Camino e stufa in scena

“La grande finestra della scena” come lui stesso la definiva è la destina-zione naturale del melodramma di Puccini. Di volta in volta la musica stabilisce un universo (l’amore e morte nella soffitta parigina di Bohème) e in esso proietta un repertorio visuale.

Voletta, in Verdi, può protestare la propria dignità in mezzo ad una scena astratta: i valori etici vi campeggiano nella loro assolutezza; e così Don Carlo ed Elisabetta di Valois si incontrano in un bosco che non ha nome o foggia se non fittizi. Ma i personaggi di Puccini nello stesso momento in cui cantano, occupano uno spazio che è tracciato dalla musica, colmato di colori e di profumi, reso presente qui e ora, con un’evidenza e una forza drammaturgica pari a quella che, nel melodramma tradizionale, era svolta dal profilo morale degli eroi. È come se il teatro d’opera che è nato a strettissimo contatto con la recitazione parlata e la visualità dello spettacolo, alla fine del suo percorso tornasse al proprio compimento visivo. Come se la musica lo cercasse e lo volesse: il suono, generandosi, impone una teoria di immagini le rende precise e inequivoche (…) il compiacimento del suono nell’immagine non è un dato accessorio alla poetica pucciniana (…) Allo scenografo Puccini offre un immenso repertorio di suggestioni visuali, e non meraviglia che tanti nomi di artisti (pittori, architetti, scultori) siano stati attratti da questo richiamo.” (tratto dal catalogo della mostra: Vittorio Fagone e Vittoria Crespi Morbio, La scena di Puccini, Fondazione Ragghianti, Fazzi Editore)

Nelle foto: 1. Franco Zeffirelli (regia e scene) La Bohème, Quadro III. Milano Teatro della Scala, 1963.
2. Adolf Hohenstein, La Bohème, Manifesto 1895
3. Dante Ferretti, La Bohème, Quadro I. Firenze, Teatro Comunale (1994)

Nelle foto: 4. Adolf Hohenstein, La Bohème, Quadro I, Torino. Teatro Regio, 1896
5. A. Hohenstein, La Bohème, Cenciajuolo. Spazzacamini, Quadro III. Torino. Teatro Regio, 1896

Nelle foto: 6. Ugo Gheduzzi, Manon Lescaut, Atto II. Torino, Teatro Regio, 1893.
7. Adolf Hohenstein, Manon Le-scaut, Atto II. Torino, Teatro Regio, 1893

La mostra

Nella complessa e articolata concezione delle “arti della visione” che Carlo Ludovico Ragghianti proponeva per un’adeguata comprensione dell’ampiezza dei fenomeni artistici nel mondo contemporaneo, la dimensione visuale della scenografia teatrale così come le inerenze tra spazio figurativo e spazio musicale trovavano un originale risalto. E’ nello spirito di questa chiara e pionieristica prospettiva conoscitiva e critica che la Fondazione Ragghianti di Lucca propone ora, a cura di Vittorio Fagone, docente di Museografia al Politecnico di Milano e direttore della Fondazione Ragghianti, e Vittoria Crespi Morbio, curatrice delle Raccolte scenografiche del Teatro alla Scala di Milano, una grande mostra che documenta attraverso 300 bozzetti, manifesti, modelli, figurini e costumi originali, il ruolo e il valore degli aspetti visivi proposti da Giacomo Puccini come chiave della propria opera musicale. L’emozionata visione del mondo, caratteristica del grande musicista lucchese, si concretizza in figure e atmosfere luminose che prima il teatro musicale aveva trascurato. Il risultato di questa esposizione conferma, anche dal versante visivo, il valore fortemente innovativo dell’opera pucciniana. All’esposizione, allestita dallo Studio Arrigoni Architetti, frutto di tre anni di ricerche compiute nei più prestigiosi teatri lirici del mondo (in particolare presso il Teatro alla Scala di Milano e il Teatro Comunale di Firenze), hanno dato il loro contributo alcuni tra i più noti studiosi del rapporto tra arti visive e musica nel XX secolo: Gabriella Biagi Ravenni, Moreno Bucci, Francesco Degrada, Maria Pia Ferraris, Helen M. Greenwald, Harvey Sachs, Mercedes Viale Ferrero. L’esposizione si avvale, per la prima volta in Italia, delle più avanzate tecnologie interattive e multimediali per “dare vita” ai materiali d’archivio raccolti e presentati in mostra. Attraverso apparecchiature appositamente realizzate da Sensing Places e originariamente sperimentate al MIT Media Lab di Boston dall’ingegner Flavia Sparacino, esperta di museografia informatizzata presso lo stesso centro e curatrice della sezione multimediale dell’esposizione, risulterà possibile al pubblico seguire con assoluta naturalezza nei percorsi della mostra la coerenza tra immagini figurative ed arie pucciniane. Sarà anche possibile attraverso particolari ologrammi realizzati secondo tecnologie innovative, per questa occasione, presso il gruppo di Spatial Imaging del MIT Media Lab di Boston, avere una visione tridimensionale dei bozzetti di alcune fondamentali scenografie pucciniane.

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