Cappella di San Tommaso D’Aquino a Tor Vergata, Roma

Vegliata dagli angeli del Bernini

Non mancano gli accenni storici all’architettura e alla statuaria dell’Urbe, in questa cappella universitaria, opera ultima di Vittorio De Feo. Quello di Tor Vergata è il secondo polo universitario romano, in una zona campestre leggermente ondulata.Tra i moderni edifici del campus, la cappella assume il valore di richiamo alla tradizione della città.

Seppure compatto, il blocco della cappella è articolato in una serie di episodi che tendono a risolvere i suoi prospetti in immagini varie e nuove ma non prive di connotazioni storiche, e ad attribuire all’edificio una configurazione consona all’importanza del tema. Anzitutto, elementi di rilievo sono gli ingressi alla cappella. Un ingresso minore, di uso più consueto, è posto lateralmente all’edificio ed è segnato da una copertura a timpano. Ha la funzione di ingresso feriale. L’ingresso principale è connotato dalla presenza di due volumi cilindrici, uno pieno e l’altro porticato, rispettivamente sormontati da una cupola e da una guglia conica. Le diverse coperture, le variazioni di altezza, l’ombrosità del portico richiamano elementi architettonici delle chiese romane del passato. A sinistra dell’ingresso sono collocate due raffigurazioni di angeli, che ripristinano la più tipica integrazione tra scultura e architettura.

Il volume della chiesa si impernia su un elemento circolare che ricorda il tempietto del Bramante, estroflesso sul fronte. Al lato di questo, due statue ripropongono due figure di angelo riprese dalle ornamentazioni del parapetto berniniano di ponte Sant’Angelo.

Nelle foto: Vista dell’aula verso l’altare e matroneo. Colore e tagli di luce assumono un ruolo primario.

Lo spazio interno della cappella è scandito dalla successione di vestibolo, atrio, navata e presbiterio, che costituiscono ambienti distinti ma non separati. Rispetto al corpo complessivo dell’edificio, la navata è ruotata di circa 30° e le differenti angolazioni dell’asse di impianto dell’edificio e di quello dell’aula sono mediate da una balconata continua che, a quota intermedia, avvolge quasi completamente sia la navata sia il presbiterio. A questa balconata è particolarmente affidata la costruzione dello spazio interno, ricco di molteplici angolazioni prospettiche. In uno spazio semicircolare, a sinistra della navata, sono collocati l’organo e la schola cantorum. L’unità tra scultura e architettura del fronte che presenta l’ingresso principale diviene, all’interno, integrazione con le rappresentazioni pittoriche, costituite da affreschi e dipinti posti a traguardo dei principali assi visivi. I rapporti spaziali sono vivificati dalla luce che in maggior parte proviene da una vetrata protetta da una ombrosa loggia e dai lucernari che interrompono la continuità del soffitto della navata. L’illuminazione dei lucernari non è diretta, bensì mediata da una sovrastante camera di luce con aperture nei suoi lati maggiori, per escludere qualsiasi effetto di isolazione o abbagliamento. Nella stessa camera di luce sono disposte lampade atte a trasformare i lucernari in luminosi lampadari e con opportuni accorgimenti, attraverso gli stessi lucernari, è assicurato il ricambio dell’aria. Una robusta trave forata separa il soffitto piano dell’aula dal più alto soffitto a volta del presbiterio, nel quale si addentra la torre campanaria sovrapposta alla sacrestia. L’illuminazione del presbiterio avviene attraverso un’ampia finestra crociata, la cui luce è filtrata da vetri colorati che accentuano l’atmosfera religiosa. La buona resa acustica della navata è assicurata dai rapporti proporzionali ed è favorita dalla presenza di balconate e delle varie angolazioni che movimentano le pareti perimetrali. Ho pensato che gli interni della chiesa debbano presentare colorazioni relativamente vivaci. Alla neutra uniformità di tante chiese moderne si oppone la più convincente tradizione delle policromie delle chiese e delle cappelle del Seicento romano. Valori spaziali, plastici e cromatici, così come le allusioni alle forme del passato e la compresenza di diverse espressioni d’arte, sono studiati per corrispondere agli orientamenti più volte enunciati dal Vicariato, che invitano a tener conto dei “valori della tradizione, particolarmente romana, rivisitati in modo creativo”.

Prof. Arch. Vittorio De Feo
(tratto da: “Vittorio De Feo”, ed. Clear, Roma 2002)

Cappella di San Tommaso D’Aquino Università di Tor Vergata, Roma

Progetto: Prof. Arch.Vittorio De Feo
Collaboratori: Arch. M. Grazia D’Amelio, Prof. Ing. Franco Maceri
Foto: Alfredo Cacciani
Campane: Marinelli Pontificia Fonderia di Campane, Agnone (IS)

Nelle foto: Sezione Prospetto e Pianta.
ll paramento esterno della chiesa è in lastre di travertino, come anche la pavimentazione dell’aula.
Lapianta dell’edificio risulta dall’intersecarsi di due rettangoli ruotati di 30°, incardinati sull’emergenza del volume circolare che segna l’ingresso principale.

A proposito di Cappelle universitarie

La cappella universitaria della Sapienza a Roma non è più la madre di tutte le cappelle universitarie in Italia. Tor Vergata ha, dal 26 novembre 2002, anche lei la sua cappella e l’Università è altrettanto romana che quella della Sapienza. C’è vasta letteratura sul bisogno in architettura. In sintesi: un oggetto architettonico deve servire a qualcosa e a qualcuno. La cappella di Tor Vergata servirà ai seimila Studenti che andranno nel campus, un po’ come a Louvain-la-Neuve. E’ impensabile che possano servirsi della chiesa parrocchiale che sta sorgendo non lontano. La cappella appena costruita servirà. Averla dedicata a san Tommaso d’Aquino è assai impegnativo perché è un santo Docente dalla metodologia molto rigorosa. L’Università di Roma Tre invece, come la gran parte delle Università italiane, non ha un campus e le sue Facoltà son dislocate qui e là. Niente cappella, allora, perché gli Studenti faranno bene ad andare in Parrocchia, o presso qualche chiesa di Religiosi. Se hanno fatto parte dell’Azione Cattolica, della FUCI, dell’AGESCI, faran bene a frequentarle. Niente cappella, perciò, non perché non si può costruire ex novo e prediligendo una Facoltà ad un’altra, ma perché non sarebbe utile. Come non sarebbero utili, chiese parrocchiali o no prese a prestito. Sono stato discepolo di padre Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino e cardinale. Non ha mai voluto, lui Professore Ordinario di Letteratura Cristiana Antica all’Università di Torino, una cappella universitaria. I Docenti, il personale non Docente, gli Studenti “discepoli di Gesù”, vivono la loro vita di Chiesa e preparano l’eucaristia (cui parteciperanno altrove), bene insegnando, bene lavorando, bene studiando. Questa è la giusta autonomia delle realtà terrene, e la giusta autonomia della ricerca scientifica secondo Gaudium et spes.

Fra’ Giacomo Grasso, o.p.

 

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