Cenobio e dintorni

a colloquio con Rino Tornambè direttore della Galleria Artestudio di Milano.

Nel 1991 Rino Tornambè apre la galleria Artestudio. L’aria che qui si respira è forte, irruente e densa. Qui si incrociano i destini dei protagonisti dell’avventura Cenobio, provenienti epocalmente o per stilemi e intenti da un filone di matrice segnica, naturale genitrice della scrittura.

Servizio di: Tiziana M.Zanchi
Pubbli-redazionale a cura della DBComunicazione

Nel 1991, anni veramente difficili soprattutto a Milano per congiunture economiche, politiche, ed il conseguente crollo di surrettizie filosofie teorico esistenziali, Rino Tornambè apre la galleria Artestudio. Incosciente, temerario, aleatore? No, semplicemente e sinceramente ama il proprio lavoro ed è innamorato dei suoi artisti, quelli che da sempre ha conosciuto, quelli con cui, più grandi o coetanei, si è confrontato e quelli che, giovani, segue e sprona, ma in un ambito ben preciso in cui si identifica ed agisce: Segno, Scrittura, Cenobio e dintorni. Opera nel campo delle avanguardie storiche, legale sede dell’archivio dell’opera di Arturo Vermi e galleria di riferimento del “Gruppo del Cenobio”. Non c’è da stupirsi se nella sua galleria troviamo una superba scultura di Crippa, opere di Algardi, Aricò, Bertelli, Floriani, Pope, Zappettini, Scanavino, Bertini, Dangelo, e via a seguire fino ai giovani come Elena Debiasio. La
condotta di Rino Tornambè deriva da una rigida selezione di artisti appartenenti o provenienti epocalmente o per stilemi e intenti da un filone di matrice segnica naturale genitrice della scrittura.

Nelle foto: 1. Un’immagine della mostra “Spazio – Ambiente”
2. Ettore Sordini “s.t.” (Isola) 1964-1965, olio e matita su tela cm.60×80
3. Ugo La Pietra “Minimo sperimentale simbolico”, olio e pastello su cartoncino cm. 33×35

Ed ecco perché possiamo attribuire al Gruppo del Cenobio la primogenitura di susseguenti modalità espressive. Sinteticamente diciamo che il Gruppo del Cenobio è il terzo aspetto della risposta milanese all’ormai esangue informale. Siamo nei primi anni ‘60, Milano è vivace e vibrante, soprattutto il quartiere di Brera nei sacrari deputati, bar Giamaica, Geni’s, trattoria Oca d’Oro e dintorni. Gli artisti discutono, argomentano, teorizzano, si incontrano, meglio si scontrano in epiche diatribe, nascono e si sciolgono sodalizi e gruppi, tutto avviene sotto gli occhi di tutti. Ben lungi da certe odierne rarefatte, un po’ asettiche, spesso asfittiche, e privatissime atmosfere di molti raffinati studi, l’aria che qui si respira è forte, irruente e densa. In quest’assunto si incrociano i destini dei protagonisti dell’avventura
Cenobio, gruppo costituitosi con tanto di atto notarile nel 1961. Le intenzioni sono dunque serie, un po’ meno la scelta del nome, omaggio alla galleria che li ospita, senz’ombra di riferimenti all’antica confraternita di monaci che vive pregando in ascetica solitudine, poiché costoro erano tutto fuorché cenobiti.

Nelle foto:4. Angelo Verga “s.t.” 1957, olio su tela cm. 90×70
5. Arturo Vermi “Piattaforma” 1975, foglia oro su legno centinato con taglio cm. 93x160x6

Arturo Vermi e Agostino Ferrari sono ormai svincolati dalla comune matrice di provenienza similabile ad un certo naturalismo lombardo; con sfumature espressioniste di area tedesca e simboliste di angosciante origine munchiana (Munch) il primo, e un contenuto già oggettivo giocato su timbri tonali cupi e materici e sottesi riferimenti all’espressionismo sironiano il secondo.

Nelle foto: 6. Arturo Vermi “s.t.”(Appuntamento) 1968, tecnica mista e inserto foglia argento su tela cm. 162×121,5
7. Agostino Ferrari “Pagina” 1964, olio e tempera su cartone cm. 65×50

Ettore Sordini ed Angelo Verga nuclearisti transfughi, ma non pentiti, dalla “lezione” fontaniana (Lucio Fontana)
volutamente esuli dal sodalizio stretto con Piero Manzoni che li aveva visti protagonisti di numerose mostre fin dal
1957, banditori e sottoscrittori di manifesti e documenti di matrice ed atmosfera nuclearista.

Ugo La Pietra architetto e artista opera in entrambi i campi applicando il principio dei vasi comunicanti ma senza produrre contaminazioni come ricercatore delle arti visive. Alberto Lùcia, poeta e saggista, assume il ruolo di teorico del gruppo. L’amalgama che unisce questi artisti è una: “salvare la pittura” ed è questo il diktat che, uniti, li porta
a cercare e creare la fondamentale terza via. Scaturiscono opere en balance tra l’intimistico individuale ed il segno primario, l’arché. Ad esempio Arturo Vermi dichiara che i suoi “Diari” non sono memorie di appunti personali ma un
modo di cancellare uno spazio su cui lavorare.

Nelle foto: 1. Gianfranco Zappettini “Rettangolo blu” 2002, acrilico + polvere di quarzo su tela cm. 200×90
2. Sergio Floriani “Divido per due” 2003, catramina su carta giapponese su tavola cm. 30×60

Nelle foto: 3. Elena Debiasio “Aggregazioni”2006, trittico pigmenti e resine su tela grezza cm. 300×300
4. Roberto Crippa “Totem” anni ‘50, scultura in ferro cm. 176x100x27

Così come più avanti nel 1974 Agostino Ferrari dice a proposito della sua installazione “Autoritratto”: non è il mio, ma la persona che percorrendolo fa il proprio autoritratto. Credono ancora nella loro vocazione iniziale, sono poeti, forse sognatori, certo non sgamati calcolatori. Impazienti di trovare nuove espressioni ma non di tradire si impongono regole. L’immagine ormai da tempo criptata, rispunta sotto forma di stilemi grafici, intenzionalmente ancora usano tele, pennelli, attrezzi e materiali di competenza all’area della “buona pittura”. Abiurando invece qualunque aspetto iconico pervengono al Segno ed anticipano, anzi già sondano e sperimentano la poesia visiva.

Nelle foto:5. Enrico Bertelli “s.t.” 2005, t.ms. più resina epossidica su tela cm. 60×60
6. Emilio Scanavino “All’origine” 1958/59, olio su tela cm. 130×97

Cinque artisti e un poeta dunque, sei personaggi non pirandellianamente in cerca d’autore ma tutt’ora in attesa del giusto riconoscimento del loro valore e della collocazione di spicco che di diritto spetta loro nella storia dell’arte contemporanea. Compito che già si era assunto Gianfranco Bellora con due grandi mostre “Segno e Poesia“ 1987, “Milano et Mitologia” 1989. Di diritto e per dovere il testimone è ora naturalmente passato ad Artestudio e a Rino Tornambè.

Artestudio BST galleria s.r.l. Via Maroncelli,10 (MI) – tel./fax 02/29002028 – e-mail info@galleriaartestudio.com – www.galleriaartestudio.com

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