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Restauro: una sapienza particolare

Arch. Massimo Gallione,
vicepresidente Consiglio
Nazionale Architetti Pianificatori
Paesaggisti e Conservatori
(CNAPPC)

Rivolgiamo alcune domande sui temi della ristrutturazione e del restauro ad alcuni architetti protagonisti del dibattito culturale italiano: oggi più che in ogni altra epoca, questi temi sono di viva attualità, sospesi tra la necessità di conservare e recuperare l’architettura esistente e le esigenze di attribuirle una nuova funzione in linea con le dinamiche della vita odierna. Iniziamo con l’architetto Massimo Gallione, vicepresidente nazionale CNAPPC, e con l’architetto Rino La Mendola, presidente della Consulta Regionale degli Ordini degli Architetti di Sicilia. Nella pagina successiva continuiamo e concludiamo con l’architetto Giovanni Marucci, esperto a livello nazionale nel campo del restauro architettonico e urbano

Come valutare in un restauro se e in che modo introdurre elementi nuovi?
Direi che l’esempio più chiaro sia l’opera di Carlo Scarpa, penso al Museo di Castelvecchio a Verona. Un restauro, con aggiunte di grande significato che testimoniano l’epoca attuale, sia nel disegno, sia nei materiali, realizzato con sensibilità inconsueta.

L’architettura, ma in particolare il restauro, richiede una sapienza particolare. È noto che ci troviamo per grandi linee davanti a due atteggiamenti: quello di chi desidera mantenere intatto l’esistente, nel modo come questo è giunto sino a noi è pienamente giustificato là dove ci si trovi di fronte a opere complete, che non necessitano aggiunte di sorta
per assolvere alla loro finalità. Per dire: San Carlino alle Quattro Fontane va mantenuta così com’è, sarebbe un
crimine pensare di portarvi modifiche di qualsiasi sorta. D’altro canto vi sono oggetti – penso per esempio agli antichi
castelli – che spesso si trovano in stato di abbandono anche a cagione del fatto che la loro finalità originaria si è esaurita.
Riutilizzare un castello in funzione museale quindi appare plausibile. Ma questa nuova finalità necessita anche nuovi interventi: basti pensare a quanto impongono i regolamenti per la sicurezza o l’abbattimento di barriere
architettoniche negli edifici pubblici… In questi casi è chiaro che aggiunte e modifiche sono possibili e necessarie.

Come realizzarle?
Credo che lo strumento del concorso sia fondamentale: attiva il confronto tra idee diverse, consente di pensare e
ripensare sull’argomento, promuovendo un dialogo tra diversi soggetti, così da arrivare all’opera avendo esperito un lungo iter di studio, di ripensamento, di approfondimento che solo può consentire di garantire interventi oculati. È chiaro che delle commissioni di concorso faranno parte esperti e tra questi gli incaricati delle Soprintendenze, che potranno
garantire il dovuto rispetto storico e la qualità degli eventuali nuovi inserimenti.

Arch. Rino La Mendola
Presidente Consulta Regionale
Ordini degli Architetti della Sicilia

La Sicilia ha oggi la grande opportunità di assumere il ruolo di polo internazionale di riferimento in seno al Mediterraneo, proponendosi come luogo di scambio etnico, culturale, sociale, politico ed economico tra un’Europa in piena evoluzione ed i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Tutto ciò a condizione che recuperi la propria identità, attraverso la valorizzazione delle eccezionali risorse culturali e storico ambientali del suo territorio. In realtà, una vecchia legge urbanistica (L.R. n°71/78) non ci offre gli strumenti per una corretta gestione del territorio regionale. Basti pensare che,
in atto, i tempi medi per l’approvazione di un Piano Regolatore o di un Piano Particolareggiato, in Sicilia, sfiorano i dieci anni. A causa di ciò, assistiamo spesso al degrado del nostro territorio e soprattutto dei nostri centri storici, dove, in assenza di strumenti urbanistici, sono vietati una serie di interventi, spesso necessari per valorizzare le nostre eccezionali risorse storicoambientali. Per superare tale stato di fatto, la Consulta Regionale degli Ordini degli Architetti della Sicilia sta pressando sempre più il parlamento regionale per l’approvazione di una nuova legge urbanistica per snellire notevolmente le procedure per l’approvazione degli strumenti urbanistici, garantendo agli Enti Locali una maggiore autonomia nella pianificazione del loro territorio e rilanciando la Provincia come elemento di raccordo tra le politiche territoriali impartite dalla Regione e la pianificazione di dettaglio, da decentrare sempre più ai Comuni.
Auspichiamo quindi una riforma che – puntando sui più moderni principi della pianificazione come la perequazione, la
concertazione, la partecipazione e la sussidiarietà – superi i limiti dell’urbanistica tradizionale, coniugando gli aspetti
urbanistici con quelli paesaggistici e della qualità architettonica. Ciò ci consentirebbe di rilanciare, al centro della gestione del territorio, il progetto di architettura, quale momento di sintesi tra regole, aspettative e fantasia, scongiurando al
tempo stesso quella sovrapposizione di norme e di strumenti urbanistici che spesso rende ingovernabile il nostro territorio (PRG, piano di recupero, piano di riqualificazione urbana, piano delle coste, piano del colore,ecc.).
Ad esempio, a livello comunale, il nostro modello di riforma punta su strumenti come “il progetto norma” che fisserebbe, in seno ai “comparti edificatori”, un linguaggio architettonico che, seppure rispettando la creatività dei progettisti dei
singoli interventi, crei le condizioni affinché i progetti edilizi o di ristrutturazione, in seno ai comparti, contribuiscano, quota parte, alla realizzazione di un progetto di città prefigurato non solo dal punto di vista urbanistico, ma anche da quello architettonico.

