Cappella di San Pietro a San Paolo (Brasile)

Cappella di San Pietro a San Paolo (Brasile)

Progettato da Paulo Mendez da Rocha, il vincitore del Pritzker Price per l’anno 2006, nelle sue linee schiette, nei suoi angoli netti, l’edificio, grazie alle ampie vetrate, stabilisce un dialogo articolato e complesso con il panorama e tra i suoi due livelli che di per sé assumono valore simbolico. L’altare sta in alto, al termine di una scala, al culmine dell’ascesa.

Il cemento ha una sua forza estetica, che si manifesta nelle rigature che restano impresse sulla sua superficie dai legni dei casseri che lo conformano e nella ponderosità della sua mole piena. Roccia smontata e rimontata dal lavoro umano, resa plastica, strutturata secondo le esigenze estetiche che fanno dell’architettura non solo funzione ma anche espressione: è il simbolo dell’epoca delle maggiori e più diffuse edificazioni. La seconda metà del XX secolo: l’epoca che l’architetto Paulo Mendez da Rocha ha attraversato in tutta la sua profondità, divenendone un cantore.

Uno dei più pregiati: il che gli ha valso la vittoria del Premio Pritzker del 2006: il “Nobel” dell’architettura, come questo premio è usualmente definito. Da Rocha ha costruito molti edifici a San Paolo del Brasile, la città dove è nato e dove risiede, quasi tutti in cemento a vista. Case, musei, centri amministrativi, commerciali e sportivi. Nella sua produzione spicca la cappella di San Pietro, a Campos de Jordao, presso l’ex residenza del governatore di San Paolo (oggi trasformata in museo), col cui profilo da castello dalla torre squadrata la cappella si pone in dialogo visivo. Eretta nel 1987, grava tutta su un massiccio pilastro centrale: questo permette che tutto attorno una vetrata trasparente lasci libera la vista sui due livelli di cui si compone.

ll livello basso e il pilastro centrale. Sopra, il piano alto con l’altare e l’ambone e, vicino a questo, l’innesto della scala. Pagina a lato, la cappella sullo sfondo della residenza del governatore. Le foto, courtesy del Pritzker Price, sono di Cristiano Mascaro.

L’altare è al piano alto, memoria della “stanza al piano superiore” dove avvenne l’ultima cena, ed è un’asse in
cemento di sconvolgente semplicità, che si staglia sul panorama collinare circostante. L’ambone le sta accanto come una presenza silente, in attesa. E’ un’architettura che vive nel contrasto tra la tellurica fermezza del cemento e la leggerezza aerea del vetro, come se tutta la materia si riassumesse in quello e l’anima in questo, in armoniosa compresenza.

(L.S.)

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