Riciclare lamiere, dissolvere l’architettura La “Individual house”nei pressi di Bordeaux, a Lège Cap-Ferrat progettata da Lacton & Vassal è un Servizio di: Leonardo Servadio Oggi, quando dell’epoca industriale rimangono solo lacerti di capannoni sparsi qua e là lungo le autostrade, di quel tempo e dei suoi strumenti cominciamo a individuare anche un velo di poesia. Per esempio nelle lamiere ondulate, simbolo delle baracche effimere dei cantieri o delle coperture di ampie strutture produttive che apparivano roventi sotto il sole. Abbiamo visto questi elementi che di per sé danno la sensazione dell’impersonale – di qualcosa che, ovunque sia, appare fuori luogo – anche nelle baracche approntate come rifugio temporaneo per chi ha perso la casa a causa di disastri naturali. Comunque sia, da pareti e tetti in lamiere mai ci aspetteremmo la definizione di architetture godibili, adatte alla vita, capaci di ospitarci per un periodo di vacanza. Hanno preparato case che sono intese come “non-architetture”, di disarmante essenzialità, totalmente prive di pretese formali. Il loro profilo esterno si può confondere con quello di un deposito per attrezzi, o magari anche di una serra. Ma queste pseudo architetture rispondono a esigenze specifiche, e lo fanno con efficacia. La “Individual house” di Lège Cap-Ferret, sembra proprio un rifugio momentaneo per senzatetto che sia stato per errore sganciato dall’aereo che lo trasportava mentre sorvolava la foresta e che si sia infilato tra gli alberi per restare a questi ancorato a breve altezza dal suolo. Una palafitta trafitta dai tronchi, impigliata tra i rami. Una forma totalmente distinta, che nulla ha a che vedere col contesto, inserita come per caso tra i rami: un’apparizione che ha il volto preciso dell’estraneità assoluta, come un universo parallelo che improvvisamente si manifesti in un luogo improbabile. Ma sta proprio in questo la maestria del progetto. La casa in lamiera è stata costruita attorno agli alberi. È stata eretta come una serie di impalcature di cantiere accostate così da formare un piano continuo sopraelevato, interrotto soltanto dai tronchi, lasciati intatti nelle loro posizioni. Lamiere, putrelle, profilati metallici in funzione di piedritti: è tutto a vista. La ringhiera è una rete da giardino di quelle che vendono a un tanto al metro nei negozi di ferramenta. Ne risulta un oggetto che appare qualcosa più di una tenda da campeggio o di una roulotte, ma non ancora precisamente una casa. Tuttavia, quanto basta per disporre divani e poltroncine per un salotto che guarda sulle fronde e permette di godere la pace del tramonto accompagnati dal canto degli uccelli. E un po’ come arrendersi alla natura. Questa “casa minima” non è intesa per durare nei secoli: ma per alcuni anni basterà a passare vacanze veramente “immersi nella natura”. Un giorno potrà essere mangiata dalla ruggine, o magari smontata e gettata in un deposito di ferro vecchio. Gli alberi forse non si saranno neppure accorti di questa scatola dove per un certo periodo hanno abitato alcuni ospiti della foresta.
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