Capace di stupire e accogliere

È importante che istituzioni laiche e religiose collaborino per realizzare sagrati spaziosi, belli, elevati. Parla
Mons. Mauro Piacenza, Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.

Eccellenza, cosa ne pensa del premio nazionale sul sagrato promosso da istituzioni laiche quali il «CNAPPC» e CHIESA OGGI architettura e comunicazione?

Mi pare un’iniziativa opportuna e interessante. Non rilevo nulla di strano nel fatto che tale iniziativa sia stata promossa da istituzioni laiche, del resto, in piena collaborazione con rappresentanti ecclesiastici. Per ridare alla città un volto a misura d’uomo non bisogna opporre tra loro le varie agenzie culturali, sociali, religiose. Si deve infatti concorrere con unità d’intenti e ampiezza di visioni.

S.E.R. Mons. Mauro Piacenza

Ridare alla città la tipologia del sagrato significa far comprendere quanto il sistema urbano debba differenziare i propri «luoghi» per nobilitare le molteplici utenze, non certo da ultima quella religiosa.

Secondo Lei ha ancora senso prevedere dei sagrati nei piani urbanistici?

Specie in Italia la previsione di tali aree è fondamentale per almeno due motivi. Il primo è il senso della memoria.
Il secondo è il senso dell’attualità. Siamo in un’epoca in cui fortunatamente la popolazione avverte la necessità di riscoprire le proprie radici, recuperando la memoria storico-artistica e le tradizioni popolari. Ora l’Italia ha radici profondamente e vitalmente cristiane. Inoltre la maggioranza degli italiani professa o,almeno, fa riferimento alla fede cristiana.Tale inculturazione della fede si è espressa anche attraverso una forte connotazione del paesaggio. Ridare al
paesaggio urbano e rurale la sua qualità tipologica, attraverso il recupero di luoghi rilevanti, quali il sagrato,
permette la maggiore fruizione dei monumenti religiosi, che non sono vestigia di un passato nobile ma morto, bensì luoghi nei quali la memoria arricchisce e stimola il presente nella coscienza di una appartenenza vitale e della propria identità civile. Il sagrato induce al cambio di mentalità nel guardare l’edificio che lo sormonta. Esso stimola il raccoglimento spirituale e ricorda la plantatio Ecclesiae. Ne deriva che il sagrato rivendica un’indubbia attualità. Esso
«provoca» chi frettolosamente sorpassa tali aree al recupero del «parametro interiore»; esso invita ogni affrettato cittadino a fermare il proprio passo ricordandogli l’importanza di dare all’esistenza un senso religioso e un’appartenenza cristiana.

Quindi Lei vorrebbe che anche le nuove chiese avessero un sagrato?

Direi soprattutto le nuove chiese! Infatti molte chiese del passato hanno già il loro sagrato. Si tratta solo di riconvertirlo alle funzioni originali. Purtroppo alcuni sacri edifici storici sono collocati in aree dove non è più possibile
riproporre tale luogo cultuale. Ma le nuove chiese devono avere un loro sagrato. E’ indispensabile psicologicamente
e liturgicamente. Psicologicamente per disporre gli animi al raccoglimento religioso. Liturgicamente per poter svolgere in modo adeguato i molteplici riti «liminari» in riferimento all’accoglienza e al congedo dei fedeli.

Come vorrebbe un sagrato?

Lo desidererei spazioso, bello, elevato, perché deve anticipare l’aura sacrale del luogo cultuale. Deve essere uno spazio per tutti, ma in cui ciascuno deve comprendere che lì ci si raccoglie per riflettere sulle cose spirituali, per condividere il cammino religioso, per disporsi a celebrare i divini misteri e per incoraggiarsi nel mandato missionario che deve deflagrare con l’«ite missa est». Sogno il sagrato ornato da un sistema architettonico capace di annunciare la bellezza della creazione e della redenzione. Il sagrato deve far levare lo sguardo verso il cielo e verso Dio; deve accogliere la bellezza della natura attraverso opportune essenze e fiori;deve presentare i misteri della fede cristiana con congrue iconografie.Vorrei un sagrato capace di stupire e di accogliere, così da sacralizzare ogni incontro
che in esso si svolge, tanto rituale quanto occasionale, tanto individuale quanto comunitario.

Quale consiglio offrire ai progettisti del concorso nazionale?

Il sagrato non è un luogo qualsiasi. Oltre al rispetto del contesto urbano e del genius loci, bisogna far sperimentare
lo stupore del sacro. Per «progettare» tali suggestioni occorre sperimentarle in proprio. Invito dunque gli architetti ad ascoltare la sacralità di alcuni sagrati e, soprattutto, a sostare in silenzio, possibilmente a lungo, dinanzi e dentro la chiesa di cui intendono progettare il sagrato.Tale ascolto spirituale permetterà loro di trasformare le forme architettoniche in linguaggio altrettanto spirituale.

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