Giovanni Marucci si è laureato in Architettura a Roma con Ludovico Quaroni. Vive e lavora a Camerino, dove alterna l’attività di ricerca a quella professionale. Ha acquisito una
notevole esperienza a livello nazionale nel campo del restauro architettonico e urbano. Presso l’ateneo camerate ha fondato e dirige il Seminario Internazionale di Architettura e Cultura Urbana. Ha scritto numerosi saggi e curato diversi volumi fra cui: I centri
storici. Esperienze di recupero e modelli di sviluppo (Camerino 1992); Il progetto dell’esistente (Roma 1993); La città bella (Milano 1994); I limiti della città. Il borgo e la metropoli (Milano 1995); Il territorio delle città (Milano 1995); Costruire e ricostruire (Roma 1999). È autore di: Il linguaggio dell’architettura rurale (Camerino 1996); Storie di ruderi dimenticati (Camerino 1996); Le murature tradizionali. Risanare e ricostruire nelle zone a rischio sismico (La Spezia 2004). Nel 1996 ha ricevuto la Targa UID (Unione Italiana per il Disegno). Nel 2000 ha fondato la rivista Architettura Città, di cui è tuttora direttore editoriale.

Quella del risanare e ricostruire le antiche costruzioni in muratura danneggiate dagli eventi sismici è una operazione
che va ben aldilà del semplice atto tecnico. Essa coinvolge una molteplicità di condizioni che occorre affrontare prima di
avventurarsi in interventi affrettati e generici che potrebbero rivelarsi inutili o, addirittura, dannosi. Occorre conoscere le regole dell’arte muraria, le caratteristiche dei vari tipi di murature tradizionali a cui corrispondono diverse prestazioni meccaniche, le loro condizioni di manutenzione e gli effetti su di esse prodotti dalle azioni sismiche come acceleratori del degrado. Occorre scegliere modalità d’intervento compatibili, non invasive, senza accanimento terapeutico, rispettando la
natura costruttiva dei manufatti edilizi, senza forzare le loro capacità prestazionali, non trascurando di considerare lo
stretto rapporto statico e architettonico esistente fra l’unità d’intervento in esame e le unità contigue.

Dall’alto: Convento di S. Bartolomeo in Brogliano. Ala nord dopo il sisma: in evidenza il corpo di fabbrica notevolmente compromesso e la chiesa diruta.
– Ala nord dopo il restauro. Il corpo di fabbrica è stato risanato mediante consolidamento e ricostituzione dei maschi murari originari; sostituzione di solai, scala interna e copertura in cemento armato con strutture e impalcati lignei.
La chiesa è stata ricostruita sulle murature preesistenti, mettendo in evidenza il rudere e la soprastante nuova costruzione. – Interno della chiesa ricostruita sui ruderi.

Occorre, infine, valutare l’incidenza degli interventi di ricostruzione sui paesaggi urbani o agrari solitamente fragili e molto sensibili ad ogni trasformazione che non sia più che motivata. Nel ’97 un sisma di forte intensità ha interessato Marche e Umbria. Nell’opera di ricostruzione si è potuto constatare come un importante patrimonio di edilizia storica fosse già gravemente compromesso da pregresse ristrutturazioni incongrue. Un esempio è dato dal Convento di S. Bartolomeo in Brogliano, pesantemente ristrutturato negli anni ’70 con inserimenti di calcestruzzo nel corpo di antiche murature dalle scarse qualità meccaniche, ulteriormente indebolite da demolizioni parziali e tagli per ampliamento di superfici vetrate.

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