Chiesa dello Spirito Santo a Taranto

Lo svolgimento della fede
Un movimento a spirale informa tutto il complesso, infondendogli un movimento che è capace di dar conto del tempo che passa. Il passaggio dall’esterno all’interno avviene seguendo un itinerario coinvolgente che per gradi rivela nell’aula uno spazio nuovo. La razionalità dell’impianto si mostra capace di una grande forza emotiva.

Il servizio è stato realizzato per interessamento e segnalazione dell’Arch. Fabio Alessandro Fusco

Chiesa dello Spirito Santo a Taranto
Indirizzo: Via Lago d’Averno,Taranto
Progetto: Arch. Claudio Adamo, Arch. Lucia D’Ammacco
Impresa: Edilimpianti Snc,Taranto
Cupole: Caoduro Spa, Monticello Cotto (VI)
Panche: Genuflex Srl, Maser (TV)
Marmi: Marmotek Srl, Foggia
Betonelle: Edilmanufatti,Taranto

L’ingresso avviene in modo assai sfumato: si resta presi nelle accoglienti volute che determinano un nuovo spazio Planimetria generale L’elemento centrale che, come un pilastro, impernia l’edificio e corrisponde allo spazio presbiteriale interno. Uno scorcio della copertura

In questa chiesa dello Spirito Santo già dall’area di parcheggio, novello sagrato, ci accorgiamo che non si “entra” semplicemente, ma si viene accolti, “abbracciati”: fin dal primo approssimarsi, sia che si giunga con l’auto, sia che si giunga a piedi. Per entrare in questa chiesa bisogna compiere un percorso; un percorso che continua senza esaurirsi, tanto per linee interne, che per linee esterne. Chi s’incammina verso il tempio, avverte subito la sensazione di un grande respiro, come di chi prende fiato dopo una lunga, lunghissima apnea, per poi ricominciare a respirare con l’opera che gli appare. Nel mentre il credente, o il visitatore, con estrema dolcezza, passo dopo passo, sospinto da una forza misteriosa, viene attratto verso il cuore della chiesa. Questa straordinaria emozione è determinata dall’applicazione delle invarianti che consentono il recupero dell’architettura di percorso; ovvero dell’architettura che vive col tempo e si vivifica con l’uomo. D’altro canto la concezione biblica della vita, punta sul percorso e sul movimento e oggi il cristianesimo, con i Decreti Conciliari della Costituzione liturgica, dando ad ogni spazio funzione e configurazione propria, favorisce la temporalità dello spazio. Afferma il grande e compianto storiografo dell’Architettura Moderna, Bruno Zevi: “La psicanalisi e l’antropologia insegnano che l’uomo nel corso della civiltà, ha smarrito alcuni valori essenziali quali: – l’unità spazio-tempo, – la componente nomade ed erratica della vita, – la gioia di vagare senza costrizioni prospettiche”. Con l’architettura di percorso, o come dice Le Corbusier l’architettura da passeggiare, questi valori possono essere recuperati tutti.

La grande curva del muro esterno che avvolge il sagrato Il campanile, dal disegno di geometrica semplicità, prima e dopo la collocazione dell’incastellatura La scalinata che conduce al livello superiore

