Architetture del non visibile


Nelle sue opere i principi del Feng Shui e della bioarchitettura.

Tre progetti di abitazioni che seguono e armonizzano le energie della Natura rispettando la personalità e i gusti di coloro che le abitano.

Servizio di Walter Pagliero
Foto Athos Lecce

Negli interni firmati da Mauro Bertamè e dallo studio da lui fondato col criptico nome di “Hanasck”, c’è sempre un’atmosfera molto rilassata, fatta di oggetti in libertà accostati senza regole apparenti, ma con presenze che rimandano a culture ancestrali ricche di simbologie.
Non si tratta di “giapponismo” ottocentesco, ma è qualcosa di molto più attuale e necessario: come se dietro il gesto di arredare vi fosse, nascosta nelle pieghe, un’autentica sete di nuove verità e di comportamenti alternativi. Quando lo vediamo di persona con i capelli lunghi e grigi, e ci dicono che insegna Feng Shui e Bioarchitettura in alcune università, pensiamo subito a un guru maestro di vita prima ancora che a un architetto militante sotto vessilli di antiche culture e nuove tecnologie. Le testimonianze di chi lo frequenta lo confermano.

Tavolo, sedie e servizio tavola acquistati a Bali (Indonesia).
Il giardino d’inverno è sormontato da una piramide vetrata apribile.

Il suo modo di operare procede su due differenti binari: prima c’è la massima attenzione nell’applicare le regole che si è autoimposto (di ecocompatibilità e di ricerca del benessere in sintonia con le energie della natura) e subito dopo si preoccupa di liberare negli spazi così rigorosamente impostati la personalità di chi vi abita, rispettata appieno nella totalità della sua autonomia, gusti compresi. Di conseguenza i suoi interni risultano molto diversi uno dall’altro, ed è difficile a un primo sguardo trovare le costanti che fanno riconoscere la mano dell’architetto.

Un ulivo centenario caratterizza con la sua presenza
un giardino d’inverno di gusto estremo-orientale

Il letto, il divano e la cassettiera sono indonesiani, tutti senza inserti metallici.
Le pareti sono in materiale biocompatibile: uno stucco marmorino spatolato e cerato con effetto cangiante eseguito dal Centro Restauro e Servizi di Mannarino.
Il camino con lastre di rame e uno specchio a forma di “vescica piscis” è stato eseguito su disegno dal fabbro Scalise di Milano.

Lo spazio viene moltiplicato da soppalchi e diaframmi
da cui si affacciano presenze forti e simboliche.

Pavimento in marmo bianco ricomposto della ditta Stone.
Libreria e soppalco della falegnameria Andrea Bellasio di Cantù.
Gli intonaci a marmorino sono stati eseguiti dall’Impresa Mannarino di Sesto.
Il divano arancione è della ditta Feg – Compagnia del Mobile.

Biografia

Mauro Bertamè, architetto
Nato a Milano nel 1952, qui si è laureato alla Facoltà di Architettura del Politecnico. Inizia la sua attività nel 1979 nell’ambito dell’edilizia civile e industriale in Paesi dell’area del Sud America e del Medio Oriente: Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay, Irak, Egitto e Siria. Nel 1999 fonda a Milano lo studio Hanasck di Architettura, Bioarchitettura, Feng Shui e design che si avvale di un pool di professionisti quali architetti, designer, interior designer e ingegneri.

Una “tana” di gusto monacale con colori “fuori schema”.

In queste pagine, che vogliono essere uno spazio di approfondimento, vengono pubblicate le immagini di tre interni firmati Bertamè dal forte carattere e molto diversi tra loro: una villa in Brianza costruita intorno a un viridario (un
giardino d’inverno visibile da tutte le stanze); la ristrutturazione di un appartamento ricavato in un palazzo del ‘600 nel centro storico milanese; il rispettoso riarredo di uno spazio anni ‘30 nel cuore moderno di Milano, piazza
S. Babila. Dalla semplice analisi empirica di queste tre diverse realtà abitative, ciascuna dotata al suo interno di elementi omogenei tra loro (ma incongrui se rapportati con gli altri), risulta inaspettatamente un’immagine unitaria, non di tipo formale ma di genere psicologico. Si tratta di un modo assolutamente decontratto di concepire l’architettura e di utilizzarla, senza regole formali ma con un imperativo categorico alla base: l’immaginazione e la personalità di chi vi abita devono sempre prevalere, per esprimersi con libertà assoluta, senza timidezze o complessi,
anche quando si tratta d’infrangere il muro delle convenzioni e dei preconcetti. Nelle due pagine che precedono abbiamo un esempio stupefacente di questo modo di progettare: nella villa di Lomagna i proprietari avevano un
senso quasi religioso nel rapportarsi con la natura.
Bertamè inventa per loro una costruzione a tre livelli, tutti e tre trasparenti verso il cortiletto che trasforma in un giardino zen all’italiana, con al ce
ntro uno straordinario ulivo secolare che sembra quasi una divinità animistica attorniata da una spianata di sassi irregolari e statue in posizioni ieratiche. I calcoli del Feng Shui, che ci sono, non si possono percepire dalla fotografia, e nemmeno quelli pertinenti alla bioarchitettura; ma il forte effetto psicologico, immesso a piene mani, quello non lo si può ignorare. In queste due pagine vi sono invece le immagini dell’interno ricavato in un antico palazzo del ‘600 (chi l’avrebbe mai detto) dove è fortissimo un effetto di straniamento: uno spazio figurativamente labile, con forti presenze che si disputano la scena a ondate come in una tempesta dell’anima.

Design di memoria e fantasia in spazi datati anni ‘30

In Edicola

Letto di Bertamè, Feg – Compagnia del Mobile.
I lampadari in cucina e in sala sono di Ingo Maurer. Sedie di Philippe Starck per Kartell.

È ovvio che chi vi abita è fortemente coinvolto da un certo tipo di ritualità di origine asiatica ed estremo- orientale, vissuta con fantasia e col gusto dello straniamento più totale rispetto alla realtà . Il terzo esempio di un interno di Bertamè è quello illustrato in queste due pagine: uno spazio anni ‘30 nel cuore di Milano, conservato nelle sue
decorazioni ma vissuto, col gusto di oggi, anche se in punta di piedi (vedi i mobili trasparenti) per non disturbare i fantami di un passato che si vuole conservare nella memoria.

In questo interno anni ‘30 il gusto della memoria
convive con uno stile di vita decisamente attuale.

 

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