Per una ecologia della mente

Un artista nato a Salò, attuale direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brescia, partendo dall’ironia Dada è alla scoperta di nuovi mondi interiori.

 

Se solo potessimo cadere! Così Albano Morandi ha chiamato una serie di sue installazioni ”Se solo potessimo cadere come i petali del ciliegio a primavera”, un aiku giapponese scritto in un’anelito di naturalità da un universitario prima di partire per un’operazione bellica kamikaze. Albano Morandi, è un giovane di cinquant’anni nato sul lago di Garda in un posto pieno di ricordi e di drammi di guerra.
Innamorato del teatro di Samuel Beckett, va a Roma e diventa scenografo e organizzatore. Tornato a Salò scopre la sua vocazione, la pittura. Troppo intellettuale per cedere alle lusinghe della “simulazione artistica”, Albano Morandi preferisce creare oggetti reali. Le sue prime opere sono carte da riso macchiate con l’acquarello chiamate “Porta delle stelle”, in quanto si aprono a esperienze interiori. In esse compaiono quei piccoli germi di vita che annunciano una sua futura scoperta formale: la disseminazione degli oggetti nello spazio. Ed ecco l’intervista che mi ha concesso.

La critica l’ha considerata certe volte un dadaista e certe volte un concettuale. Cosa le piace del dadaismo?
L’atteggiamento di fronte al mondo: non prendersi sul serio e non credere ai luoghi comuni, un modo di essere rivoluzionario.
Qual è il suo atteggiamento di fronte all’opera quando crea?
Cerco di non fossilizzarmi su un solo concetto creativo. Credo che oggi un artista non possa più definirsi astratto, figurativo, concettuale eccetera, ma debba inglobare in sé tutte le problematiche.
Altrimenti si autolimita.
Un modo di pensare dei maître – à – penser francesi del dopo ’68.
Lei ha colto nel segno, perché mi sento vicino al loro pensiero.
Mi ha colpito il suo gusto per la dispersione delle opere nello spazio. Fa pensare all’esplosione di oggetti nel film di Antonioni “Zabriskie Point”.
Sì, l’ho rivisto recentemente e mi piace ancora molto. Quegli oggetti che volano nel cielo al rallentatore sono supportati da una grande musica: sono due arti che si manifestano simultaneamente con un risultato eccezionale. Penso che sia fondamentale per l’arte d’oggi tener conto del rapporto tra opera e contenitore, ad ogni livello. Infatti tra le cose che amo fare c’è l’esposizione di quadri in ambienti architettonici significativi. È un’operazione che dà ottimi risultati: le due presenze, quella architettonica e quella pittorica, offrono ognuna uno specifico contributo, ma insieme diventano un’altra cosa e il risultato è assai maggiore della loro somma.”

Erbario – 36 pezzi, collage e cera su supporto polaroid, ognuno cm 13.4×9.4, 1997; Io capovolto – collage e cera su ready – made cm 23.2×22.5×8.5, 2003; Contravvenzione – collage e cera su scatola polaroid cm 3.4×9.4×1.8, 1997; Amici, Alighiero Boetti – inchiostro, collage e cera su scatola alimentare cm 15.5×7, 1998; Viaggio e conversione di Mondrian dall’Olanda a Parigi in bicicletta – collage inchiostro e cera su coperchio di scatola alimentare Ø cm 11, 2000 courtesy Roberto Peccolo Livorno; Gesti quotidiani – collage e cera su scatola Ø cm 11×2.5, 2000.Nato a Salò nel ‘58, si diploma in Scenografia a Roma nell’80. Nell’81 fonda il “Teatro dell’Evidenza”dove mette in scena la fiaba musicale “Invito alla Musica”. Nell’84 a Salò la sua prima mostra “Porta delle stelle”, un nome tratto dal film Odissea nello spazio. In quella successiva, “Fiori assenti”, forme bianche in primo piano sembrano fantasmi di un erbario. Nell’86 partecipa alla XI Quadriennale di Roma con “Formichieri Trampolieri”, una strana creatura bianca su fondo nero ritratta da varie angolazioni. Nel 1994 hanno inizio le sue grandi installazioni della serie “Se potessimo cadere” e nel ‘96 espone alla XII Quadriennale “Officium” con oggetti pittorici e sculture. Attualmente dirige l’Accademia di Belle Arti di Brescia.

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