In questa chiesa l’impianto architettonico punta sul percorso e sul mutamento, vale a dire permette di usare la quarta dimensione il tempo. Per meglio spiegare: dinnanzi ad un edificio simmetrico non ci si muove, lo si contempla e basta; per un edificio a pianta libera invece c’è bisogno di muoversi, girargli intorno, salire, scendere. Per goderlo tutto, bisogna impiegare il tempo e lo stesso risulta nuovo, sempre nuovo e diverso. Nuovo appunto perché temporalizzato. In più, l’uomo rivive l’unità spazio-tempo, recupera la componente erratica della vita, la gioia di vagare senza costrizioni prospettiche, sia orizzontali che verticali; vale a dire attraverso percorsi curvilinei, obliqui e inclinati, vaga polidirezionalmente. Percepisce la gioia di sentire e capire che gli spazi architettonici sono configurati alla persona umana. Geometricamente l’aula assembleare è semplicemente una spirale. A nessuno sfugge che nella simbolistica la spirale, oltre a rappresentare il tempo, è uno dei modi di rappresentare un percorso senza fine che collega incessantemente due estremità del divenire. Per noi, e non solo per noi, questa linea esprime appunto il collegamento del divenire continuo tra il trascendente e l’immanente; nello specifico: lo Spirito Santo. In questa chiesa veniva spontanea l’idea di realizzare il collegamento con la sola luce; ma l’architettura non è un quadro, o una scultura; non nasce per essere vissuta con l”immaginazione, nasce per esigenze concrete, quali il dover coprire, perimetrare, chiudere, svolgere azioni. Ciò nonostante, ecco che, grazie al Codice Anticlassico che obbliga alla rimeditazione di tutti gli elementi che compongono la scatola muraria, i muri hanno perduto il loro significato occlusivo e di sostegno, pur essendo rimasti – e di grandissime dimensioni. In quest’impianto architettonico essi hanno assunto un nuovo valore semantico, proprio grazie al linguaggio moderno. Attraverso la scomposizione del volume in corpi funzionali minori, vale a dire scollando le giunture e decomponendo la scatola architettonica in: soffitto, pavimento e pareti, i setti che ne scaturiscono, assumono un ruolo ben più emancipato. Ad esempio, le finestre consentono non solo l’accesso della luce, ma anche le scene e le immagini in movimento, talché tu
tto diventa dinamico; in una parola – quadridimensionale. I pochi muri poi, si dissolvono in finestre a nastro ed in ampie vetrate e lo spazio esterno irrompe con forza a ricordarci che non c’è separazione tra le varie fasi della vita quotidiana. La copertura con la grande cupola vitrea è trasparenza per il collegamento reale con l’esterno, con la pioggia, con il sole, con le stelle, con gli uccelli del cielo in un recupero ideale del “templum”. Ovvero, di quel rettangolo scoperto di terra sacra ove nel passato il ministro studiava il cielo e il volo degli uccelli. Oggi invece tutti insieme, sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, si considera e si contempla, immersi nel rifugio della fede, aperto in alto sull’infinito.

La fila dei confessionali L’ambone Il tabernacolo La sede del presidente

In questo processo di radicale liberazione dell’io e dello spazio, sta la sostanza del trapasso dalla scatola chiusa alla pianta libera. Ovvero, il passaggio dalla materia allo spazio. Solo con il linguaggio moderno il progettista rivaluta ogni parola, ed affronta senza paure l’asimmetria, e progetta senza l’uso della prospettiva che è solo una tecnica grafica. Ma cosa vuol dire tutto questo? Vuol dire che il progettista riesamina ogni parola sapendo che: finestra è una parola che vale per sé; terrazzo una parola che vale per sé; pilastro è una parola che vale per sé, ecc. Rompe il bisogno spasmodico di sicurezza, supera la paura della flessibilità, della indeterminazione, della relatività e della crescita; supera il timore del tempo vissuto e attraverso la forma libera, supera la paura dell’antigeometria, dell’asimmetria, dell’antiparallelismo ed emancipa il prodotto. Questo, in breve, lo stile dell’oggetto architettonico; meglio dire: linguaggio architettonico. Ma il “tempio”, com’ è organizzato? Un tempio che in concorso con la Chiesa non aiutasse a far fare autentiche esperienze del Sacro e del Soprannaturale, che non cercasse occasioni per far percepire all’uomo il Divino, non risponderebbe alla sua funzione ed ai bisogni religiosi dell’uomo d’oggi, anche se l’impianto funzionasse distributivamente. A tale proposito, il Cardinale Lercaro ammonì: “L’insistenza esclusiva sulla funzionalità dell’edificio, rischia di far perdere alla chiesa quel carattere di sacralità che le è caratteristico”. L’Arcivescovo Mariano Magrassi, affermò: “Il tempio sia un luogo insieme funzionale per la Liturgia, accogliente per la Comunità, quasi un indice puntato verso il Signore”. Per noi, la chiesa (per dirla col testo sacro), deve far scaturire spontanea l’espressione che fu di Giacobbe: “Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo” (Gen. 28,17). Entrando in chiesa, quindi, ognuno di noi deve sentire, a livello quasi palpabile, l’altissima dignità del luogo che impone silenzio, venerazione, rispetto. Luogo “terribile, straordinario” e diverso: semplice, al limite del mondo visibile. Come disse papa Giovanni XXIII: “Mettete nelle chiese la semplicità, la serenità e il calore delle vostre case”.
Arch. Claudio Adamo, Arch. Lucia D’Ammacco
Questo risultato è stato possibile, sia per la fattività dell’Arcivescovo Mons. Benigno Luigi Papa, sia per la capacità dell’insuperabile Vicario Episcopale per gli affari economici Mons. Emanuele Tagliente e sia per la straordinaria capacità di tutto il gruppo operativo – dagli strutturisti agli artisti.

