questo, può costituire un importantissimo primo riferimento poiché permette di conoscere le tendenze alla deformazione delle strutture e di conseguenza, individuare la debolezza di eventuali nodi che l’azione sismica può mettere in crisi, innescandone il collasso.
Su questi , va concentrata l’azione di adeguamento sismico che sarà dettata da provvedimenti che tendono a contrastare questa debolezza. Questo tipo di progettazione si attua anche in assenza di sismicità e dovrebbe essere adottato anche nel caso del semplice restauro. E’ evidente che in questo modo si attua la limitazione dei dispositivi da mettere in opera che vengono contenuti all’indispensabile .
Si tenga presente che ogni intervento di consolidamento tende a snaturare il bene storico che ne è oggetto!
Ritenendo di avere esposte con sufficiente completezza le considerazioni più importanti invito alla massima prudenza tutti coloro che propongono l’eliminazione dei fabbricati dei centri storici poiché con lavori abbastanza semplici come quelli illustrati, possono essere messi in grado di reagire perfettamente ai sismi : possono essere efficacemente “adeguati”.

Dalla loro immagine e dimensione urbanistica dipendono anche le “radici” storiche dei cittadini che li hanno abitati e “vissuti” che non possono essere ricreate in nessun altro modo!

Le vecchie ferite inferte dal tempo su questi vecchi fabbricati dovrebbero essere considerate importanti come la loro storia e quindi “esibite” , anche perché, in molti casi , non costituiscono ragione di debolezza strutturale. Se non ci sono gravi alterazioni del loro stato di equilibrio, sono sempre da considerarsi consolidabili .
L’eventuale ricostruzione con i loro liti collassati, che veda l’utilizzazione di una moderna malta “bastarda”, assicura a questo tipo di strutture una qualità “antisismica” eccezionale.
Per questi validi motivi ritengo che l’azione di consolidamento debba sempre essere incoraggiata, come del resto hanno fatto in passato i nostri predecessori. Nei Monumenti dovrà essere sempre ridotta al minimo indispensabile, limitandola alla sola “messa in sicurezza” delle parti strutturali in eventuale pericolo di collasso, con soluzioni bene individuabili, riconoscibili e reversibili, utilizzando sempre tecnologie compatibili con l’epoca di costruzione.
Esprimo la mia netta contrarietà alla possibilità di cementificare o riempire di tiranti di acciaio o ancora peggio di telai sismici, questi fabbricati. Come è successo in occasione di terremoti passati, sono risultati addirittura dannosi per la stabilità del fabbricato.
Una parola per le cupole, tristemente protagoniste nel recente terremoto d’Abruzzo.
La cupola è un dispositivo antisismico per eccellenza.
Il suo eventuale collasso è sempre imputabile “a quello che le sta sotto”, su cui è impostata. Molto spesso è il suo basamento, che può essere costituito da sistemi di archi oppure da “tamburo”.
Le azioni di consolidamento vanno quindi sempre indirizzate su questi e quasi sempre consistono in dispositivi che danno continuità nell’intorno del perimetro di imposta. Nel caso della Basilica del Suffragio all’Aquila, il collasso è stato causato dal “tamburo” e più precisamente dalle sue finestre. La discontinuità strutturale causata sul tamburo da queste, ha ridotto la sua capacità di resistenza all’accelerazione imposta dal sisma. Collassato il tamburo (apertosi in corrispondenza dell’architrave delle finestre), è collassata la stessa cupola. Per questo gli antichi costruttori ponevano una robusta “catena” sulla sommità del tamburo stesso che, ricaricata dalla cupola, conferiva all’insieme un’ottima continuità statica che, in molti casi, gli ha permesso di sfidare i secoli.
Essendo una semplice calotta emisferica a base circolare è comunque facilmente ricostruibile anche utilizzando la tecnologia originale. Due parole sul collasso strutturale di alcuni fabbricati di recente costruzione.
Si è visto con chiarezza che in molti casi i danni sono dovuti allo scollegamento dei tamponamenti dai telai.
Bisognerà aumentare le “prese” dei paramenti di tamponamento ai telai in conglomerato di cemento armato con i quali si realizzano questi fabbricati .
Sulla questione del crollo della Casa dello Studente e di porzione dell’Ospedale, non posso esimermi dalla seguente meditazione.
In assenza delle necessarie acquisizioni tecniche, vista anche la difficol
tà della materia inerente la progettazione sismica, ritengo abbastanza aleatorio il giudizio sulle responsabilità del loro crollo. Ritengo si debbano comunque tenere presenti le seguenti considerazioni.
In tutti i lavori edilizi esistono diverse assunzioni di responsabilità affidate a precise figure professionali. Fra questi, il Progettista strutturale, il Direttore dei Lavori ed il responsabile del Collaudo statico.
Il Progettista delle strutture, risponde dei calcoli statici con i quali vengono dimensionate ed è anche responsabile della loro “verifica” sismica.
I calcoli e le verifiche vengono depositate presso l’Ufficio del Genio Civile di competenza territoriale, e vengono controllate a sorteggio.
Il Direttore dei Lavori che, controfirma i calcoli statici e le verifiche sismiche adottate dal Progettista, risponde della corretta esecuzione delle opere e dei materiali impiegati in questa da parte dell’Impresa appaltante.
Il Collaudatore che come professionista esterno alla realizzazione dell’opera deve controllare la rispondenza delle opere eseguite al Progetto, ha l’obbligo di periziare i lavori in Corso d’Opera, controllandone la perfetta rispondenza al progetto sia dal punto di vista del dimensionamento strutturale che da quello della qualità e quantità dei materiali, prevista dal Progettista.
Può compiere a sua completa discrezione ulteriori saggi per approfondire con più sicurezza la qualità e correttezza della realizzazione delle opere prima che i lavori siano terminati.
Alla luce di questo, sono stato molto sorpreso da quello che si è verificato in questi fabbricati. Lascio al lettore ogni giudizio.
Restauro e Consolidamento dei fabbricati antichi.
Dove erano e Come erano : questa deve essere comunque la parola d’ordine, per salvaguardare il futuro della nostra bella, ma molto sismica Italia .

Prof.arch. Massimo Ricci
Docente di Tecnologia dell’Architettura Università di Firenze
Esperto del Forum Centrale U.N.E.S.C.O. “Università e Patrimonio “ di Valencia

 

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