case in primo piano

Tratto da:
Case di montagna n°50
Case in primo piano
 

IL RASCARD, un modo di vivere
I progettisti hanno mantenuto ove possibile le parti originali come i grossi tronchi di larice, legno resinoso e resistente e anche i pavimenti, ricomposti.

La ristrutturazione di un rascard del settecento nei pressi di Champoluc ha richiesto competenza e sensibilità per salvaguardare le caratteristiche architettoniche e rispondere alle necessità abitative di una famiglia e dei suoi amici.

Scegliere un rascard é scegliere uno stile di vita. In primo luogo presuppone una cultura della vacanza come occasione di incontro con stili abitativi diversi da quelli abituali e un rascard é la tipologia propria della valle d’Ayas. Sapendo a quali espropriazioni ed alterazioni ha portato il turismo di massa é particolarmente apprezzabile questo tipo di intervento che conserva ancora la piena leggibilità dell’antica struttura. I rascard sono costruiti con tronchi di pino, abete o larice, squadrati o solo scortecciati con dimensioni variabili. Ogni parte del rascard risponde sia alle esigenze abitative sia al ciclo di lavorazione dei cereali, per i quali i pericoli maggiori erano costituiti dall’umidità e dai roditori. Per questo i piani più alti, realizzati in legno e destinati alla raccolta della paglia e dei cereali, sono sospesi sull’abitazione in pietra tramite alcuni pilastri in legno a forma di “fungo”, una sorta di capitello in pietra che impediva ai roditori la risalita lungo le pareti.

Ripide scale collegano i quattro livelli dell’abitazione che risulta interamente leggibile nel continuo saliscendi di una fruizione tutta in verticale

Protagonista della cucina, zona particolarmente fredda in quanto seminterrata, é una monumentale stufa rivestita con piastrelle, fatte fare appositamente a Sassuolo, che offrono una calda spalliera agli amici radunati in cucina e seduti comodamente sulla panca che fa da basamento alla struttura che armoniosamente si eleva incuneandosi tra il muro e la scala. Curiosa la descrizione fatta dai proprietari, sul signor Bozziker, artigiano/artista, che ha progettato questa stufa: “Modenese, amante della buona cucina, ogni anno raduna i suoi clienti per una grande festa e, prima di progettare una stufa, chiede di essere ospitato per vivere l’atmosfera del luogo mentre colloca i mattoni uno sopra l’altro.”

Al piano inferiore stavano le stalle e la cantina (e qui ha trovato posto la cucina) e in quello intermedio c’era l’abitazione vera e propria con due locali, la majon e il péillo, occupati soprattutto d’estate perché durante l’inverno la dispersione del calore verso l’alto era elevata essendo il terzo livello sospeso “sui funghi”. Ritroviamo arredi semplici come tavoli ribaltabili, la stufa in ghisa, panche e cassapanche. I divisori sono ancora quelli antichi e sono stati sfruttati per ricavare stanze, tutte mediamente molto piccole per non sottrarre spazio agli ambienti comuni. Una destinazione curiosa è stata riservata alla chambrette che originariamente costituiva il livello a sbalzo destinato alla conservazione del pane che si cuoceva annualmente nel forno comune e che qui, in collegamento con la stanza da letto, si ripropone come “pensatoio” da raggiungere salendo una piccola scala a pioli. Il livello più interrato, la stalla, è stato destinato a cantina mentre il primo piano ospita ora la cucina. Soggiorno, camera da letto e un bagno sono al livello del fienile, mentre il piano superiore, una volta esistente solo in parte, è stato ampliato consentendo la costruzione di altre due camere e un bagno. Un intervento molto recente è rappresentato dalla costruzione della monumentale stufa in cucina, zona particolarmente fredda in quanto seminterrata. Il progettista ha seguito il metodo usato dai fumisti viennesi per sfruttare il giro del fumo: si carica la bocca d’ingresso e, quando la legna si fa brace, si chiude ermeticamente la porta in modo che il fumo caldo garantisce per ore la distribuzione del calore in un labirinto di mattoni”. Metodo particolarmente economico perché con un chilo e mezzo di legna al giorno si riesce a scaldare tutta la casa.

I sabots
Benchè si possano trovare attualmente anche fuori della Valle d’Ayas, i sabots sono un prodotto dell’artigianato locale, che sino a non molto tempo fa costituiva l’unico tipo di calzatura portato dagli abitanti d’ Ayas. Molto rari erano coloro che avevano le scarpe, per lo più erano gli uomini che spesso si allontanavano dal paese per il loro mestiere o per i loro rapporti personali. Le donne non avevano le scarpe, salvo che in rare occasioni, ed utilizzavano quasi esclusivamente i sabots. Anche i bambini li calzavano, addirittura sin dai primi mesi di vita, e per facilitarli nei movimenti erano dotati di due spaghi con cui poter legare gli zoccoli alla gamba del bambino. Più vistosi erano i sabots delle donne che si distinguevano oltre che per la sagoma più snella ed il tacco più sottile ed alto, anche per le decorazioni varie, a tinte molto vivaci, che avevano sulla punta. I sabots, calzatura pratica e calda, oltre ad adattarsi perfettamente alla neve e al freddo del lungo inverno, erano anche economiche, date le fitte foreste che ancora nell’ottocento fornivano legna abbondante.

 

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