L’altare Il lucernario centrale Perno luminoso dello spazio Vista verso il crocifisso

ARREDAMENTO
Panche che definiscono l’ambiente

La Genuflex di Maser (Treviso) da quarant’anni realizza progetti di “arredo di interni” di chiese, in legno massello. Dispone di un informatizzato Ufficio Tecnico e si avvale di propri disegnatori, in grado di progettare e realizzare arredi lignei per interni e di concorrere, in collaborazione con Studi di Architettura, all’esecuzione di qualsiasi progetto. Nella collaborazione con gli Studi di Architettura o con singoli Architetti che progettano chiese, la Genuflex mette a disposizione la propria riconosciuta esperienza nella scelta e preparazione del legno e i propri alti standard di qualità nella elaborazione del prodotto. Nel suo impegno per l’arredamento della chiesa spazia dal recupero, la conservazione e il restauro di mobili antichi, alla confezione di nuovi prodotti. Nei suoi quarant’anni di attività l’azienda, fondata e diretta da Paolo Lion, si è impegnata con passione nell’opera di salvaguardia di migliaia di mobili, con interventi appropriati di restauro ligneo, realizzati sempre in estrema fedeltà ai materiali e alle lavorazioni. Genuflex ha arredato, con la sua vastissima scelta di banchi, confessionali e sacrestie nei diversi stili, antichi e moderni, tutti di sua progettazione, numerosi luoghi di culto in tutta Italia.Tra questi si ricordano la Basilica di S. Ambrogio a Milano, la Cattedrale metropolitana S. Pietro di Bologna, il Santuario Madonna delle Lacrime di Siracusa.

In diverse occasioni ha realizzato mobili su disegno di illustri progettisti. Per
esempio ha realizzato l’intero arredo ligneo del Santuario del Divino Amore presso Roma, su disegno dei progettisti, P. Costantino Ruggeri e Arch. Luigi Leoni. Le panche di questo santuario sono caratterizzate da una lunga seduta per cinque persone, con schienali individualizzati. Per il nuovo Santuario di San Giovanni Rotondo, progettato da Renzo Piano, Genuflex ha realizzato, su disegno dello stesso Piano, oltre 1.600 panche, 40 confessionali e tutto il resto dell’arredo liturgico. Recente è anche la collaborazione col Prof. Paolo Portoghesi, noto progettista e storico dell’architettura. Nel testo della Conferenza Episcopale Italiana,del 1992, “I beni culturali della Chiesa in Italia”, si specifica al capitolo VII, n. 40 (“Adattamento e creazione”): “…Gli architetti, gli artisti e gli artigiani incaricati di progettare e attuare gli adattamenti delle chiese siano scelti tenendo conto delle loro provate ed elevate capacità artistiche e professionali…”. Il patrimonio di esperienza e specializzazione della Genuflex va assieme alla sensibilità speciale per il tema sacro, così che i suoi prodotti si adattano con particolare armonia entro l’ambiente della chiesa. Prima ancora che mobili, i prodotti Genuflex sono concepiti come supporti per la liturgia.

Veduta generale dello spazio assembleare Viste parziali dello stesso. Le panche sono raccolte a cerchi concentrici attorno al fulcro della celebrazione. Al disegno a raggiera delle travi di copertura corrispondono visivamente oblunghe finestre diagonali alle pareti.

 

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